L’affaire Puma continua. Ora nel mirino anche di Authentic Brands e Cvc

Sembrava una speculazione messa a tacere sul nascere, ma le voci sulla nuova possibile proprietà di Puma si fanno invece sempre più insistenti. Sebbene la holding della famiglia Pinault, Artemis, attualmente proprietaria del 29% del brand tedesco – per un valore stimato di circa 960 milioni di dollari (circa 811 milioni di euro al cambio di oggi) – abbia recentemente smentito che sia in corso un processo di vendita attivo, non si arrestano le voci su una possibile cessione.
Secondo quanto riportato dal giornale tedesco Manager Magazin, Jamie Salter, AD di Authentic Brands, e Alex Dibelius, presidente per la Germania della private equity Cvc, hanno manifestato interesse per la quota del 29% detenuta dalla famiglia Pinault, alimentando così le voci sulla cessione.
Il possibile interesse di Authentic Brands (Abg) non sorprende gli analisti. Il gruppo guidato da Salter è noto per acquisizioni volte a rilanciare marchi in fase critica (tra gli esempi più noti, le operazioni su Forever 21) e per l’acquisto di Reebok da Adidas nel 2021, quando vinse la partita contro lo stesso Cvc. Anche Cvc, dal canto suo, è un operatore di peso nel private capital europeo, perciò una sua mossa sul capitale Puma avrebbe i tratti di un’operazione industriale-finanziaria di ampia portata.
Le voci di mercato non si limitano solo all’interesse di Authentic Brands e Cvc. Negli ultimi giorni è tornata a circolare anche l’ipotesi di una possibile integrazione tra Puma e Adidas, un’idea rilanciata da alcuni osservatori come “l’opzione migliore se non si dovesse assistere a una netta ripresa” del gruppo tedesco in difficoltà. Attualmente però si tratta solo di suggestioni non confermate.
“Abg appare un soggetto credibile, con un portafoglio di oltre 50 marchi fra cui Reebok e Champion”, sottolineano gli analisti di Deutsche Bank, ricordando come Reebok sia passato in tre anni da 1,8 miliardi di dollari a circa 5 miliardi di ricavi dopo l’acquisizione da Adidas.
La notizia, nel frattempo, ha fatto volare il titolo Puma che nella seduta di ieri ha messo a segno una crescita di quasi 17 punti percentuali%, posizionandosi come il principale rialzo nell’indice europeo Stoxx 600, nonostante le azioni restino su livelli sensibilmente più bassi rispetto a inizio anno (-49,3%). Oggi, invece, le azioni del produttore di articoli sportivi hanno registrato una delle peggiori performance dell’MDax a metà giornata, con un calo del 4,3 per cento.
La valutazione degli analisti, però, si inserisce in un contesto complesso. Le previsioni di Deutsche Bank stimano per Puma un fatturato in calo a 7,5 miliardi nel 2025 (-15,4% rispetto al 2024), con una perdita netta attesa di 334 milioni e margini operativi negativi. Solo dal 2026 si intravede un’inversione di rotta, con un ebit di 189 milioni e un ritorno all’utile nel 2027 (66 milioni), ma con margini ancora modesti (4,4%). L’atteso piano strategico del nuovo CEO, Arthur Hoeld, che sarà presentato a fine ottobre con i conti del terzo trimestre, rappresenta un passaggio chiave.
Il report segnala che il gap rispetto ai competitor resta ampio: a fronte di un ebit margin previsto per Puma al 5,5% nel 2027, Adidas viaggia all’11,5 per cento. Questo lascia spazio a un potenziale recupero di marginalità, ma per gli analisti richiede tempo e investimenti.
La banca ha rivisto il giudizio da “Buy” a “Hold” a fine luglio, fissando un target price a 20 euro, pressoché in linea con le quotazioni attuali. In altre parole, se da un lato l’interesse di ABG e CVC potrebbe rappresentare una via d’uscita per Artemis e un catalizzatore di breve periodo, dall’altro gli analisti restano prudenti: “Il deal avrebbe senso prima che Puma annunci la nuova strategia, ma l’elevata valutazione e le incertezze sui fondamentali impongono cautela”.
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