Geotermia, quale percezione del rischio sull’Amiata? Per il 64% la situazione ambientale è buona

Dopo oltre vent’anni di studi condotti sulla geotermia toscana, sappiamo che i suoi impatti ambientali sono sostenibili nel tempo, e che al contempo «non vi sono impatti significativi sulla salute derivanti dall’attività geotermoelettrica». Quest’ultima constatazione, in particolare, è emersa dopo tre lustri di studi promossi dalla Regione Toscana e condensati nell’indagine epidemiologica InVetta (Indagine di biomonitoraggio e valutazioni epidemiologiche a tutela della salute nei territori dell’Amiata).
Premesso che non esistono attività umane a “impatto zero” sull’ambiente, e neanche a “rischio zero”, i rischi reali possono però essere anche molto distanti da quelli percepiti: un aspetto che non è sfuggito neanche agli esperti di InVetta ed esplorato nel capitolo La percezione del rischio, realizzato a cura dei ricercatori dell’Istituto di fisiologia clinica del Cnr Pisa, che vale la pena approfondire per capire le radici della distanza tra fatti e opinioni.
I ricercatori hanno somministrato un questionario a circa 2mila cittadini locali (il 51,8% estratto a sorte da liste anagrafiche, il 48,2% ha aderito volontariamente, l’1,2% è rappresentato da lavoratori presso le centrali geotermiche), sottoponendo loro anche una sezione sulla percezione, dalla quale sono stati poi elaborati molteplici indici: emerge che «il 64% dei rispondenti ritiene la situazione ambientale accettabile e ottima. Solo il 4% (78 soggetti) ritiene che la situazione ambientale sia grave e irreversibile».
La percezione del rischio, tra la totalità degli intervistati, è dunque molto lontana dal potersi dire preoccupante e relega in un contesto strettamente minoritario l’approccio “catastrofista” alla coltivazione della geotermia sull’Amiata. Ciò non toglie la distanza tra rischio e percezione del rischio, soprattutto in alcune categorie di cittadini: di chi si tratta? Per provare a rispondere, i ricercatori InVetta hanno osservato più variabili.
Ad esempio, una minore quota di donne ritiene che la situazione sia “ottima” (4% delle donne vs 10,6% degli uomini), mentre una maggiore quota di donne ritiene che la situazione sia “grave ma risolvibile” (35,1% delle donne vs 28,4% degli uomini); i giovani tendono globalmente ad apparire più preoccupati degli anziani; i cittadini dei Comuni principali risultano essere nettamente più preoccupati di quelli residenti nei Comuni di controllo (in particolare i partecipanti residenti nei comuni di Abbadia San Salvatore e Arcidosso tendono a percepire una situazione ambientale più grave); chi ha partecipato volontariamente all’indagine (circa la metà del campione) percepisce una situazione ambientale più grave; all’aumentare dell’istruzione aumentano significativamente tutte le tipologie di percezione; i soggetti che hanno dichiarato di percepire cattivi odori hanno una percezione del pericolo/ esposizione/rischio significativamente più elevata; i soggetti che hanno dichiarato di essere esposti a polveri, sostanze chimiche ecc, hanno una percezione sia del pericolo sia dell’esposizione significativamente più bassa; nel complesso, i soggetti con maggiore percezione del pericolo/rischio sono quelli di Abbadia San Salvatore, Arcidosso, Castel del Piano e Piancastagnaio.
Come dichiarano gli stessi ricercatori che hanno lavorato all’indagine, quello appena esposto rappresenta un lavoro preliminare: «Gli approfondimenti a partire dalla grande quantità dei dati disponibili possono andare in diverse direzioni e sarà cura del gruppo di ricerca portare avanti una serie di confronti metodologici che consentano di proseguire e di preparare una o più pubblicazioni scientifiche. Diverse informazioni aggiuntive potranno consentire livelli ulteriori di approfondimento». Un lavoro necessario per chiudere progressivamente il gap tra rischio e percezione del rischio.
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