Speakeasy, spazi dove il tempo scorre lento

Novembre 22, 2025 - 01:30
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Speakeasy, spazi dove il tempo scorre lento

Non sono più collegati alla clandestinità, ma a rituali di incontri che hanno a che fare con lo slow e, soprattutto, senza collegamenti digitali. E al teatro Arcimboldi di Milano apre uno speakeasy per godersi piccoli eventi con estrema calma

In un’epoca in cui ogni gesto è registrato, condiviso, archiviato, il fascino del segreto torna a conquistarci. E lo fa attraverso luoghi che nascono per essere invisibili: gli speakeasy, spazi che appartengono all’immaginario della clandestinità, alla ritualità dell’accesso nascosto, alla magia dell’intimità condivisa solo da chi sceglie di esserci.

Nati negli Stati Uniti durante il Proibizionismo, quando per bere un cocktail bisognava conoscere la parola d’ordine e attraversare porte anonime, gli speakeasy hanno assunto nel tempo un valore culturale più ampio: sono oasi di esperienza, microcosmi protetti dalla frenesia del mondo esterno, oggi sempre più ricercati.

Bar, club, gallerie, sale da concerto: l’idea del luogo segreto contagia le città contemporanee che, travolte dalla visibilità permanente, riscoprono il fascino dell’invisibile.

E Milano – da sempre avanguardia nella sperimentazione culturale – aggiunge ora un tassello sorprendente: Stm Studio, la nuova sala speakeasy del Teatro Arcimboldi Milano, che porta questo concetto oltre il bar nascosto, trasformandolo in un vero e proprio rito teatrale di connessione profonda.

Gli organizzatori non la chiamano sala, bensì varco. Così viene definito Stm Studio che è a tutti gli effetti uno spazio phone-free e mind-full inaugurato al quarto piano del Teatro Arcimboldi che – ricordiamo – deve la direzione artistica a Marco Iacomelli e quella organizzativa di Davide Ienco.

L’ingresso non è quello che ci si aspetta: si entra dal retro, in via Caldirola, tramite un accesso riservato. Un ascensore conduce a una dimensione sospesa, lontana dai foyer luminosi e dai percorsi tradizionali del teatro.

Qui solo 98 spettatori per volta possono assistere a spettacoli concepiti per essere irripetibili, non documentati, non mediatizzati. Nessun telefono, nessuna fotocamera, nessun contenuto da postare.

All’ingresso gli spettatori devono inserire i propri dispositivi in una busta sigillata: il mondo digitale resta fuori, mentre dentro si apre un ambiente trasformabile, raccolto, nato da un progetto di rigenerazione culturale finanziato dal Pnrr e firmato da Stm – Scuola del Teatro Musicale.

La sala, a pianta centrale, avvolge il pubblico e annulla il confine tra scena e platea. Qui lo spettatore non assiste: partecipa. “Non osserva – dicono gli organizzatori – vive. Non registra: ricorda“.

Perché gli speakeasy stanno tornando? Milano e il desiderio di lentezza

La rinascita degli speakeasy non è una moda nostalgica, ma un segnale preciso: la città globale è stanca dell’iper-esposizione.

Negli ultimi anni Milano ha visto moltiplicarsi luoghi nascosti – bar che si raggiungono passando attraverso lavanderie finte, porte mimetizzate, retrobottega; gallerie d’arte temporanee accessibili solo su invito; club dove è vietato fotografare.

Questi luoghi non vendono solo ciò che offrono (un drink, un concerto, una performance): vendono l’accesso al non detto, alla soglia, alla dimensione dell’intimo.

L’Italia non è nuova a questa tendenza: tra Roma, Napoli, Torino e Bologna esistono bar e club segreti entrati ormai nel mito urbano. E nelle grandi metropoli internazionali – da New York a Tokyo, da Londra a Shanghai – gli speakeasy rappresentano una sorta di contro-sistema: luoghi piccoli, nascosti, che privilegiano l’esperienza invece della performance sociale.

Milano però aggiunge un tassello unico: uno speakeasy culturale e teatrale, in cui la segretezza non serve a creare esclusività, ma a garantire concentrazione, presenza, profondità.

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Redazione Eventi e News Redazione Eventi e News in Italia