Ridotto il risarcimento al passeggero che viaggia con un ubriaco…e lo sa

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La Corte di Cassazione, in una recente sentenza, stabilisce un principio di diritto che rapprensenta un precedente: il passeggero che, arbitrariamente, decide di mettersi su un auto con un guidatore ubriaco, ha diritto a un risarcimento ridotto in quanto “corresponsabile” in un eventuale incidente.
Trascorrere una serata tra amici, bere insieme, oltre il limite consentito e poi salire in auto insieme. È il comportamento di tanti giovanissimi e meno giovani che minimizzano gli effetti dell’alcol alla guida e sfidano letteralmente la sorte mettendosi in auto con il proprio amico o partner consapevoli che quest’ultimo abbia ecceduto con l’alcol e non si trovi nelle migliori condizioni per guidare.
Oltre ad essere rischioso questo comportamento vi espone anche ad un vero e proprio concorso di colpa e autorizza l’assicurazione a ridurre il risarcimento spettante nei vostri confronti.
La sentenza della Cassazione
È quanto ha stabilito la Cassazione con la pronuncia 21896/2025 depositata il 30 luglio 2025, che nel pronunciamento ricostruisce anche la recente giurisprudenza in materia. Una sentenza intervenuta a seguito di una vera e propria tragedia che aveva visto un passeggero deceduto in un incidente stradale.
Già nel precedente livello di giudizio, la Corte d’Appello aveva già ridotto del 30% il risarcimento per la perdita del rapporto parentale, imputando alla vittima una corresponsabilità nell’evento. Il conducente dell’auto, infatti, presentava un tasso alcolico altissimo di 1,89 g/l più che triplo rispetto al limite di 0,5 g/l ed il passeggero aveva trascorso l’intera serata con lui.
Era impossibile che il passeggero non conoscesse la condizione del guidatore
Era impossibile, secondo il giudizio pronunciato, che il passeggero non si fosse accorto del suo stato di alterazione. Inutile la richiesta avanzata dai ricorrenti che affermavano come il concorso di colpa non fosse applicabile perché non si era verificata una “cooperazione attiva” nel causare l’incidente. La citazione fatta nel ricorso viene dalla sentenza 27101/2005 della Cassazione.
Salire consapevolmente con guidatore ubriaco è esporsi a grave rischio
I giudici hanno valutato che l’essere salito in auto equivalesse ad esporsi volontariamente ad un grave rischio, condividendo, di conseguenza, il macabro risultato in misura proporzionale al proprio grado di colpa, in questo caso il 30%.
Il principio consolidato sul quale si basa il pronunciamento è rappresentato dal passaggio normativo secondo cui: «qualora la messa in circolazione di un veicolo in condizioni di insicurezza sia ricollegabile all’azione od omissione non solo del conducente – il quale, prima di iniziare o proseguire la marcia, deve controllare che questa avvenga in conformità delle normali regole di prudenza e sicurezza – ma anche del trasportato, che ha accettato i rischi della circolazione, si verifica un’ipotesi di cooperazione colposa dei predetti nella condotta causativa dell’evento dannoso» riferimento nelle sentenze Cassazione 10/06/2020, n. 11095; 27/03/2019, n. 8443; 04/09/2024, n. 23804.
Il passeggero da un contributo ‘colposo’ alla tragedia finale
Il comportamento del passeggero che accetti i rischi di una circolazione palesemente in contrasto con le norme del codice della strada dà un contributo colposo nel verificarsi del danno finale. La Corte ha ricordato come questo principio sia già applicato in molti altri casi, come quello del passeggero che non voglia allacciare la cintura di sicurezza oppure sia sorpreso a viaggiare su un ciclomotore omologato per una sola persona ma sul quale si trovano in due o più.
In tutte queste situazioni, si verifica quella che legalmente viene individuata come una “cooperazione colposa” tra conducente e trasportato. In questa occasione la quantificazione percentuale che identifichi il concorso di colpa è rimessa all’accertamento del giudice di merito, che valutate le informazioni in suo possesso pronuncia a insindacabile giudizio, in sede di legittimità.
Dovere di responsabilità per i propri atti
La decisione, spiegano i giudici, trova fondamento non solo nell’articolo 1227 del Codice civile, ma anche in principi di rango costituzionale, come quello di solidarietà sociale – articolo 2 della Costituzione – , che implica un dovere di responsabilità per i propri atti. Questo principio si allinea anche alla normativa e giurisprudenza Ue, nello specifico l’articolo 13 della direttiva 2009/103, poiché non fissa automatiche e generali decadenze o esclusioni. La norma nazionale consente al giudice, infatti, di valutare la condotta della vittima caso per caso, secondo le regole della responsabilità civile come individuato in Cassazione, 17/09/2024, n. 24920.
L’articolo 1227, comma 1 del Codice Civile
Ribadito dunque dal pronunciamento come l’esposizione volontaria e consapevole al rischio di circolazione in stato di ebbrezza, correlata «come chiave interpretativa dell’articolo 1227, comma 1 del Codice civile, al principio di solidarietà sociale di cui all’articolo 2 della Costituzione ed all’obbligo di responsabilità dei propri atti in esso insito», pur non potendo determinare l’assoluta esclusione del diritto del terzo trasportato «è idonea ad integrare una corresponsabilità del danneggiato e a ridurre, proporzionalmente, la responsabilità del danneggiante» come già in precedenza affermato nella sentenza Cassazione, n. 1386/2023.
Ripercussioni sul fronte assicurativo
Ripercussioni di questi pronunciamenti si ritrovano, ovviamente, sul fronte assicurativo. Non vengono intaccate le clausole di esclusione della copertura Rc auto in caso di guida in stato di ebbrezza. La compagnia, infatti, è tenuta a liquidare il danno, seppur in misura ridotta. Ha poi il salvo poi il diritto di esercitare rivalsa nei confronti del suo assicurato, ovvero il conducente responsabile che ha violato le norme del Codice della Strada oppure le condizioni di polizza così come indicato nel articolo 144 del Codice delle assicurazioni.
Un richiamo alla responsabilità individuale
Questa sentenza è un importante richiamo alla responsabilità individuale che pone il passeggero in una condizione di non passività ma parziale responsabilità. Il dovere di prudenza scatta per la propria incolumità. Chi compie una scelta palesemente rischiosa non può poi scaricare interamente sugli altri le conseguenze negative di quella decisione. Accettare un passaggio da un conducente palesemente ubriaco significa esporsi volontariamente a un rischio e, in caso di incidente, assumersene una parte delle conseguenze.
Per questo motivo, il risarcimento destinato al passeggero vittima di un sinistro può essere diminuito in misura proporzionale al suo grado di colpa. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza 21896/2025, depositata lo scorso 30 luglio, che fissa un principio di auto-responsabilità per chi viaggia in auto.
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