Intervista con Giorgio Tirabassi, su Rai 1 con la serie “Balene”: “E’ stato molto divertente interpretare il personaggio di Riccardo”

“E’ abbastanza distante da me, ma come sempre succede si fa riferimento al proprio vissuto nell’interpretazione di un personaggio. Ho visto alcuni rapporti di potere da altre persone e li ho riprodotti”. Giorgio Tirabassi è tra i protagonisti di “Balene”, un dramedy brillante e originale con la regia di Alessandro Casale, liberamente tratto dall’omonimo romanzo di Barbara Cappi e Grazia Giardiello, in onda la domenica sera su Rai 1, coprodotto da Rai Fiction e Fast Film.
Oltre quaranta anni di carriera, spaziando tra cinema, tv e teatro, tra personaggi drammatici e leggeri con naturalezza e profondità, nella serie Giorgio Tirabassi veste i panni di Riccardo, un uomo schietto, moderno e determinato a innovare l’Accademia, di cui è il nuovo Presidente. All’inizio si scontra con Evelina (Veronica Pivetti). Da un lato lui le chiede di adattarsi alle disposizioni, dall’altro lei vive quelle richieste come una vera e propria provocazione. Piano piano però il loro rapporto cambierà e tra i due nascerà un’intesa sempre più forte.
Nella foto Giorgio Tirabassi e Veronica Pivetti in “Balene”
Giorgio, in “Balene” interpreta Riccardo, il nuovo Presidente dell’Accademia che ha un legame speciale con Evelina …
“Il plot della serie inizia con questo contrasto tra Riccardo ed Evelina che poi si trasforma in qualcosa di diverso. Con la complicità di Veronica Pivetti, che conoscevo ma con cui non avevo mai lavorato, si è creato fin dal primo giorno un affiatamento, quindi è stato molto divertente e naturale interpretare il personaggio”.
Ha trovato dei punti di contatto con Riccardo?
“E’ abbastanza distante da me, ma come sempre succede si fa riferimento al proprio vissuto. Anche se non ho mai fatto il presidente di un’Accademia, alcuni rapporti di potere li ho visti da altre persone e li ho riprodotti”.
Una delle tematiche della serie è l’amicizia, in questo caso tra donne sessantenni. Quanto è importante l’amicizia nella sua vita lavorativa e personale?
“Ho degli amici che sono al mio fianco da più di 60 anni, ci siamo conosciuti da bambini giocando con la paletta e il secchiello al mare, con alcuni abbiamo continuato a vederci, con altri ci siamo rivisti da grandi. L’amicizia si forma, si trasforma, a volte si rompe, poi si ritrova oppure nasce anche ad un’età adulta. Io ricordo ancora i volti di alcuni compagni di classe delle elementari a cui ho voluto molto bene e l’ordine alfabetico dell’appello delle medie. Spesso mi chiedo come siano diventati e dove si trovino ora, alcuni li ho anche cercati su Facebook. Secondo me l’amicizia maschile e quella femminile sono differenti e l’ho constatato avendo un figlio e una figlia che ora sono adulti. Quelle maschili erano molto semplici, fatte di sottintesi, di aiuti fisici, di poche parole, le amicizie femminili sono costruite invece sul parlare, sull’amore vero, a volte sul pettegolezzo, sui tradimenti, anche sulla diffidenza. Dal punto di vista lavorativo sul set nascono fortissime amicizie, si crea un rapporto cameratesco quasi vicino a quello scolastico”.
Nella foto Giorgio Tirabassi e Veronica Pivetti in “Balene”
Da attore quale tra gli aspetti che caratterizzano Riccardo è stato più divertente interpretare?
“Il contrasto iniziale tra Riccardo ed Evelina, anche la possibilità di fare dei piccoli dispettucci, tanto che speravo ce ne fossero un po’ di più (sorride). Ho trovato divertenti quelle schermaglie che poi lasciano il posto ad un’intesa, alla linea pseudoromantica, quindi c’è un ammorbidimento, che comunque fa sempre parte della commedia”.
Ha lavorato per tanti anni con Gigi Proietti, che ricordo ha del maestro?
“Con Proietti mi sono formato sia artisticamente che umanamente. Ho iniziato a lavorare con lui poco più che ventenne e ho smesso quando sono diventato padre di mio figlio, avendo anche la possibilità di essere suo amico, perché abbiamo vissuto insieme per tanti anni, dalla mattina alla notte in cui trascorrevamo dei bei momenti suonando la chitarra. Io ho deciso di fare l’attore dopo aver visto A me gli occhi please con Gigi Proietti. Avevo 17-18 anni e ne sono rimasto folgorato. Ritrovarmi sul palcoscenico con lui cinque anni dopo è stata la realizzazione di un sogno”.
