Le lacrime per Alan Kurdi si sono asciugate, altri 3.500 bambini sono morti nel Mediterraneo

Settembre 4, 2025 - 14:00
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Le lacrime per Alan Kurdi si sono asciugate, altri 3.500 bambini sono morti nel Mediterraneo

Aveva tre anni, scappava dalla Siria in fiamme sotto il fuoco dei terroristi dell’Isis. Ve la ricordate questa foto, che fece il giro del mondo? Aveva tre anni e si chiamava Alan Kurdi. Sono passati esattamente 10 anni da allora. Era il 2 settembre del 2015. Si commosse tutto il mondo. Si commosse anche la cancelliera tedesca, Angela Merkel, che decise di aprire le frontiere e lasciò che quasi un milione di siriani entrassero in Germania. Persino gli xenofobi fecero silenzio. Forse anche loro sentirono la stretta al cuore. Stava lì sulla battigia, Alan, con la faccia sulla sabbia. E lo sciabordio delle onde, leggero perché il mare era calmo, gli accarezzava il viso. Il poliziotto che intervenne per primo ha raccontato di avere avuto la speranza che dormisse quel bambino. Magari sfinito per le ore in mare sul gommone. L’immagine è quella, di un bambino che dorme. Macché, era morto coi polmoni riempiti dall’acqua del mare. Succede ogni tanto, in politica, che il corso naturale delle cose viene fermato, e deviato, per una grande emozione collettiva. Le emozioni collettive ricuciono le comunità lacerate, ricostruiscono un’etica che in precedenza era stata demolita dall’imbarbarimento del senso comune.

Mi ricordo che si accese una speranza. Perché per un periodo di tempo la voce di quelli che gridano alla difesa dei confini si affievolirono, quasi si spensero. Chi poteva di fronte a quella immagine icastica, a quel bambino dolcissimo, dire che era stato abbattuto per difendere i confini? Si disse “mai più”. Sapete che vuol dire mai più? Vuol dire prendiamoci una pausa. E già, la speranza si è spenta molto presto. Angela Merkel rimase un caso isolato di leader politico capace di non cedere al populismo xenofobo e vigliacco. Di ragionare, di avere sentimento. Gli altri leader si rinchiusero per un po’ nel silenzio ma poi tornarono baldanzosi. Il loro era solo un silenzio di opportunità. Sapete come si dice in Sicilia? Quando c’è la tempesta di vento i giunchi si piegano e poi appena la tempesta si quieta tornano su.

Fecero così non solo i capi dei partiti xenofobi, ma molti altri leader sempre alla ricerca e all’inseguimento del consenso che vedevano correre sulle ali del razzismo. Anche qui in Italia successe. Appena due anni dopo la morte di Alan il governo italiano firmò un protocollo di intesa con la Libia nel quale offriva alla Libia navi, appoggio politico e istruttori per catturare i profughi, e contemporaneamente varò un regolamento che costringeva le navi di soccorso delle Ong a regole che in ogni modo ostacolano il loro lavoro. Diciamo pure un regolamento che in modo evidente costituiva un ostacolo all’attività di soccorso. Chissà se è un reato ostacolare i soccorsi. Che governo era? Voi pensate che fosse un governo populista, di destra? No, era un governo di centrosinistra. Il ministro che pensò e realizzò queste iniziative era un ex dirigente molto importante del Pci e poi dei Ds e infine del Partito democratico. Iniziò così l’inversione di rotta. Da un paio d’anni era stata chiusa la missione “Mare Nostrum”, avviata dal governo Letta per favorire i soccorsi. Da quel momento in poi fu una valanga xenofoba.

