Draghi contro gli Stati: “Un anno dopo ogni sfida si è aggravata”

Settembre 17, 2025 - 12:00
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Draghi contro gli Stati: “Un anno dopo ogni sfida si è aggravata”

Bruxelles – Un elogio, uno di numero, alla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e tante critiche all’Europa e ai suoi Stati. Mario Draghi, a distanza di un anno dalla presentazione del suo rapporto per la competitività – che Eunews ha integralmente tradotto in italiano – presenta un’Europa ancora più indietro di come l’aveva lasciata. “Nel corso dell’ultimo anno, ciascuna delle sfide si è aggravata“, la premessa di un lungo discorso che inchioda i governi nazionali alle proprie responsabilità, a partire dal tanto discusso – in fase negoziale prima e di commenti poi – accordo commerciale UE-Stati Uniti e i dazi imposti sull’export a dodici stelle.

La dipendenza dagli Stati Uniti per la difesa è stata citata come una delle ragioni per cui abbiamo dovuto accettare un accordo commerciale basato in gran parte sulle condizioni americane“, scandisce Draghi, per una sottolineatura su condizioni subite non casuali: la critica qui non è per von der Leyen, poiché la Commissione europea negozia a nome degli Stati membri, e l’intesa di fine luglio è esattamente ciò che volevano i governi, incluso quello italiano.

Mario Draghi [Bruxelles, 16 settembre 2025]
Le sfide sono tante: dai dazi statunitensi all’accresciuto peso cinese, all’avanzata di nuove economie, alle tensioni geopolitiche. Di fronte a tutto questo “la risposta dell’Europa è caduta in due trappole: da un lato, gli sforzi nazionali non coordinati, dall’altro la fede cieca nel fatto che le forze di mercato creeranno nuovi settori”. Quella di Draghi è una critica serrata ai governi, più che alla Commissione europea, elogiata per aver concluso l’accordo commerciale con il Mercosur visto come un asset per gli europei.

Il problema dell’Unione europea, secondo Draghi, è che non funziona, ognuno va per la propria strada e le scelte non sono né coerenti né strategiche. Cita a titolo di esempio i Progetti Importanti di Comune Interesse Europeo (IPCEI), strumento di coordinamento tra i 27 che che “possono concentrare il sostegno” che serve a economie e imprese. “Eppure, nel 2023, i paesi dell’UE hanno speso quasi 190 miliardi di euro in aiuti di Stato, cinque volte di più di quanto stanziato per gli IPCEI dal 2018″. Un peccato e un male, poiché “utilizzati strategicamente, gli IPCEI potrebbero aiutare l’Europa a raggiungere dimensioni di scala in settori come le tecnologie nucleari innovative (come i piccoli reattori modulari) o nella filiera automobilistica per veicoli a zero e basse emissioni a prezzi accessibili”. Qui la Commissione sta adottando misure per rendere tali progetti più attraenti e accessibili, riconosce Draghi, tuttavia, “il modello IPCEI è ancora essenzialmente nazionale nella concezione e nel finanziamento”.

L’Europa degli Stati è ferma alle logiche nazionali e perde di vista la situazione più generale, e questa critica Draghi la lancia attraverso la voce degli attori che dovrebbero essere al centro dell’agenda europea: “Cittadini e le aziende europee apprezzano la diagnosi, le priorità chiare e i piani d’azione. Ma esprimono anche una crescente frustrazione”, avverte il già presidente della BCE e capo di governo italiano.Sono delusi dalla lentezza con cui l’UE procede. Vedono che non riusciamo a tenere il passo con la velocità del cambiamento altrove. Sono pronti ad agire, ma temono che i governi non abbiano colto la gravità del momento“. Nelle capitali, affonda, “troppo spesso si cercano scuse per questa lentezza“.

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E’ questo il nodo cruciale di un intervento che produce il paradosso di un sostegno a von der Leyen che è anche un’alleanza contro il Consiglio dell’UE, consesso dove le buone intenzioni si perdono per via di governi nazionali confusi, divisi e poco attenti alle sfide in gioco. Lo dimostra il mercato delle auto elettriche, citato da Draghi da classico esempio dove impegni e ambizioni della Commissione europea scontano il lassismo dei governi. “L’installazione dei punti di ricarica dovrà accelerare di tre o quattro volte nei prossimi cinque anni per raggiungere una copertura adeguata”, sottolinea. L’installazione spetta agli Stati, non a Bruxelles.

Ma c’è anche il regolamento sulla privacy, il temuto “GDPR“, che appesantisce e taglia le gambe alla crescita: “La ricerca lo conferma – scandisce Draghi – ha aumentato il costo dei dati di circa il 20 per cento per le aziende dell’UE rispetto alle loro omologhe statunitensi”. Anche sull’intelligenza artificiale si è forse andati troppo avanti: per quanto riguarda le regole per i settori “ad alto rischio in settori come le infrastrutture critiche e la sanità”, devono “essere proporzionate e sostenere l’innovazione e lo sviluppo”, per cui, secondo l’ex premier, “l’attuazione di questa fase dovrebbe essere sospesa fino a quando non ne comprenderemo meglio gli svantaggi. Più in generale, l’applicazione dovrebbe basarsi su una valutazione ex post, giudicando i modelli in base alle loro capacità nel mondo reale e ai rischi dimostrati”.

L’Europa degli Stati sta perdendo tempo, di questo Draghi è più che convinto. Tanto è vero che esorta ad “andare oltre strategie generali e scadenze ravvicinate”, chiede e pretende “date e risultati concreti, e di essere ritenuti responsabili del loro raggiungimento”. Le scadenze, sostiene, “dovrebbero essere sufficientemente ambiziose da richiedere una reale attenzione e uno sforzo collettivo”. Questa, del resto, “è stata la formula alla base dei progetti di maggior successo in Europa: il Mercato Unico e l’euro”. Due ambito dove l’Europa ha ragionato da Europa e non da insieme di Stati. Da Draghi arriva quindi l’invito ad un nuovo europeismo, avvertito oggi come imprescindibile.

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Redazione Eventi e News Redazione Eventi e News in Italia