Ponte sullo Stretto, la Corte dei conti boccia la delibera Cipess: ritirarla in autotutela

La Corte dei conti ferma l’iter del Ponte sullo Stretto, imponendo uno stop che rischia di smontare l’accelerazione voluta dal Governo Meloni e dal ministro Salvini in particolare. Con un parere reso noto in queste ore, i magistrati contabili hanno infatti respinto la delibera Cipess, chiedendone addirittura il ritiro in autotutela e imponendo al Comitato interministeriale 20 giorni di tempo per rispondere a una lunga serie di rilievi che mettono in discussione l’intero procedimento. Solo pochi giorni fa gli ambientalisti di Greenpeace, Legambiente, Lipu e Wwf si erano rivolti proprio alla Corte dei conti per fermare il progetto
Il primo nodo è di natura procedurale: «In via generale, con riferimento alla fase progettuale, si osserva che non risulta in atti il parere del Consiglio Superiore dei lavori pubblici» né la risposta ai rilievi emersi in sede di Via-Vas al ministero dell’Ambiente, su cui anche Bruxelles ha già chiesto chiarimenti. La Corte domanda aggiornamenti sull’interlocuzione avviata con la Commissione europea, segnalata dalla Rappresentanza permanente d’Italia all’Ue l’11 giugno scorso.
Non mancano anche i dubbi sui costi: «Perplessità si manifestano in merito al disallineamento tra l’importo asseverato dalla società Kpmg in data 25 luglio 2025 – quantificato in euro 10.481.500.000 – e quello di euro 10.508.820.773 attestato nel quadro economico approvato il 6 agosto 2025». I magistrati chiedono chiarimenti anche sulle stime di traffico, sulla quantificazione degli oneri di sicurezza, etc.
Dalla Corte sono arrivati rilievi pure sul rispetto della normativa europea sugli appalti. La Corte si sofferma in particolare sulla direttiva 2014/24/UE, art. 72, chiedendo al Cipess di chiarire come siano state valutate le clausole contrattuali e la legittimità dell’affidamento senza nuova gara, su cui la Commissione europea ha già chiesto documentazione.
La conclusione è netta: «Il tempo intercorrente tra la presente richiesta istruttoria e la risposta dell’amministrazione non può complessivamente essere superiore a 20 giorni. Trascorso detto periodo, la Sezione potrà decidere allo stato degli atti, ferma restando la facoltà di codesta amministrazione di ritirare il provvedimento in sede di autotutela».
Senza la delibera Cipess pubblicata in Gazzetta ufficiale non sarà possibile aprire nemmeno i cantieri preparatori, pena il rischio di danno erariale. Un dettaglio tutt’altro che marginale: lo Stato ha già firmato un contratto con i privati che prevede penali a carico della parte pubblica in caso di mancata realizzazione dell’opera per cause non imputabili al contraente. Un ulteriore rebus in un iter sempre più fragile e controverso.
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