Dopo il governo Gentiloni, che aveva firmato il patto coi tagliagole libici, arrivò un governo Conte, ministro dell’Interno Salvini, che varò i decreti sicurezza e poi iniziò a bloccare le navi dei profughi rifiutando l’attracco, in modo così clamoroso da finire addirittura sotto processo. E poi venne Giorgia Meloni, con appresso la Lega e la parte più reazionaria del suo partito, che vinsero la campagna elettorale al grido “blocco navale”, cioè dichiarando apertamente che avrebbero fatto la guerra ai profughi, e poi – a differenza di molte altre promesse, disattese – mantennero l’idea e approvarono i vari decreti Piantedosi, prima e dopo Cutro, che favorirono il procedere dell’azione di sterminio dei migranti che venivano sul mare. Oggi le cifre ufficiali sono impressionanti. Quelle ufficiose ancora di più. Le cifre ufficiali dicono che dal giorno in cui fu ritrovato il corpicino di Alan, nel Mediterraneo sono morte annegate 28mila persone e che tra queste persone c’erano 3.500 bambini come Alan. La verità è che i morti sono molti di più. Noi possiamo calcolare le vittime dei naufragi che conosciamo, anche se di questi, spesso, possiamo ignorare il numero dei dispersi; ma comunque non possiamo conteggiare i naufragi di cui non abbiamo saputo niente. I barconi, i gommoni, colati a picco senza che nessuno se ne accorgesse, e le migliaia di persone, e anche di bambini, annegati in questi disastri. Magari dopo essere sopravvissuti per tre giorni, quattro giorni, cinque giorni, abbracciati a un pezzo di legno, e poi essere affondati stremati dalla fatica e bruciati dal sole o intirizziti dal freddo della notte.

Ora il problema non è tanto l’enormità di questi numeri. L’angoscia maggiore sta nel calcolo di quante di queste persone potevano essere salvate se i vari governi italiani non avessero tagliato i garretti al sistema dei soccorsi. Non solo non si è pensato di rafforzare la Guardia Costiera, di cambiare le norme di ingaggio e di metterla in condizione di aumentare le sue capacità di salvataggio. Ma si sono bloccate decine di navi delle Ong. Alcune sono state proprio messe in fuga dalle nuove norme di Minniti. Altre vengono continuamente immobilizzate con sequestri amministrativi, o con ordini di andare ad attraccare a migliaia di chilometri dal luogo del salvataggio, in modo che siano non operative per molti giorni. Proprio ieri è arrivata la notizia del fermo per 60 giorni di “Mediterranea”, colpevole di non avere obbedito ai libici di Almasri. 60 giorni sono tantissimi. In due mesi Mediterranea potrebbe portare in salvo centinaia di persone. Che invece resteranno alla deriva e probabilmente moriranno. Chi prende queste decisioni forse non lo sa: fermare per 6 giorni una nave delle Ong equivale a condannare a morte alcune decine di persone, o forse di più. E poi non conta tanto il numero. Io dico, anche se fosse uno solo, come fai a decidere a cuor leggero di prendere un provvedimento che può costare una vita umana con la stessa carica burocratica con la quale affibbieresti una multa ad un’auto in divieto di sosta?

La volontà di applicare questa mortifera politica di deterrenza del governo è diventata più ferrea ancora negli ultimi giorni. Le autorità italiane hanno bloccato a terra l’aereo di “Seabird” che è quello che monitora il Mediterraneo e segnala le imbarcazioni in difficoltà. Senza il supporto aereo è difficilissimo per le navi di soccorso trovare i naufraghi. Devono cercare alla disperata, coi binocoli, in spazi immensi e con una visibilità ridotta rispetto a quella di un aereo. Perché il governo ha preso questa decisione? Beh, vi ricordate di quando governo e giornali di destra sostenevano che le Ong ricevevano le informazioni dagli scafisti e si davano appuntamento? Ci fu uno scandalo. Ma non era vero. Ecco, a un certo punto anche loro si sono resi conto che era una bufala. E hanno capito che è dagli aerei delle Ong che arrivano le indicazioni. E allora sono intervenuti per stroncare. E stavolta hanno avuto buon gioco. Quanto abbiamo pianto per Alan, che oggi avrebbe 13 anni, nell’estate di 10 anni fa. Le lacrime si sono asciugate. Merkel non c’è più. Piantedosi è sugli altari. Questa è la civiltà dell’Occidente? Abbasso la civiltà.

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Redazione Eventi e News Redazione Eventi e News in Italia