Idroelettrico, da sblocco concessioni 3,2 miliardi di ricadute economiche annue e 16.500 posti di lavoro

Ottobre 30, 2025 - 19:30
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Idroelettrico, da sblocco concessioni 3,2 miliardi di ricadute economiche annue e 16.500 posti di lavoro

Occorre risolvere il nodo delle concessioni idroelettriche per rilanciare gli investimenti e l’occupazione. Lo ha evidenziato l’economista Alessandro Marangoni, ceo di Althesys (Teha Group) durante Aquawatt, la mostra-convegno europea sull’energia idroelettrica che si è svolta a Piacenza. «Mettere mano a un progetto di rinnovamento degli impianti vale oggi fino a 15 miliardi in dieci anni con un aumento medio della producibilità compreso tra il 10% e il 20%, nell’idea di preservare un patrimonio che per l’intero parco idroelettrico italiano si aggira tra i 35 e 50 miliardi di euro. Notevoli anche le ricadute sul sistema socio-economico, dirette e indirette: valgono per l’economia 3,2 miliardi annui con la creazione di 16.500 posti di lavoro».

L’86% delle concessioni di grandi derivazioni è già scaduto o scadrà entro il 2029. Per la precisione, il 17% risulta già scaduto nel 2024, un ulteriore 1% scadrà nel periodo 2025-2028, mentre il 68% terminerà nel 2029. Il problema è che da qui arriva una percentuale a due cifre dell’elettricità consumata nel Paese. Riassegnazioni o project financing vanno prese in considerazione per sciogliere il nodo delle concessioni, e la questione è di quelle che richiedono decisioni in tempi rapidi.

In uno scenario no-action si registrerebbe per il nostro Paese una perdita pari al 30% della produzione al 2040. «L’idroelettrico – ricorda Marangoni – è strategico per il sistema energetico italiano, sia in termini di sicurezza energetica garantendo in linea teorica un risparmio fino a 3 miliardi di euro rispetto al gas, sia per la stabilità del sistema attraverso gli accumuli assicurati dai pompaggi.

Dai dati presentati dall’economista nel corso di Aquawatt emerge come l’idroelettrico si confermi elemento chiave per il settore elettrico: in Italia sono presenti 4.907 impianti per una potenza efficiente lorda di 19,6 GW. Nel 2024, secondo i suoi calcoli, il segmento ha rappresentato il 19% della capacità produttiva elettrica totale e il 40% di quella rinnovabile.

Il problema che oggi deve affrontare l’industria idroelettrica è il bivio tra necessità di rilancio e rischi di declino. L’età media delle centrali idroelettriche è infatti superiore agli 80 anni (oltre la metà della capacità risale a prima del 1960) con necessità di interventi di ammodernamento per mantenere le attuali potenzialità produttive. Si registra una progressiva perdita di producibilità tra il 20 e il 35%: da 3.000-3.200 ore di produzione l’anno del 2000 alle attuali 2.000-2.500 ore l’anno.

Negli ultimi 20 anni è scesa la capacità di invaso a causa, tra l’altro, del cambiamento climatico, della competizione con gli altri utilizzatori dell’acqua come l’agricoltura, delle limitazioni imposte alla manutenzione straordinaria e per il dragaggio degli interrimenti dei bacini.

«Sbloccare le concessioni – ha concluso Marangoni – significa affrontare l’anomalia tutta italiana nel panorama Ue per cui non c’è reciprocità della regolazione sulle concessioni tra le diverse nazioni. Occorre anche garantire all’operatore uscente il rientro di tutti gli investimenti già realizzati e che la durata delle concessioni/autorizzazioni sia coerente con gli investimenti da realizzare».

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