Nuove regole per proteggere gli oceani, sì di 60 Paesi al Trattato Onu. La firma dell’Italia non c’è

Obiettivo raggiunto: dal prossimo anno gli oceani possono essere maggiormente tutelati. Peccato solo che l’Italia non abbia dato il proprio contributo. Il Trattato globale sugli oceani ha finalmente raggiunto le 60 ratifiche necessarie per l’entrata in vigore di questo accordo storico. Il nuovo pacchetto di norme che entrerà in vigore dal 2026 è frutto di oltre dieci anni di negoziati multilaterali e mira a proteggere la biodiversità marina nelle acque internazionali e nei fondali non soggetti a sovranità nazionale, che coprono quasi i due terzi degli oceani. La nota dolente, in questa giornata positiva per gli habitat marini? Arriva dal nostro Paese, visto che all’appello manca ancora la firma dell’Italia, che ormai da quasi dieci anni non ratifica alcun accordo internazionale per la protezione del mare, come ha di recente denunciato un rapporto di Greenpeace Italia.
Ha dichiarato in una nota la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. «L’entrata in vigore dell’Accordo sulla biodiversità oltre la giurisdizione nazionale segna una tappa storica per il nostro pianeta. Questa pietra miliare dimostra la forza del multilateralismo, mentre ci dirigiamo a New York per l’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Ringraziamo i nostri partner delle Nazioni Unite per la loro collaborazione. L’Ue e i suoi Stati membri confermano il loro impegno per un’attuazione rapida e ambiziosa dell’accordo. E invitiamo altri Paesi ad unirsi al nostro movimento per la protezione universale dei nostri oceani».
Ecco, tra i Paesi che mancano all’appello c’è il nostro. «L’Italia purtroppo non è tra i 60 Paesi che hanno ratificato il Trattato. Nonostante le promesse e l’impegno a proteggere anche il 30% dei nostri mari entro il 2030, il governo italiano non ha nemmeno avviato il processo di ratifica del Trattato per la protezione degli oceani più importante che sia mai stato scritto», denuncia Valentina Di Miccoli della campagna Mare di Greenpeace Italia. «Ci chiediamo quali siano le reali intenzioni del nostro governo in materia di protezione della biodiversità marina perché finora non abbiamo avuto alcun segnale incoraggiante».
Attualmente solo lo 0,9% degli oceani del mondo è protetto, mentre in Italia appena lo 0,04% del mare è sotto rigorosa tutela. Anche per questo, la scorsa estate Greenpeace Italia ha avviato il progetto “AMPower” insieme alla fondazione Blue Marine Foundation per supportare l’ampliamento delle Aree Marine Protette (AMP) italiane e contribuire così a raggiungere l’obiettivo di proteggere il 30% del mare entro il 2030. L’entrata in vigore del Trattato, prevista a gennaio 2026, sarà fondamentale per ampliare la superficie di mare protetta, istituire riserve marine che contribuiscano a mitigare gli impatti della crisi climatica sui nostri oceani e per garantire la sicurezza alimentare di miliardi di persone che dipendono dalle risorse del mare.
«Questo è un momento storico per la protezione degli oceani. L'era dello sfruttamento e della distruzione deve finire, e il Trattato globale sugli oceani è lo strumento giusto per farlo. Ai leader mondiali chiediamo di garantire che la prima storica Conferenza delle parti sugli oceani, prevista per l’anno prossimo, diventi un punto di svolta e di sviluppare piani per le prime riserve marine protette nell'ambito del Trattato. I nostri oceani non possono aspettare», conclude per Greenpeace Di Miccoli. L’associazione invita l’Italia e tutti i Paesi che non l’hanno ancora fatto a ratificare rapidamente il Trattato globale prima della COP sugli oceani attesa per il prossimo anno. Chi non l’avrà ratificato, infatti, non avrà posto al tavolo delle trattative.
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