Con efficienza e rinnovabili triplicate entro il 2030, si ridurrebbe il riscaldamento di un terzo in 10 anni e della metà entro il 2040

Mentre i negoziatori riuniti a Belém faticano a trovare un accordo tanto sulle politiche di mitigazione quanto su quelle di adattamento di fronte ai cambiamenti climatici, sui tavoli della Cop30 arriva un nuovo studio che mostra quanto un’accelerazione a livello globale sulle rinnovabili e sui sistemi di efficientamento energetico potrebbe abbassare le temperature.
Il rapporto è stato realizzato da Climate Analytics, istituto internazionale non-profit che combina scienza e politica del clima per accelerare l’azione climatica e mostra che: triplicare le rinnovabili, raddoppiare l’efficienza energetica e tagliare drasticamente il metano entro il 2030 consentirebbe di ridurre il tasso di riscaldamento globale di un terzo in dieci anni e della metà entro il 2040.
Secondo l’analisi condotta dagli scienziati di diversi istituti di ricerca internazionali, attuare gli impegni del Global Stocktake di Dubai (Cop28) su rinnovabili ed efficienza rappresenta il primo passo decisivo per la transizione dai combustibili fossili nei sistemi energetici. Se realizzate, queste misure abbasserebbero le proiezioni di riscaldamento del secolo di circa 0,9°C, passando dai 2,6°C segnalati proprio in questi giorni nell’analisi annuale del think tank Climate Action Tracker, a 1,7°C.
Gli autori dello studio sottolineano che a differenza dei precedenti miglioramenti degli obiettivi e delle politiche previsti dall'Accordo di Parigi, l'attuazione di queste misure «inizierebbe rapidamente a rallentare il tasso di riscaldamento dagli attuali 0,25 °C circa per decennio, invece che registrare una leggera accelerazione entro il 2030 come previsto dalle politiche attuali».
L'attuazione di questi tre obiettivi globali della Cop28 in materia di energia e metano, spiegano, rappresenterebbe un passo decisivo verso l'allineamento globale con l'obiettivo di temperatura di Parigi e manterrebbe il riscaldamento previsto al di sotto dei 2°C, invece di aumentare a 2,6°C entro il 2100. Ulteriori sforzi per attuare gli obiettivi già negoziati e concordati nel Global Stocktake, ad esempio quello di arrestare la deforestazione entro il 2030, produrrebbero ulteriori benefici per il clima, aggiungono. Con però questa specifica, non da poco: «Affinché ciò avvenga, tuttavia, è fondamentale che i paesi più ricchi si facciano avanti per fornire i finanziamenti climatici indispensabili ai paesi che ne hanno bisogno». Che è proprio ciò di cui si sta discutendo a Belém e che, almeno finora, non si sta verificando in termini di accordi.
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