Il clima della disuguaglianza: l’1% più ricco guida l’aumento globale delle emissioni

Novembre 21, 2025 - 01:04
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Il clima della disuguaglianza: l’1% più ricco guida l’aumento globale delle emissioni

Le disuguaglianze climatiche stanno accelerando più della crisi stessa: il nuovo Climate Inequality Report 2025 mostra come l’1% più ricco del Pianeta sia responsabile di un quarto della crescita delle emissioni globali dal 1990

Negli ultimi trent’anni il Pianeta ha assistito a una trasformazione profonda: non solo le emissioni globali sono aumentate, ma la loro distribuzione è diventata sempre più polarizzata.

È come osservare un mosaico in cui alcune tessere brillano di eccessi energetici mentre altre si spengono per scarsità di mezzi. Il Climate Inequality Report 2025 (qui trovate il documento completo) offre una lettura nitida di questo squilibrio, mostrando come la crisi climatica sia indissolubilmente legata alle dinamiche economiche e distributive.

Secondo l’analisi del World Inequality Lab e degli oltre cento ricercatori coinvolti, l’1% più ricco della popolazione mondiale è responsabile da solo del 24% dell’aumento delle emissioni globali di CO2 osservato dal 1990.

Un dato che supera quello dei 50% più poveri del Pianeta, confermando come la ricchezza sia un potente acceleratore del riscaldamento globale.

Il rapporto evidenzia come, nello stesso periodo, le emissioni dei cittadini a basso reddito siano rimaste sostanzialmente stabili, mentre quelle delle fasce più abbienti hanno continuato a crescere, trainate da consumi energetici elevati, mobilità internazionale e investimenti ad alta intensità di carbonio.

Questa tendenza colloca la lotta al cambiamento climatico all’incrocio tra politica industriale e politica redistributiva: ridurre le emissioni, infatti, implica intervenire laddove l’impatto è più concentrato.

Il peso sproporzionato dell’élite globale

Le differenze emergono con forza analizzando le emissioni pro capite. L’élite dell’1% presenta livelli emissivi decine di volte superiori rispetto al resto della popolazione mondiale, con valori collegati soprattutto a mobilità premium, investimenti finanziari e consumi energetici domestici molto al di sopra della media.

Il rapporto segnala inoltre che, se questa traiettoria non cambierà, nel 2030 il 10% più ricco del Pianeta sarà responsabile di quasi la metà dell’impronta carbonica globale.

Una dinamica che non solo ostacola il raggiungimento degli obiettivi dell’Accordo di Parigi, ma accentua un divario sociale già marcato: le comunità che contribuiscono meno al cambiamento climatico sono anche quelle che subiscono i danni più gravi, con impatti su salute, sicurezza alimentare e accesso alle risorse idriche.

Il rapporto offre anche una lettura territoriale della crisi. Negli ultimi trent’anni, i Paesi a basso e medio reddito hanno visto ridurre la quota di emissioni pro capite rispetto al mondo sviluppato, pur contribuendo in misura crescente alla data economy e ai settori industriali emergenti.

Le economie avanzate, al contrario, continuano a presentare un’impronta emissiva elevata in termini di consumi finali, mostrando come le catene globali di approvvigionamento trasferiscano di fatto la produzione emissiva verso Paesi terzi senza modificare la domanda interna.

Transizione energetica: chi paga il conto?

La domanda chiave del Climate Inequality Report 2025 riguarda la redistribuzione dei costi della transizione energetica. Gli autori sottolineano che senza una riforma fiscale mirata, il rischio è che il passaggio verso un’economia low-carbon gravi in modo sproporzionato sulle famiglie a reddito medio-basso.

Tra le misure proposte figurano:

  • tassazione progressiva sulle emissioni legate ai consumi più elevati
  • investimenti pubblici per accelerare l’elettrificazione dei consumi domestici
  • sostegno economico alle comunità vulnerabili esposte agli impatti climatici
  • incentivi all’adozione di tecnologie pulite accessibili anche alle fasce meno abbienti

Il rapporto insiste anche sulla necessità di una governance internazionale coordinata, capace di affrontare la crisi climatica come una questione di equità oltre che di efficienza tecnologica.

La chiave del cambiamento, secondo il report, risiede nella capacità di collegare politiche climatiche e politiche sociali. Senza questo legame, l’azione per il clima rischia di essere percepita come una misura punitiva, minando il consenso pubblico e rallentando la transizione energetica.

La sfida è dunque duplice: ridurre rapidamente le emissioni globali e redistribuire in modo più equo i costi e i benefici della trasformazione.

Solo così sarà possibile costruire un sistema economico resiliente, capace di conciliare competitività, sostenibilità e giustizia sociale.

Crediti immagine: Depositphotos

L'articolo Il clima della disuguaglianza: l’1% più ricco guida l’aumento globale delle emissioni è stato pubblicato su GreenPlanner Magazine.

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