La destra populista che avvelena i pozzi e poi ne beve l’acqua

Il vittimismo aggressivo e strumentale esibito in questi giorni da Giorgia Meloni e dal suo partito non è certo una novità, potremmo anzi definirla, bonariamente, un’antica tradizione di famiglia, almeno dai tempi della perfida Albione e del complotto pluto-giudaico-massonico. Un concetto del resto già chiaramente evocato, qualche anno fa, in quegli indimenticabili manifesti di Fratelli d’Italia con il volto di George Soros, finanziere ebreo colpevole di avere fatto una donazione al partito di Emma Bonino, e lo slogan «tenetevi i soldi degli usurai».
Ma la posizione di Meloni ha anche un evidente legame con la campagna scatenata negli Stati Uniti da Donald Trump contro oppositori, giornalisti e persino comici sgraditi dopo l’assassinio di Charlie Kirk, cui la destra italiana ha cercato di accodarsi nel modo più maldestro, evocando addirittura le brigate rosse e un clima da anni di piombo che non c’è affatto, e che semmai sarebbero proprio queste continue provocazioni ad alimentare. C’è ovviamente in tutto questo un’enorme dose di spregiudicatezza, ipocrisia e malafede, ma c’è anche qualcosa di più, qualcosa che non riguarda solo la destra italiana.
Ci penso da tempo, per la precisione da quando lessi di come Elon Musk aveva deciso di cambiare l’algoritmo di X dopo avere visto che un suo tweet era stato meno rituittato e mipiaciato di un analogo tweet di Joe Biden. Ma la conferma definitiva mi è arrivata dallo spettacolo dato da Trump prima con le sue dichiarazioni sul paracetamolo come causa dell’autismo e poi con il surreale discorso tenuto all’Onu, costellato di sconnesse invettive contro il cambiamento climatico, gli ambientalisti americani che vogliono uccidere tutte le mucche, le scale mobili del Palazzo di vetro e i burocrati che non lo fecero ristrutturare a lui.
Ebbene, la convinzione che mi sono fatto è che tutto questo sia parte di una strategia, certo, ma anche di una patologia. Che insomma ci sia poco da analizzare, studiare, decodificare. Il punto è che Trump, e come lui gran parte della nuova destra populista, è al tempo stesso artefice e vittima di quello stesso diluvio di falsità, assurdità e idiozie con cui ha obnubilato le menti dei suoi adepti, ma anche la propria. La deriva della destra americana, cominciata almeno dai tempi del Tea Party, ha costruito lentamente una sorta di realtà parallela e alternativa, ma non si è trattato di una messinscena per abbindolare i gonzi, o almeno non solo. La verità è che i militanti, i dirigenti e persino i leader della nuova destra populista sono stati i primi a bere l’acqua dai pozzi che essi stessi avevano avvelenato. Con i risultati che abbiamo sotto gli occhi.
Questo è un estratto di “La Linea” la newsletter de Linkiesta curata da Francesco Cundari per orientarsi nel gran guazzabuglio della politica e della vita, tutte le mattine – dal lunedì al venerdì – alle sette. Più o meno. Qui per iscriversi.
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