Da Varese alla Terra del Fuoco sulle tracce dell’acqua che scompare

(Foto dall’account instagram @giocontetravel)
Giovanni Conte è tornato a Varese per poche settimane, ma a metà novembre ripartirà per un viaggio che lo porterà fino all’estremo sud del continente americano.
Varesino di nascita ma bolognese d’adozione dopo gli studi universitari, Conte vive in Colombia dal 2003 e da lì parteciperà a una spedizione di sette mesi che attraversa il Sud America da Bogotà alla Terra del Fuoco e ritorno. Il tema al centro del progetto è l’acqua come risorsa, con tutto quello che questo comporta: cambiamento climatico, privatizzazione, resistenze delle popolazioni locali e multinazionali.
La spedizione si chiama “7000 Miglia Lontano“, dal nome dell’associazione di promozione sociale fondata dal fotografo bresciano Giuliano Radici. Il progetto, partito il primo agosto, coinvolge team che si alternano ogni mese e sono composti da antropologi, fotografi, giornalisti e videomaker. Giovanni Conte ne farà parte per due delle sette tappe, coprendo Argentina e Cile fino alla Patagonia e Ushuaia. Arriverà a Porto Alegre, nel sud del Brasile, il 27 novembre e da lì inizierà due mesi di viaggio verso sud.
«Non conosco il Sud del Sud America – spiega Conte – Nel 2003 partii via terra dal Guatemala con l’intenzione di arrivare a San Paolo, dove avevo il volo di ritorno. Ma mi fermai in Colombia, senza più lasciarla. Alla fine, non sono mai arrivato in Brasile». Questa spedizione è quindi anche un modo per completare quel viaggio interrotto vent’anni fa, con la motivazione in più di esplorare le montagne della Patagonia cilena, in particolare le Torres del Paine, obiettivo speciale per un appassionato di trekking e arrampicata come lui.

Il colpo di fulmine con la Colombia
Il percorso che ha portato Giovanni Conte a partecipare a questa spedizione inizia negli anni Novanta, quando dopo l’università a Bologna comincia a lavorare come educatore con i minori nelle cooperative bolognesi. «Le prime esperienze all’estero sono state con i movimenti di bambini lavoratori, prima in Perù e poi in Guatemala, dove ho lavorato con un movimento di ragazzi di strada», racconta.
Nel 2003 parte per quello che doveva essere un viaggio temporaneo, per di più con destinazione Sao Paulo, dove aveva già il biglietto di ritorno. Ma la bellezza e diversità della Colombia lo fa restare, e quel viaggio finisce lì. Inizialmente lavora come osservatore internazionale per le Brigate di Pace (Peace Brigades), una ONG che opera nelle zone di guerra del paese. «Il mio ruolo era di accompagnatore dei difensori locali dei diritti umani, offrendo una presenza internazionale per dissuadere possibili sequestri o uccisioni» spiega.
Successivamente ottiene una borsa di studio per un master biennale in antropologia culturale in un’università di Bogotà (“Ce ne sono 45 in città” spiega) e rimane come ricercatore. Il lavoro include spedizioni e ricerche sul campo con comunità indigene e contadini. Nel 2017 ottiene la certificazione da guida turistica con il Ministero del Turismo Colombiano e da allora lavora come freelancer per tour operator locali, facendo da referente in Colombia per agenzie italiane. «Sono specializzato come guida storico-culturale a Bogotà, nei musei, nella storia e nelle tradizioni, sempre con un taglio antropologico», precisa. I suoi clienti sono generalmente gruppi di italiani del Nord, soprattutto milanesi e torinesi: «Spesso pensionati, in ogni caso con un profilo socio-economico medio-alto, visto che acquistano viaggi impegnativi anche dal punto di vista economico».
Da un anno però ha anche aperto il suo tour operator, con l’intenzione di offrire itinerari meno standardizzati e focalizzati sul potenziale della Colombia in termini di natura, trekking e montagna. «Per me l’esperienza del viaggio è un incontro con altre culture che deve lasciare qualcosa», spiega.
Attualmente vive a Bogotà, una megalopoli di quasi dieci milioni di abitanti dove si concentrano le opportunità lavorative e culturali, ma viaggia molto e ha vissuto anche a Medellín e sulla costa caraibica a Santa Marta. Possiede un piccolo appezzamento di terra con una casetta nella zona della Sierra Nevada de Santa Marta, un massiccio montuoso, con montagne alte quasi 6000 metri: il più alto del mondo vicino al mare, visto che il mar dei Caraibi dista solo 42 km in linea d’aria.

