Pizzaballa: «Gioiamo per la fine delle ostilità a Gaza, la nostra Chiesa non parla la lingua della resa dei conti»

Ottobre 6, 2025 - 22:30
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Pizzaballa: «Gioiamo per la fine delle ostilità a Gaza, la nostra Chiesa non parla la lingua della resa dei conti»
Il card. Pierbattista Pizzaballa conforta un uomo ferito in un attacco israeliano alla Chiesa della Sacra Famiglia (Foto AFP/SIR)

«Gioiamo soprattutto per la fine delle ostilità, che ci auguriamo non sia temporanea, e che porterà sollievo agli abitanti di Gaza». Così il cardinal Pierbattista Pizzaballa, Patriarca di Gerusalemme dei Latini, si rivolge alla diocesi con una lunga lettera all’indomani delle notizie su una possibile liberazione di ostaggi israeliani e prigionieri palestinesi e su un primo spiraglio di tregua.

«È un primo passo importante e lungamente atteso – scrive -. Nulla è ancora del tutto chiaro, molto resta da definire, ma siamo lieti che vi sia qualcosa di nuovo e positivo all’orizzonte. Continui massacri di civili, fame, sfollamenti, detenuti, ospedali inaccessibili. Ma anche in Cisgiordania la situazione continua a peggiorare, tra assalti quotidiani e isolamento dei villaggi». Davanti a un conflitto che ha profondamente segnato la vita della Chiesa locale, Pizzaballa richiama alla necessità di non lasciarsi travolgere dal disorientamento: «È proprio qui che, come Chiesa, siamo chiamati a dire una parola di speranza, ad avere il coraggio di una narrativa che costruisca, che apra orizzonti».

La logica della forza e il rischio di abituarsi alla sofferenza

«La violenza spropositata ha devastato non solo il nostro territorio, ma anche l’animo umano», denuncia il Patriarca: «Rabbia, rancore, sfiducia, odio e disprezzo dominano troppo spesso i nostri discorsi e inquinano i cuori. Corriamo il rischio di abituarci alla sofferenza, ma non deve essere così».

Il cardinale mette in guardia dalla logica della forza, «diventata criterio politico, culturale, economico e, a volte, anche religioso», ricordando che «la storia ha già mostrato cosa produce questa logica. Sempre più persone in Terra Santa e nel mondo si indignano, sentono ferita la coscienza collettiva della dignità e dei diritti umani».

Di fronte allo “scandalo dell’iniquità”, la risposta possibile per il credente è tenere fisso lo sguardo su Gesù: «Solo così riusciremo a mettere ordine dentro di noi e a guardare alla realtà con occhi diversi». E insieme a Lui, «come comunità cristiana vorremmo raccogliere le lacrime di questi due anni: di chi ha perso tutto, vittime innocenti di una resa dei conti di cui ancora non si vede la fine».

La via del Vangelo è la via della speranza

«La nostra Chiesa non può parlare la lingua della resa dei conti. Gesù ha scelto l’amore che si fa dono e perdono», scrive il Patriarca, che rivendica il senso della testimonianza cristiana: «Il nostro morire è avvenuto sotto la croce, non su un campo di battaglia». Anche se la guerra dovesse finire, ammonisce, «non segnerà necessariamente l’inizio della pace». Sarà solo «il primo passo indispensabile». Sarà poi necessario ricostruire relazioni, fiducia, orizzonti comuni.

«Ci attende un lungo percorso per disintossicarci dall’odio di questi anni», ma il Patriarca si dice pronto a percorrerlo «insieme a quanti ancora credono che un futuro diverso sia possibile».

E conclude rivolgendosi alla Regina di Palestina, Patrona della diocesi, in vista della sua festa: «Preghiamo per custodire il cuore di chi desidera giustizia e verità, per i nostri giovani, famiglie, religiosi, sacerdoti, per i nostri fratelli e sorelle di Gaza, che continuano a testimoniare la gioia della vita. E ci uniamo infine all’invito di Papa Leone XIV per una giornata di digiuno e di preghiera per la pace, l’11 ottobre». La tomba vuota di Cristo, scrive, «ci assicura che il dolore non sarà per sempre».

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Redazione Eventi e News Redazione Eventi e News in Italia