Contratti “pirata” e dumping salariale: rischi per lavoratori e imprese

Ottobre 19, 2025 - 00:30
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Contratti “pirata” e dumping salariale: rischi per lavoratori e imprese

lentepubblica.it

Un sistema economico basato sulla concorrenza leale e sul rispetto dei diritti dei lavoratori è il presupposto per uno sviluppo equilibrato.


Eppure, in Italia, il fenomeno del dumping contrattuale — la pratica di applicare contratti collettivi con condizioni peggiorative rispetto a quelli sottoscritti dalle organizzazioni più rappresentative — sta mettendo in crisi proprio questi principi. A lanciare l’allarme è Confcommercio, che in una recente analisi ha illustrato la portata del problema nei settori del terziario e del turismo, confrontando la situazione italiana con quella di Francia e Germania e avanzando una serie di proposte per contrastare la proliferazione dei cosiddetti “contratti pirata”.

Lo studio, presentato in conferenza stampa con gli interventi del segretario generale Marco Barbieri, del responsabile per le Politiche del lavoro e del Welfare Guido Lazzarelli e del direttore dell’Ufficio Studi Mariano Bella, rappresenta la prima mappatura sistematica del fenomeno in Italia.

La posizione di Confcommercio: “Difendere il valore del lavoro”

Nel suo intervento, il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli ha ribadito che la qualità dell’occupazione e la tutela dei lavoratori sono elementi fondamentali per la competitività delle imprese. “Il benessere delle persone che lavorano nelle nostre aziende è un patrimonio di competenze e professionalità che alimenta innovazione e produttività”, ha dichiarato. “Per questo motivo siamo costantemente impegnati nel promuovere contratti equi e moderni, che coniughino le esigenze dei lavoratori con quelle delle imprese”.

Tuttavia, Sangalli ha espresso forte preoccupazione per la diffusione dei contratti sottocosto, che “alterano le regole del mercato, riducono le tutele e creano disparità tra lavoratori e aziende”. Da qui la richiesta di un intervento deciso da parte del Governo, volto a impedire l’applicazione di accordi collettivi stipulati da organizzazioni prive di reale rappresentatività. Tra le proposte avanzate figurano l’obbligo di comunicare alle istituzioni il contratto applicato, la certificazione della rappresentatività sindacale, il potenziamento dei controlli e il rafforzamento degli enti bilaterali come strumenti di garanzia della qualità contrattuale.

La giungla dei contratti: oltre mille accordi depositati

I dati illustrati da Confcommercio delineano un quadro complesso. Secondo la ricerca curata da Michele Faioli, basata sulle rilevazioni del CNEL, in Italia risultano depositati oltre mille contratti collettivi nazionali di lavoro, ma solo una parte è stata firmata da organizzazioni realmente rappresentative. Nel solo comparto del terziario e del turismo si contano più di 250 contratti, una frammentazione che genera confusione e disuguaglianze.

La maggioranza dei lavoratori del settore è coperta da pochi accordi principali — primo fra tutti il CCNL Terziario, Distribuzione e Servizi di Confcommercio, che riguarda circa 2,5 milioni di addetti — ma accanto a essi proliferano oltre duecento contratti alternativi, siglati da sigle minori e applicati a circa 160 mila lavoratori in 21 mila aziende. I più diffusi sono quelli dell’ANPIT e della CNAI, spesso utilizzati da microimprese e cooperative, in particolare nel Mezzogiorno, dove il tessuto economico è più fragile.

La logica che guida questi contratti è semplice: ridurre i costi tagliando diritti e retribuzioni. Rispetto al contratto Confcommercio, un lavoratore può perdere fino a 8 mila euro lordi all’anno, con orari più lunghi, minori coperture in caso di malattia o infortunio e quasi totale assenza di welfare integrativo.

Effetti economici e sociali del dumping contrattuale

L’impatto del dumping contrattuale va oltre le singole buste paga. L’applicazione di contratti al ribasso produce un effetto domino che penalizza le imprese corrette, genera concorrenza sleale e mina la produttività complessiva del sistema economico. A pagarne il prezzo sono anche i consumatori e, in ultima istanza, la coesione sociale del Paese.

Durante la cerimonia al Quirinale per la consegna delle Stelle al Merito del Lavoro, anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha richiamato l’attenzione sul tema. “Tra i contratti depositati al CNEL — ha ricordato — ve ne sono molti firmati da rappresentanze sindacali e datoriali scarsamente rappresentative, che generano vere e proprie forme di dumping contrattuale con effetti di riduzione dei diritti, abbassamento dei salari e concorrenza sleale tra imprese”.

Mattarella ha inoltre evidenziato come queste dinamiche aggravino le disuguaglianze: “Sempre più famiglie si ritrovano sotto la soglia di povertà pur avendo almeno un occupato, mentre pochi manager percepiscono compensi centinaia di volte superiori a quelli dei loro dipendenti”. Secondo i dati dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, la quota di reddito destinata al lavoro è calata in modo significativo a livello globale dal 2014 al 2024, e l’Italia non fa eccezione.

Le proposte per un mercato del lavoro più giusto

Confcommercio sollecita una strategia condivisa tra Governo e parti sociali per ristabilire regole certe. L’obiettivo è assicurare che solo le organizzazioni realmente rappresentative possano stipulare contratti validi per l’intero settore, garantendo livelli minimi di salario, tutele e welfare.

Inoltre, l’associazione propone di rafforzare i meccanismi di vigilanza e certificazione, promuovendo la bilateralità come garanzia di trasparenza e correttezza. Secondo Sangalli, “tutelare il lavoro significa anche proteggere le imprese sane, creando un ambiente competitivo basato sulla qualità e non sul risparmio a tutti i costi”.

Il contrasto al dumping contrattuale, dunque, non è solo una questione sindacale, ma un tema di politica economica e sociale che tocca la sostenibilità stessa del modello produttivo italiano. Solo attraverso regole chiare, controlli efficaci e un rinnovato senso di responsabilità collettiva sarà possibile ridare valore al lavoro e ristabilire le condizioni per una crescita equa e duratura.

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