Alberto Trentini telefona a casa, “spiragli di speranza” per il cooperante detenuto da 11 mesi in Venezuela

“Spiragli di speranza”. Sono le parole utilizzate dalla famiglia di Alberto Trentini dopo la telefonata, la terza in quasi 11 mesi di detenzione, del cooperante italiano detenuto in Venezuela.

L’inaspettata telefonata a casa è avvenuta giovedì: ai genitori, assistiti dall’avvocata Alessandra Ballerini, Alberto “ha raccomandato di prendersi cura di loro e ha assicurato di essere forte, volendo poi ringraziare tutte le persone che gli sono state vicine in questi mesi e ha ribadito il suo affetto per i suoi cari”, rendono noto i familiari.

Alberto Trentini è stato arrestato in Venezuela il 15 novembre del 2024. Si era recato nel Paese del Sudamerica per lavorare con la Ong Humanity & Inclusion, che aiuta le persone con disabilità. Trentini stato fermato mentre stava andando per lavoro da Caracas a Guasdualito, nel nordovest del Paese. Da allora era riuscito in due occasioni a telefonare a casa, brevi conversazioni in cui aveva raccontato le condizioni critiche di detenzione nel carcere di El Rodeo. L’operatore umanitario, originario di Venezia, è detenuto senza una formale accusa nei suoi confronti, anche se è probabile che il reato contestato sia terrorismo o cospirazione.

Venti giorni fa il ministro degli Esteri Antonio Tajani aveva reso noto che, dopo 10 mesi di detenzione, finalmente l’ambasciatore italiano in Venezuela Giovanni Umberto De Vito era riuscito ad incontrare Trentini in carcere, trovandolo “in buone condizioni” anche se “un po’ dimagrito”.

La telefonata di ieri, per i familiari, dopo la visita in carcere dell’ambasciatore e l’arrivo a Roma di una delegazione venezuelana “apre spiragli di speranza”. “E in questi 327 giorni la nostra fede non è mai venuta meno. Grazie a chi sta lavorando al nostro fianco per la liberazione di Alberto”, spiegano i genitori di Alberto.