Cop30: corsa contro il tempo per un accordo, tra proposte che non parlano di combustibili fossili e minacce di veto

Tira una brutta aria a Belém, e non è per l’incendio che ieri sera è divampato tra i padiglioni che ospitano il vertice delle Nazioni Unite sul clima, giusto nelle stesse ore in cui i delegati dell’Unione europea presentavano alla presidenza brasiliana una proposta contenente una roadmap per l’uscita dall’uso dei combustibili fossili.
Quando mancano poche ore alla chiusura di questa trentesima Conferenza delle parti (Cop30), la stessa presidenza ha calato sul tavolo una proposta a dir poco sorprendente, considerato che non vi compare neanche un cenno alla questione dei combustibili fossili. Il titolo è ambizioso ed evocativo, “Global Mutirão: unire l’umanità in una mobilitazione globale contro il cambiamento climatico”, ma manca l’argomento centrale per agire, appunto, contro il cambiamento climatico.
Quella che dovrebbe essere la bozza di dichiarazione finale di questo vertice Onu contiene tante altre proposte e affronta tante altre questioni, ma non quella dirimente di un’uscita graduale dall’utilizzo di petrolio, gas e carbone. Questione che, per ovvie ragioni, vede contrari i Paesi arabi, la Russia, la Cina, l’India e altre nazioni le cui economie sono fortemente legate all’uso dei combustibili fossili. Nel testo presentato questa mattina si legge di una non meglio specificata «'Missione di Belém a 1,5°C', volta a consentire l’ambizione e l’attuazione dei contributi determinati a livello nazionale e dei piani di adattamento nazionali», si parla della necessità di «riflettere sull’accelerazione dell’attuazione e della cooperazione internazionale e degli investimenti nei contributi determinati a livello nazionale e nei piani di adattamento nazionali in materia di mitigazione e adattamento», si propone di «portare avanti con urgenza le azioni volte a consentire l’aumento dei finanziamenti provenienti da tutte le fonti» e compaiono tante altre formule e proposte più o meno astratte o più o meno concrete, ma sui combustibili fossili niente, zero, come se non esistessero. O come se non esistesse il problema.
Ma il problema c’è, e ne innesca subito anche un altro: i delegati di 36 Paesi hanno inviato una lettera alla presidenza brasiliana in cui si annuncia il veto sulla bozza di dichiarazione finale. Che, per essere approvata, necessita invece di un via libera all’unanimità. «Non possiamo sostenere un risultato che non includa una tabella di marcia per attuare una transizione giusta, ordinata ed equa dall’abbandono dei combustibili fossili», hanno scritto i firmatari. A siglare il documento ci sono i rappresentanti di sette nazioni latinoamericane (Cile, Colombia, Costa Rica, Guatemala, Honduras, Messico e Panama), di 20 paesi europei, come Spagna, Germania, Francia, Belgio, Austria e anche Regno Unito ma non l'Italia, più la Corea del Sud e diverse piccole nazioni insulari come le Isole Marshall e le Figi.
Tra l’altro, già la Cop28 di Dubai del 2023 aveva adottato una dichiarazione a favore dell’eliminazione dei combustibili fossili, e i firmatari della lettera sottolineano che il mondo si aspetta che questa Cop30 «dimostri continuità e progresso», mentre qualsiasi eventuale insufficienza o addirittura un’omissione come quella registrata in queste ore «sarebbe inevitabilmente considerata un passo indietro».
Non a caso il commissario europeo per il clima Wopke Hoekstra ha dichiarato di essere «deluso» dall’ultima bozza presentata dalla presidenza brasiliana: «Non è affatto vicino all’ambizione di cui abbiamo bisogno in materia di mitigazione. Siamo delusi dal testo attualmente sul tavolo». Concetti ribaditi, tra gli altri, dal ministro dell’Ambiente tedesco Carsten Schneider («Vogliamo avere una roadmap chiara per l'eliminazione graduale dei combustibili fossili») e dalla ministra francese per la Transizione ecologica, Monique Barbut: «Questo testo è deludente, non fa alcun riferimento ai combustibili fossili, responsabili di oltre l’80% del riscaldamento globale. Si tratta di un’omissione incomprensibile in un momento di emergenza climatica». Non altrettanto presente è invece la voce dell’Italia.
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