Blackout in Spagna e Portogallo, anche il rapporto Entso-e scagiona le rinnovabili

Il 28 aprile scorso, intorno alle 12:33, quasi l’intera penisola iberica ha subito un blackout totale e improvviso. È stata l’occasione per molti detrattori della transizione energetica alimentata dalle rinnovabili di accusare eolico e solare – che in Spagna stanno crescendo a ritmi rapidissimi, garantendo un minor costo dell’elettricità –, presunti destabilizzatori della rete iberica. Peccato non sia andata così.
Come già spiegato su queste colonne da Michele Governatori, economista del think tank Ecco, sulla base di un primo rapporto tecnico nel merito pubblicato dal Governo spagnolo non ci sono elementi per affibbiare colpe alle rinnovabili: la responsabilità del blackout sta in una serie di carenze nei meccanismi di regolazione della rete e nel coordinamento tra gli impianti coinvolti, mettendo in luce le lacune dovute ad alcuni impianti tradizionali incaricati di garantire la stabilità del sistema.
Oggi il nuovo report pubblicato da Entso-e – l’European network of transmission system operators for electricity – conferma che la sovratensione a cascata è stata il problema principale che ha portato al collasso del sistema. Le misure adottate dal gestore per smorzare le oscillazioni precedenti al blackout hanno creato condizioni favorevoli all’aumento della tensione. Nel frattempo, erano connesse relativamente poche centrali termoelettriche per fornire servizi di controllo della tensione, e alcuni trasformatori che immettevano energia rinnovabile in rete sembrano essersi disconnessi prematuramente quando il sistema si è destabilizzato.
Alcune centrali termoelettriche, obbligate per legge a regolare la tensione della rete, non lo hanno fatto nei momenti precedenti al blackout. È vero però che alcune delle prime disconnessioni di impianti rinnovabili sono state considerate inappropriate, poiché le loro connessioni alla rete avrebbero dovuto essere più resilienti alle alte tensioni.
«Il blackout in Iberia è stato un evento raro causato da molteplici fattori complessi. Il rapporto di Entso-e – argomenta Chris Rosslowe, analista senior del think tank Ember – conferma le conclusioni del governo spagnolo secondo cui al momento dell’incidente erano connesse relativamente poche centrali termoelettriche per fornire servizi di controllo della tensione, e parte della generazione da fonti rinnovabili si è disconnessa quando il sistema si è destabilizzato. I risultati contraddicono numerose affermazioni secondo le quali la colpa sarebbe stata di una dipendenza eccessiva dal solare. Questo evento rafforza ciò che già sapevamo: man mano che i sistemi elettrici evolvono, sono indispensabili potenziamenti della rete e una maggiore attenzione alla flessibilità pulita per garantire resilienza».
È infatti vero che una maggiore penetrazione delle fonti rinnovabili nel mix elettrico richiede investimenti paralleli in reti e stoccaggi (come pompaggi idroelettrici, ma principalmente batterie), sui quali peraltro l’Italia si sta già ben posizionando al contrario della Spagna, ma vasti blackout si sono sempre verificati anche in sistemi dominati dai combustibili fossili: limitando l’analisi ad anni recenti, in Texas (febbraio 2021 e dicembre 2022) si ricordano blackout innescati da tempeste invernali che hanno causato guasti soprattutto nelle centrali a gas per congelamento degli impianti, mentre nel 2003 l’Italia affrontò un blackout nazionale per un problema su una linea di trasmissione in Svizzera, senza che le rinnovabili fossero coinvolte.
Come messo in fila su queste pagine dal ricercatore Luigi Moccia, ampi blackout si sono verificati nella nuclearissima Francia (negli anni 1978, 1987 e 1999); nel 2003 la Svezia ha subito un grave blackout quando il reattore nucleare di Oskarshamn Unit 3 si fermò improvvisamente; più recentemente, a novembre 2024, in Finlandia, il nuovissimo reattore nucleare Olkiluoto 3 ha perso tutta la sua potenza, 1600 MW, portando la frequenza della rete nordica a 49,55 Hz, e solo l’intervento di batterie e veicoli elettrici ha evitato un blackout.
È dunque utile ripercorrere cosa sappiamo sull’ultimo grande blackout, quello iberico appunto. Prima delle fatidiche 12:33, i problemi erano iniziati quando due episodi di oscillazioni di frequenza e tensione hanno colpito il sistema elettrico spagnolo, alle 12:03 e alle 12:19. Il gestore di rete spagnolo ha gestito con successo queste oscillazioni, ma il sistema è rimasto più vulnerabile a sovratensioni.
Per fornire ulteriore capacità di controllo della tensione, era stata programmata la connessione di una centrale termoelettrica aggiuntiva, ma non sarebbe stata disponibile prima delle 14:00. Prima di allora, intorno alle 12:32, i livelli di tensione hanno iniziato ad aumentare in tutta la rete elettrica spagnola, causando inizialmente tre gravi disconnessioni di generazione. Con ciascuna disconnessione, il problema di sovratensione peggiorava, innescando una cascata di aumenti di tensione e ulteriori disconnessioni.
Man mano che la rete perdeva potenza, sono entrate in funzione misure automatiche destinate a mantenere la frequenza di rete, ma non sono riuscite a tenere il passo con la cascata di disconnessioni. Quando la frequenza della rete è scesa al di sotto delle soglie operative, è avvenuta una disconnessione automatica dalla Francia, che ha ulteriormente indebolito il sistema.
Il collasso del sistema è stato rapidissimo: il livello di tensione zero è stato raggiunto in meno di 30 secondi dopo la prima grande perdita di generazione. La quota di energia rinnovabile in rete prima dell’incidente non era insolita, con livelli analoghi registrati in centinaia di ore precedenti. La quantità di generazione convenzionale nel sistema (11 centrali termoelettriche) era la più bassa dell’anno fino a quel momento, ma ritenuta sufficiente dal gestore di rete. Gli operatori di rete di Spagna e Portogallo hanno realizzato una riattivazione del sistema sorprendentemente rapida, pienamente funzionante già dopo 19 ore.
Qual è la tua reazione?






