Salta l’accordo sui beni russi congelati, ma arrivano nuove sanzioni contro Mosca

Il Consiglio europeo di ieri, giovedì 23 ottobre, è terminato senza un accordo definitivo sull’uso dei beni russi congelati per aiutare – anche militarmente – l’Ucraina. «Opzioni di sostegno finanziario» è la vaghissima formula comparsa all’interno del testo finale approvato da ventisei leader dell’Unione europea, senza l’Ungheria di Viktor Orbán. La menzione esplicita al tema era presente nella bozza dell’accordo, ma è stata nei fatti cancellata. La decisione slitta dunque al vertice in programma a dicembre.
L’uso degli asset russi congelati avrebbe potuto dare forma a un prestito da centoquaranta miliardi di euro in favore dell’Ucraina. A opporsi è stato soprattutto il Belgio, che detiene la maggior parte dei beni. Il primo ministro nazionalista Bart De Wever, scrive Politico Europe, è riuscito ad «annacquare notevolmente» il testo pubblicato al termine del vertice a Bruxelles: «Mosca ci ha detto che se tocchiamo i soldi, ne sentiremo gli effetti per l’eternità», ha detto in conferenza stampa. Il presidente francese Emmanuel Macron, con una nota di ottimismo, ha sottolineato che il piano sui beni congelati del Cremlino «non è stato seppellito» perché «siamo riusciti a discutere i dettagli tecnici».
Sempre ieri, i capi di Stato e di governo dell’Ue hanno dato il via libera a un nuovo pacchetto di sanzioni alla Russia, dopo che il giorno prima gli Stati Uniti avevano colpito finanziariamente due importanti compagnie petrolifere di Mosca: una decisione che Vladimir Putin ha definito «un atto ostile». Intanto, la Cina ha sospeso gli acquisti di petrolio russo via mare.
L’ultimo pacchetto di sanzioni alla Russia rappresenta una svolta perché, per la prima volta, prende di mira direttamente le importazioni russe di Gas Naturale Liquefatto (Gnl). Secondo Maria Luís Albuquerque, commissaria europea per i Servizi finanziari, l’eliminazione graduale del Gnl russo «colpirà dove fa più male», riconoscendo che, nonostante la significativa riduzione della dipendenza da petrolio greggio e raffinato, l’Unione continua a importare volumi notevoli di Gnl.
«Con il diciannovesimo pacchetto di sanzioni adottato oggi (ieri, ndr) – scrive su X il cancelliere tedesco Friedrich Merz – stiamo aumentando ulteriormente la pressione sulla Russia. Putin deve rendersi conto che questa guerra gli costerà più di una pace negoziata. Siamo al fianco dell’Ucraina».
L’intesa è stata possibile dopo che il primo ministro slovacco, Robert Fico, ha ritirato le sue richieste di veto legate ai prezzi dell’energia e all’industria automobilistica. La misura fondamentale prevede un divieto di importazione di Gnl russo a partire da gennaio 2027. Questo phase-out (eliminazione graduale) non solo interromperà i flussi, ma fornirà una copertura legale ai rimanenti fornitori dell’Unione europea (come Belgio, Francia e Spagna) per invocare la forza maggiore e rescindere contratti a lungo termine con Mosca senza incorrere in costose cause legali.
Oltre al Gnl, il pacchetto rafforza le misure contro l’elusione del price cap sul petrolio. Viene introdotto il divieto di transazione con Rosneft e Gazprom Neft, e vengono inserite nella blacklist altre centodiciassette navi della cosiddetta flotta ombra, la rete di imbarcazioni fantasma usata da Mosca per aggirare le restrizioni, portando il totale delle navi sanzionate a cinquecentocinquantotto, con conseguente diniego di accesso a porti e servizi dell’Unione.
Una novità fondamentale, motivata da ragioni di sicurezza, riguarda la limitazione dei movimenti dei diplomatici russi nell’area Schengen. Membri di missioni diplomatiche e personale affiliato saranno ora obbligati a notificare con almeno ventiquattro ore di anticipo la loro intenzione di viaggiare o transitare in uno Stato membro diverso da quello ospitante.
Questa misura, proposta dal Servizio Europeo per l’Azione Esterna (Seae), risponde al sospetto che i diplomatici russi siano «spesso coinvolti in attività che contribuiscono all’aggressione della Russia contro l’Ucraina», in particolare nella diffusione di disinformazione e nella manipolazione dell’opinione pubblica.
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