L’acqua e il cambiamento climatico: un’esperienza diretta
Il tema della spedizione “7000 Miglia Lontano” è quanto mai attuale per chi vive in Sud America. Giovanni Conte lo ha sperimentato sulla propria pelle a Bogotà, dove da gennaio dell’anno scorso ad aprile di quest’anno l’erogazione dell’acqua è stata sospesa a turno per 24 ore ogni dieci giorni. La causa è stata il livello basso delle dighe che riforniscono la città, conseguenza diretta del cambiamento climatico.
«Il problema dell’acqua è globale, ma il Sud America presenta aspetti particolari», racconta Conte. «C’è la questione del litio in Cile, le deviazioni di fiumi per l’idroelettrico, situazioni di privatizzazione come in Uruguay, dove ci sono stati movimenti di protesta». La spedizione documenterà proprio queste storie, attraverso interviste a persone e movimenti in resistenza, popolazioni colpite dal cambiamento climatico, e l’impatto delle multinazionali sulla risorsa idrica.
Un punto di vista particolarmente significativo è quello delle comunità indigene della Sierra Nevada de Santa Marta, con le quali Conte ha organizzato trekking e ricerche. «Hanno una forte mistica animista che considera la natura un organismo di cui siamo parte», spiega. «Per loro l’acqua e i fiumi sono le arterie che portano il sangue in questo organismo».
La Colombia stessa è un paese che incarna la ricchezza e la fragilità del Sud America. Conte la definisce «Il paese più biodiverso al mondo dopo il Brasile». Ha due oceani, tre catene montuose, deserti, e metà del territorio è coperto dalla foresta amazzonica. È ricchissima culturalmente, con una grande diversità che include europei, comunità afrocolombiane sulla costa pacifica e atlantica, e ben ottanta gruppi etnici ancora in vita. «Su questo paese in Italia c’è ancora molta ignoranza», osserva Conte, «spesso limitata all’idea della droga e di Medellín. Ma la Colombia è ben altro».

Un viaggio con radici familiari
C’è anche una motivazione personale che spinge Giovanni Conte verso il Sud del continente. Il suo bisnonno visse a Buenos Aires per otto anni prima di tornare in Italia. «C’è un’affinità con gli amici argentini che ho conosciuto e con quella storia familiare», racconta. La Patagonia, con le sue montagne e i suoi paesaggi estremi, rappresenta per lui sia una sfida come alpinista sia un territorio da esplorare con lo sguardo dell’antropologo.
L’associazione 7000 Miglia Lontano, che organizza la spedizione, si definisce un’associazione di promozione sociale nata per “assecondare una passione visionaria”. Libera, apartitica e senza scopo di lucro, promuove progetti di viaggio creativi e solidali, mettendo al centro l’avventura esistenziale, lo sguardo consapevole e creativo, e l’impegno umanitario. I risultati della spedizione saranno raccolti in mostre fotografiche, video, libri e incontri pubblici.
Per Giovanni Conte, che dopo 22 anni in Colombia continua a sentirsi varesino anche se ormai considera Bogotà casa sua, questa spedizione rappresenta un modo per mettere a servizio di un progetto collettivo l’esperienza accumulata in due decenni di vita sudamericana. «La conoscenza del territorio e delle dinamiche sociali e ambientali del continente è quello che posso portare al progetto», conclude. E forse, completare finalmente quel viaggio verso sud iniziato nel 2003 e mai concluso.
Per poter completare la spedizione come volontario, Conte ha organizzato un crowdfunding in Produzioni dal Basso: per chi volesse sostenere la sua iniziativa il link è qui.
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