Salvini si aggrappa a dati incompleti per difendere il suo codice della strada

Il 16 ottobre, il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (Mit) ha comunicato con giubilo e soddisfazione i dati sugli scontri stradali relativi al periodo tra il 14 dicembre 2024 (giorno in cui è entrato in vigore il nuovo codice della strada voluto da Matteo Salvini) e il 13 ottobre 2025. Grazie «all’impegno del governo», si legge sul sito ufficiale del Mit, sono state «salvate» centodiciannove vite umane.
Rispetto allo stesso periodo dei due anni precedenti (2023 e 2024), il ministero ha rilevato appunto centodiciannove morti in meno sulle strade, da 1.162 a 1.043 (-10,2 per cento). I toni trionfalistici usati dal Mit appaiono quantomeno fuori luogo, considerando che il numero di decessi resta superiore a mille e che l’unica cifra accettabile – in linea con il target Vision Zero al 2050 dell’Unione europea – è lo zero. Il dicastero di Salvini ha comunque parlato di un «trend positivo» in gran parte attribuibile al nuovo codice della strada.
Stando ai dati comunicati dal Mit, a diminuire sono state anche le voci sulle persone ferite (-3 per cento), gli scontri stradali mortali (-8 per cento), gli scontri totali (meno 1,6 per cento) e gli scontri con lesioni (meno 2,6 per cento). Risultati che Salvini ha accolto con «grande soddisfazione».
Il 17 ottobre, dunque un giorno dopo il comunicato stampa del Mit, la Commissione europea ha pubblicato i dati sull’incidentalità nel 2024 e le stime sul primo semestre del 2025, mostrando una realtà meno rosea rispetto a quella comunicata dal governo italiano.
Secondo l’esecutivo comunitario, nella prima metà dell’anno l’Italia non ha vissuto alcuna riduzione dei morti sulle strade: l’andamento è apparso «sostanzialmente invariato». Stando ai numeri annunciati a giugno dal ministero, dal 14 dicembre 2024 al 14 giugno 2025 gli incidenti mortali sarebbero calati dell’8,7 per cento rispetto all’anno precedente. I conti, e i toni, non tornano.
Nel nuovo report della Commissione, di fianco alla voce «Italy» non c’è una freccia che punta verso l’alto o verso il basso, ma un trattino che indica l’assenza di cambiamenti negativi o positivi rispetto ai primi sei mesi del 2024. L’Italia non è stata inserita tra gli Stati membri dell’Ue «che stanno dando segnali positivi con un calo del numero di vittime», come Grecia, Estonia, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia e Romania.
Allarghiamo lo sguardo. Tra il 2023 e il 2024, sempre secondo la Commissione europea, le vittime della strada in Italia sono rimaste pressoché le stesse: immobilismo totale, anche in questo caso. Il trend è in leggera discesa se confrontiamo il 2019 e il 2024 (-5 per cento contro il -12 per cento medio dell’Ue) e la media 2017-2019 con i dati del 2024 (-8 per cento). Restiamo uno dei Paesi europei in cui il numero di scontri mortali sta calando con più timidezza, anche a causa di un tasso di motorizzazione elevato (il più alto di tutta l’Ue) e di una cultura della mobilità improntata sul mito tossico della velocità.
L’Unione europea, a differenza del Mit, non ha parlato di un «trend positivo» in Italia. Anzi. Il tema riguarda anche un’oggettiva discrepanza tra i dati di Bruxelles e Roma. Entrambi i report, ricordiamo, coprivano un periodo che comprende i primi sei mesi del 2025.
Il ministero dei Trasporti ha sottolineato che i dati annunciati settimana scorsa sono stati rilevati dalla Polizia stradale e dall’Arma dei Carabinieri. Non c’è traccia dei numeri registrati dalle Polizie locali e provinciali, che annotano le collisioni all’interno delle città (dove avviene la maggior parte degli incidenti con morti e feriti).
Intervistato dal Corriere della Sera, Luigi Altamura, comandante della Polizia locale di Verona e componente di Viabilità Italia per Anci, ha detto che «noi rileviamo il sessantasei per cento di tutti i sinistri stradali in Italia». Il ministero ha quindi annunciato un piccolo segmento (il trentaquattro per cento) dell’ampio fenomeno dell’incidentalità stradale in Italia.
È necessario, prosegue Altamura, «iniziare a comunicare più tempestivamente i dati. Non possiamo fare analisi a distanza di troppi mesi. Ci servono più agenti e pattuglie per fermare una risalita degli scontri stradali. Per questo chiediamo al governo maggiori risorse nella prossima finanziaria».
Il problema è lo stesso che si è verificato all’inizio di gennaio, quando Matteo Salvini – omettendo i dati delle Polizie municipali – ha comunicato dati incompleti e imprecisi sulle vittime della strada nelle prime due settimane di applicazione del nuovo codice della strada. In più, il ministero non ha applicato distinzioni tra gli incidenti in cui le persone muoiono sul colpo o nei giorni immediatamente successivi allo scontro: «Tale rilevamento – secondo l’Associazione sostenitori e amici della polizia stradale (Asaps) – sottostima la mortalità in quanto non tiene conto dei morti entro trenta giorni dall’evento».
I dati pubblicati dalla Commissione europea si basano sulle comunicazioni ufficiali degli Stati membri al Community database on accidents on roads (Care), ossia la banca dati ufficiale dell’Ue sugli incidenti stradali.
Apostolos Tzitzikostas, commissario europeo per i Trasporti e il Turismo sostenibili, ha definito «inaccettabile» il fatto che nell’Ue quasi ventimila persone abbiano perso la vita in un incidente stradale nel 2024. «I governi, l’industria e ogni utente della strada hanno un ruolo da svolgere per garantire che ogni tragitto si concluda in sicurezza». Solo in Italia, il costo degli incidenti stradali è stimato in circa diciotto miliardi di euro, ossia l’uno per cento del Pil nazionale.
La comunicazione completa, trasparente e costante dei dati è una condizione chiave per permettere alle istituzioni di arginare un problema. È una condizione che non sussiste nel nostro Paese, dove un ministero può liberamente esultare – legittimando un suo provvedimento – aggrappandosi a numeri incompleti.
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