Qual è l’insegnamento più importante che le ha trasmesso?
“Ho preso da Gigi Proietti tutto quello che potevo, non c’era un insegnamento diretto, ma sono stato in quinta e ho visto tutti gli spettacoli, tutte le repliche. Alla fine qualcosa ti rimane e poi devi personalizzare quello che hai imparato e non imitarlo. Con il tempo, con gli anni, con l’esperienza, acquisisci un linguaggio teatrale, attoriale. Io poi ho avuto la fortuna di stare vicino anche ad altri artisti grandissimi, come Giancarlo Giannini, Nino Manfredi, l’attore che guardo con più godimento, Marcello Mastroianni, e da ciascuno di loro ho cercato di apprendere qualcosa perchè non si finisce mai di imparare. Eduardo De Filippo non aveva il metodo ma la conoscenza profonda del testo e quella è la cosa più importante. Quando ho girato un film con Giannini, che amo alla follia, gli stavo sempre vicino per carpire i segreti del mestiere e lui mi disse di leggere la sceneggiatura una, due, tre volte perchè più la leggi e più diventi bravo. Lo stesso vale per la musica, io suono da quando sono ragazzo, però da una quindicina d’anni ho cominciato a studiare e mi sono accorto che mi si è aperto un mondo. Un po’ come una barchetta che lascia il porto e quindi la comfort zone per andare nel mare aperto”.
Cosa le piace suonare ed ascoltare?
“Amo molto il jazz, ma anche il blues, la bossa, la bossa nova, è la musica che suono e ascolto. Sono abbastanza impermeabile invece al rock”.
Nella foto Giorgio Tirabassi con gli Hot Club Roma
A tal proposito ha portato in scena lo spettacolo musicale “Django Reinhardt, il fulmine a tre dita”, dedicato a Django Reinhardt, uno dei più grandi chitarristi jazz della storia …
“Con il quintetto Hot Club Roma ho suonato tante volte, ci siamo incontrati durante un mio concerto al Music Inn, e abbiamo poi riarrangiato dei pezzi della tradizione romana con un gusto gipsy jazz. Il chitarrista e fondatore del gruppo, Gianfranco Malorgio, ha poi proposto di fare uno spettacolo su Django, così abbiamo preso dei brani che raccontano la sua vita e abbiamo portato in scena “Il fulmine a tre dita”, che era la definizione che un giornalista italiano diede a Reinhardt quando venne a suonare a Roma, perchè in un incendio aveva perso l’uso del mignolo e dell’anulare e ha fatto la storia del jazz con tre dita: pollice, indice e medio. Questa sua menomazione gli ha permesso di essere originale perchè doveva sviluppare delle scale in orizzontale invece che in verticale e aveva questo linguaggio musicale che derivava dalle radici popolari dei Manouches, quindi riproponeva con la chitarra le musiche gitane del Nord Europa e i valzer che suonavano con la fisarmonica o il violino. Quando poi ha avuto la possibilità di ascoltare il jazz, grazie alle grandi orchestre americane che suonavano a Parigi negli alberghi, e i dischi di Armstrong ebbe una folgorazione e quel linguaggio si è mischiato a quello popolare, allo swing. Del resto tutti i grandi artisti sono stati influenzati da qualcun altro, Proietti ad esempio da Petrolini e Aldo Fabrizi, uno degli attori romani più grandi insieme ad Anna Magnani, e poi a Nino Manfredi, Sordi, Gassmann, Tognazzi, Mastroianni”.
Concludo con una domanda calcistica, lei è tifoso della Roma, cosa si aspetta da questa stagione che vede sulla panchina giallorossa un nuovo allenatore, Gian Piero Gasperini?
“Sono fiducioso, noi romanisti siamo nati e cresciuti nella sofferenza quindi se vedo uno spiraglio di luce vuol dire che va tutto bene. Gasperini sembra una persona in gamba, ha tutta la nostra fiducia, con l’Atalanta ha fatto miracoli e speriamo li faccia anche con la Roma”.
di Francesca Monti
credit foto ufficio stampa
Si ringraziano Chiara Mariani – Volver Actor e Pamela Menichelli – Ni.Co Ufficio Stampa
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