Nel discorso all’Onu Giorgia Meloni ha criticato Israele

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni è intervenuta All’assemblea generale delle Nazioni Unite. La premier ha parlato alle 20, ora americana, quando in Italia è notte fonda, pronunciando quello che è forse il suo discorso più duro contro Israele.
Meloni ha citato Papa Francesco, spiegando che il mondo vive una «terza guerra mondiale combattuta a pezzi» con cinquantasei conflitti in corso. «Il numero più alto dalla seconda guerra mondiale. Un mondo molto diverso da quella in cui è nata l’Onu con l’obiettivo di mantenere la pace. Ci siamo riusciti? La risposta è nella cronaca ed è impietosa».
Meloni ha parlato quindi di Israele dapprima condannando la «ferocia e brutalità» degli attacchi di Hamas del 7 ottobre che hanno prodotto da parte di Tel Aviv «una reazione, in principio, legittima». Ma, ha aggiunto, «la reazione a una aggressione deve sempre rispettare il principio di proporzionalità. Vale per gli individui, e vale a maggior ragione per gli Stati. E Israele ha superato quel limite, con una guerra su larga scala che sta coinvolgendo oltre misura la popolazione civile palestinese. È su questo limite che lo Stato ebraico ha finito per infrangere le norme umanitarie, causando una strage tra i civili».
«Una scelta che l’Italia ha più volte definito inaccettabile, e che porterà al nostro voto favorevole su alcune delle sanzioni proposte dalla Commissione Europea verso Israele», ha aggiunto la premier (in realtà, il governo italiano sostiene le sanzioni contro coloni e ministri estremisti, dove però serve in Europa l’unanimità che mancherà a causa di paesi come l’Ungheria, ma probabilmente si opporrà a quelle commerciali). «Israele deve uscire dalla trappola di questa guerra. Lo deve fare per la storia del popolo ebraico, per la sua democrazia, per gli innocenti, per i valori universali del mondo libero di cui fa parte».
La premier ha spiegato quindi che gli israeliani non hanno «il diritto di impedire che domani nasca uno Stato palestinese, né di costruire nuovi insediamenti in Cisgiordania al fine di impedirlo. Per questo abbiamo sottoscritto la Dichiarazione di New York sulla soluzione dei due Stati».
Ciò detto, la premier ribadisce però che non è ancora il momento di ufficializzare questa svolta e riconoscere lo Stato di Palestina: «Riteniamo che il riconoscimento della Palestina debba avere due precondizioni irrinunciabili: il rilascio di tutti gli ostaggi israeliani e la rinuncia da parte di Hamas ad avere qualsiasi ruolo nel governo della Palestina. Perché chi ha scatenato il conflitto non può essere premiato».
L’altra questione toccata nel suo discorso da Meloni è l’aggressione russa all’ucraina. Per Meloni, Mosca «ha deliberatamente calpestato l’articolo 2 della carta dell’Onu e ancora oggi non si mostra disponibile a sedere al tavolo della pace con effetti destabilizzanti».
Un altro passaggio riguarda la riforma delle Nazioni Unite. L’architettura dell’Onu non è all’altezza della sfida del tempo, secondo Meloni. «Multilateralismo, dialogo e diplomazia, senza istituzioni che funzionano come dovrebbero sono solo parole vuote. Dobbiamo riconoscere i nostri limiti», ha detto. Una riforma è dunque «urgente», seguendo i principi di «eguaglianza, democraticità, rappresentatività e responsabilità. Non servono nuove gerarchie e non servono nuovi seggi permanenti», ma meccanismi che garantiscono tutti, non solo alcuni.
Un altro nodo è il dossier migratorio. Va cambiato l’approccio al problema, dice Meloni: «Penso, ad esempio, alle convenzioni che regolano la migrazione e l’asilo. Sono regole sancite in un’epoca nella quale non esistevano le migrazioni irregolari di massa, e non esistevano i trafficanti di esseri umani. Convenzioni non più attuali in questo contesto che, quando vengono interpretate in modo ideologico e unidirezionale da magistrature politicizzate, finiscono per calpestare il diritto, invece di affermarlo». L’affondo qui è ai giudici sul centro per migranti e i respingimenti in Albania.
La presidente del Consiglio se l’è presa anche con «l’ecologismo insostenibile», che «ha quasi distrutto il settore dell’automobile in Europa, creato problemi negli Stati Uniti, causato perdite di posti di lavoro, appesantito la capacità di competere e depauperato la conoscenza. E ciò che è più paradossale, non ha migliorato lo stato di salute complessivo del nostro pianeta». E ha attaccato i «piani verdi che in Europa – e nell’intero Occidente – stanno portando alla deindustrializzazione molto prima che alla decarbonizzazione». Perché «ci sono voluti secoli per costruire i nostri sistemi, ma bastano pochi decenni per ritrovarsi nel deserto industriale. Solo che, come ho detto molte volte, nel deserto non c’è nulla di verde».
L’ultimo passaggio è dedicato a San Francesco: «I combattimenti difficili vengono riservati solo a chi ha un coraggio esemplare», dice Meloni citandolo. «Credo sia arrivato il tempo di dimostrare quel coraggio».
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