Amianto sul lavoro: 520mila euro agli eredi di una vittima
Risarcimento da 520mila euro per gli eredi di un lavoratore deceduto per mesotelioma. Caso seguito da AP Risarcimento & Consulenza a Genova.
Amianto sul posto di lavoro: 520mila euro agli eredi di un lavoratore deceduto per mesotelioma
Il risarcimento determinato tenendo conto del danno biologico terminale, del dolore patito dalla vittima e dei gravi riflessi sulla vita dei familiari
Un risarcimento di 520mila euro in favore degli eredi di una vittima della presenza di amianto sul luogo di lavoro è stato riconosciuto con un accordo stragiudiziale raggiunto a fine luglio 2025 davanti al Tribunale di Genova. Il caso riguarda un ex dipendente di uno stabilimento metalmeccanico di Genova, operante nella costruzione di macchinari e impianti industriali pesanti (successivamente confluito in altra società). L’uomo, un aggiustatore meccanico della provincia di Genova, è deceduto nel 2022 a soli 66 anni per un mesotelioma pleurico maligno, contratto dopo un’esposizione professionale prolungata all’amianto.
Il risarcimento complessivo nei confronti degli eredi (liquidato in unica soluzione il 30 settembre scorso) è stato determinato tenendo conto del danno biologico terminale, del dolore patito dalla vittima e dei gravi riflessi sulla vita dei familiari.
Pur trattandosi di un accordo stragiudiziale, la vertenza – condotta dagli avvocati Domenico Carotenuto e Marco Giglia e dal Dott. Nicola Maria Giorgio, rispettivamente legali e responsabile medico-scientifico di AP Risarcimento & Consulenza, con sede principale a Scafati (Salerno) – ha richiesto un paziente lavoro di ricostruzione storica e giuridica.
La vicenda ha inizio nel luglio 2021, quando arriva la diagnosi di mesotelioma pleurico per l’aggiustatore meccanico, che aveva lavorato per oltre vent'anni nello stabilimento metalmeccanico di Genova, svolgendo mansioni complesse e impegnative anche all’estero. Per oltre un anno l’operaio ha affrontato sofferenze fisiche e psicologiche: la malattia ha progressivamente limitato ogni aspetto della sua quotidianità, fino al decesso avvenuto nel luglio successivo.
Da qui ha avuto inizio la battaglia legale dei familiari per ottenere verità e giustizia, nonostante la complessità della vicenda. «La difficoltà maggiore – hanno spiegato gli avvocati Carotenuto e Giglia – è stata far emergere la verità storica: ricostruire documenti, testimonianze, diagnosi, certificazioni INAIL e responsabilità aziendali. Ci siamo trovati di fronte ad aspetti giuridici particolarmente complessi, sia per la lunga catena di fusioni societarie che ha interessato lo stabilimento produttivo genovese, sia per la necessità di dimostrare le omissioni normative in materia di sicurezza sul lavoro risalenti a molti anni prima. È stato un lavoro certosino di ricostruzione storica e giuridica, che ha richiesto attenzione, esperienza e profonda conoscenza del diritto del lavoro».
Determinante è stato il contributo di specialisti come il dott. Nicola Maria Giorgio, medico legale di parte, la cui relazione ha consentito di ricostruire, in modo chiaro e inconfutabile, il nesso causale tra l’attività lavorativa e la patologia insorta, fornendo solide basi per la richiesta risarcitoria.
«Dal punto di vista medico-legale, casi come questo – commenta il dott. Giorgio – dimostrano quanto sia essenziale ricostruire con precisione il nesso causale tra esposizione professionale e insorgenza della patologia. La scienza medica, quando applicata con rigore, consente di trasformare un vissuto di dolore in una verità documentata, capace di resistere a ogni contestazione. È questo il nostro compito: dare certezza a storie che altrimenti resterebbero solo drammi individuali, senza riconoscimento. Per me ogni relazione non è soltanto un atto tecnico, ma un impegno etico: restituire dignità alle vittime e fornire strumenti di giustizia ai loro familiari».
Pur trattandosi di un accordo stragiudiziale, il risultato ottenuto rappresenta per il team di AP Risarcimento & Consulenza un esempio di giustizia possibile anche a distanza di molti anni dai fatti: dimostra che la tutela delle vittime dell’amianto non è un capitolo chiuso, ma una responsabilità ancora viva per il nostro sistema giuridico.
«Questo risultato ha un valore profondo, sia umano che professionale. Dietro ogni fascicolo, ogni documento, c'è una storia di vita e di dolore che merita ascolto e rispetto. In questo caso, abbiamo accompagnato una famiglia nel percorso più difficile: trasformare una perdita ingiusta in un riconoscimento di dignità. È una forma concreta di giustizia per chi ha sofferto in silenzio, ed è la prova che anche nei casi più complessi è possibile ottenere verità e risarcimento. Come avvocati, è un onore poter dare voce a chi non l’ha avuta, e un impegno continuo per la tutela della salute e dei diritti nei luoghi di lavoro» hanno concluso gli avvocati Carotenuto e Giglia.
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