Capasa (Cnmi): “Al governo chiediamo misure anti ultra-fast fashion”
I tempi stringono e per la moda italiana serve un pacchetto di misure volte da una parte ad arginare alcune tendenze che vanno a minare il mercato del fashion (leggi l’ultra low cost con il problema dei pacchetti non tassati), dall’altra a sostenere l’unicità dell’industria tricolore sul fronte della creatività. E, non ultima, gestire la credibilità all’estero del made in Italy anche attraverso un ulteriore miglioramento della certificazione della filiera. “Abbiamo mandato 13 proposte alla Legge di Bilancio 2026”, ha spiegato il presidente di Camera nazionale della moda italiana Carlo Capasa durante un incontro con la stampa italiana, ricordando come sia fondamentale muoversi perché “in due anni la moda italiana ha perso 10 miliardi di fatturato su 100 miliardi”, numeri importanti che si portano dietro la chiusura di numerose piccole attività del tessuto industriale del Belpaese.
Di conseguenza, per Capasa non c’è da perdere tempo. “Fondamentale è la misura del credito d’imposta per l’attività di design e ideazione estetica. È già in essere e attualmente è al 5 per cento. Chiediamo di mantenere questo tipo di misura che scade a dicembre e, anzi, di portarlo al 10 per cento. Per l’Italia è particolarmente importante perché, a differenza di altri tipi di industria di moda, per il made in Italy di alta gamma, prodotta in Italia mantenere questa struttura la creatività è fondamentale. La misura costa intorno ai 70 milioni”. A copertura di questo strumento, Cnmi ha proposto di utilizzare parte dei fondi inutilizzati di Industria 5.0.
Altro tema sensibile e urgente è quello sull’ultra fast fashion. “In Italia arrivano quasi un miliardi di pacchi all’anno e il nostro Paese, insieme alla Francia, siamo i maggiori destinatari dei 4,5 miliardi di pacchi che ogni anno arrivano in Europa”, spiega Capasa. “Pacchi peraltro non tassati e non controllati”, aggiunge. Su questo fronte l’Ecofin in Europa ha approvato una modifica del regolamento doganale che introduce la tassa sulle consegne per merci fino a 150 euro, finora esenti da imposte doganali (dovrebbe essere operativa nel 2026) e il Governo italiano ha allo studio una stretta sui piccoli pacchi provenienti dai paesi extra Ue, in particolare quelli con un valore inferiore ai 150 euro, introducendo una tassa da 2 euro. “Dal nostro punto di vista si tratta di una misura che può essere ritoccata: abbiamo pensato infatti a una tassa progressiva sui prodotti con 5 euro nel 2025 che si alzano a 6 nel 2027 fino ad arrivare a 10 euro dal 2031 in poi. In più chiediamo il divieto di promuovere sul web e attraverso influencer commerciali prodotti o aziende di ultra fast fashion e imporre un’informazione sintetica sull’impatto ambientale e sociale di questi prodotti. L’Europa notoriamente non è favorevole ma sarebbe utile anche perché parte della quota ricavata potrebbe tornare nelle casse dei singoli Paesi”.
Se da una parte la concorrenza dell’ultra fast fashion continua a preoccupare il made in Italy, dall’altro è ancora aperto il tema della narrazione negativa legata ai recenti fatti di cronaca sul rispetto delle condizioni lavorative degli operai. Con prefettura e il tribunale di Milano è stato firmato un protocollo sulla filiera per aiutare i brand a lavorare con fornitori certificati. “Fino ad ora è stata prevista la certificazione da parte di una piattaforma, noi invece chiediamo che sia un ente terzo, scelto dallo Stato”, aggiunge Capasa. Il testo, già approvato al Senato, è stato trasmesso alla Camera. “Quel che non vogliamo è che la moda diventi un terreno di scontro politico. Ricordiamo che le sacche di illegalità esistono e il problema va gestito, ma rappresenta il 2% della filiera, sono numeri molto piccoli”. Capasa sottolinea come al momento l’iter in caso di irregolarità preveda un possibile commissariamento nel caso in cui il pubblico ministero lo richieda e, di fronte alla richiesta, i brand non si possono difendere. “Su questo fronte chiediamo una concertazione di 90 giorni in cui il brand può capire come collaborare a risolvere il problema. Non si tratta di uno scudo, sia chiaro, ma la possibilità di trovare una soluzione positiva e partecipativa”.
Tra gli altri argomenti caldi presentati al Governo, le misure per favorire la trasmissione del know-how nelle aziende, la promozione delle academy aziendali, la revisione del valore dei fringe benefit aziendali.
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