L’antimafia come emergenza: lo spartiacque di Dalla Chiesa

Settembre 5, 2025 - 21:30
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L’antimafia come emergenza: lo spartiacque di Dalla Chiesa

L’eccidio di via Isidoro Carini rappresenta uno spartiacque relativamente alla questione mafiosa. Fu a partire da quel tragico evento che lo Stato italiano, 122 anni dopo l’unità nazionale, riconobbe che esisteva la criminalità organizzata. Dopo il 3 settembre 1982 venne introdotto il reato 416 bis, di associazione per delinquere di stampo mafioso, e che fu approvata la legge Rognoni-La Torre, che andava a colpire gli interessi economici mafiosi. Già Leopoldo Franchetti, nel 1876, aveva analizzato a fondo la configurazione della mafia, definendola “industria della violenza” promossa e praticata dai “facinorosi della classe media”. Dall’altro lato, l’opposizione sociale e politica, dai Fasci Siciliani al giornale L’Ora, passando per le occupazioni delle terre, era sempre esistita. Proprio nei primi anni Ottanta, attorno al pacifismo, si era coagulata una società civile attenta anche alle questioni mafiose.

Eppure, si aspettò il 3 settembre 1982. Cosa Nostra si poneva in posizione organica rispetto alle relazioni politico-economiche del tempo. Tuttavia, fu necessario il clamore suscitato dall’omicidio di un alto, popolare, funzionario dello Stato. Che rischiava di delegittimare ulteriormente una classe politica alle prese con l’instabilità economica e accuse di corruzione. Di conseguenza, la lotta alla mafia diventò la nuova frontiera della legittimazione statuale, succedendo all’emergenza terroristica appena terminata. La figura del generale Dalla Chiesa, ricopre una valenza simbolica rilevante nel passaggio di consegne tra un’emergenza e un’altra. Era stato il protagonista della lotta alle organizzazioni armate, dalle infiltrazioni, ai blitz, alla gestione dei pentiti. Una stagione che lo aveva visto protagonista di episodi discussi, come la repressione della rivolta al carcere di Alessandria, il 9-10 maggio 1974, culminata con 7 morti e 15 feriti.

O che lo vide rivendicare, nella trasmissione di Zavoli “La notte della Repubblica”, il carattere difensivo dell’azione dei Carabinieri in via Fracchia, a Genova, il 28 marzo 1980, culminata con la morte di quattro brigatisti. Per quanto le testimonianze e le prove balistiche andassero in direzione contraria. Un’emergenza legittimata, secondo le parole dello stesso generale, del carattere levantino del capoluogo ligure, refrattario ad ogni regola di vita associata di stampo occidentale. Giunto a Palermo nel 1982, lo schema applicato nei confronti del terrorismo viene riprodotto nella lotta contro la mafia. Da un lato, la denuncia della gravità della situazione, e la conseguente, costante richiesta, di disporre di pieni poteri. Una formula che presuppone la possibilità di leggi speciali e prerogative straordinarie, in pieno emergenzialismo. E che fa leva, come nel caso di Genova, su di una lettura lombrosiana. In un’intervista del 6 agosto 1982 a questo giornale, auspica che tra i mafiosi nasca “un gene che produca qualcosa di diverso dalla vendetta e dalla paura”. Come se la mafia fosse il prodotto del determinismo biologico, quindi intrinsecamente siciliana, e non la conseguenza di rapporti di potere asimmetrici.

L’eredità di Dalla Chiesa proietterà la sua ombra sullo sviluppo della cultura e delle politiche antimafia. L’idea di un deficit di legalità innato nei siciliani, il bisogno di una educazione al civismo, accompagnata dalle misure di emergenza, scaturisce da questa impostazione, che sorvola sulla vivacità della società civile dell’isola. Figure come Pippo Fava, Pio La Torre, Peppino Impastato, sono lì a smentire il determinismo biologico. Sulla stessa falsariga, misure come il 41 bis (carcere duro) e il 4 bis (ergastolo ostativo), sono figlie della vocazione a chiedere poteri e leggi straordinarie. Quando invece, Falcone e Borsellino, avevano dimostrato che la lotta alla mafia, oltre che questione di metodo investigativo, ovvero seguire la via del denaro, riguardava la capacità di disporre di risorse sufficienti e adeguate. Il paradigma della legalità, tuttavia, continua a prevalere. Intendendo con questa definizione non il rispetto delle regole dello Stato di diritto, bensì l’utilizzo di leggi speciali e tecnocrazie repressive, nonché la convinzione che la criminalità organizzata riguardi soltanto i gruppi sociali marginali. Beato il paese che non ha bisogno di eroi, diceva Brecht. Mai, come in questo caso, fu più vero.

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Redazione Eventi e News Redazione Eventi e News in Italia