Salis sul pesto della politica, indigesto a Schlein: ma come si fa a non conoscere Palazzo Ducale

Settembre 21, 2025 - 11:30
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Salis sul pesto della politica, indigesto a Schlein: ma come si fa a non conoscere Palazzo Ducale

Un brivido scorre fra i vertici del PD e un po’ di tutta la sinistra: a gelare il sangue nelle vene di Elly Schlein e accoliti è l’ex lanciatrice di martello, oggi sindaco di Genova, Silvia Salis.

Piena di energie, avendo appena compiuto quarant’anni e quindi nel meglio della vita (ha festeggiato l’altro giorno con 200 invitati in abito la sera il compleanno, cosa che può costarle cara a Genova: non sono buoni i commenti sul fatto che.ha sospeso il consiglio comunale per andare alla festa ;come alla lunga può infastidire i genovesi il fatto che si esibisce sempre anche in occasioni di alta politica col bambino di 23 mesi in braccio, un po’ stucchevole, un po’ patetica, un po’ da messinscena, da l’impressione di una messinscena un po’ forzata) conta sulla regia del marito regista, Fausto Brizzi.

Dietro Silvia Salis, peraltro si tagliano l’ombra di Matteo Renzi e quella di Dario Franceschini.

Renzi, dopo la modesta figura fatta come presidente del consiglio e leader del PD, trovato una nuova dimensione nella politica italiana, quella di king maker, provocando la caduta del Governo Conte. Franceschini, cui va attribuito il merito o la colpa di avere portato Elly Sklein alla segreteria, visti i modesti risultati ora pare che sia pentito.

Dico subito che me la Salis non è simpatica, con quegli occhi sempre sgranati e il tono saccente. Anche se non si può negarle un certo senso dell’umorismo.

Quando, nel 2023, il Fatto in una intervista, le chiese: qual è l’accusa che le rivolgono maggiormente? la risposta fu brutale: «Che sono una stronza».

I miei amici di Genova mi dicono che è insopportabile come fosse di celluloide. Una figura un po’ artificiale. L’altro giorno a un dibattito il partecipava, il presidente della regione ed ex sindaco Marco Bucci, anche lui non proprio da Oscar della simpatia, i genovesi hanno potuto osservare la differenza: Bucci era tutto fatti e numeri, la Salis era parole astratte e concetti politichesi.

La vittoria di Salis favorita dallo scandalo

Un po’ di Salis sul pesto della politica, il Reggiano Franceschini tormenta Schlein e Meloni, nella foto Toti seduto in poltrona a un convegno guarda fisso l'obiettivo
Un po’ di Salis sul pesto della politica, il Reggiano Franceschini tormenta Schlein e Meloni – Blitzquotidiano.it (Giovanni Toti nella foto Ansa)

Qualcuno dice: sì, però ha portato il PD alla vittoria nelle elezioni comunali. Osservo che la vittoria non travolgente seguiva uno scandalo politico col precedente presidente della regione Toti, in carcere travolto da uno scandalo giudiziario.

A controprova si deve tenere presente che la destra ha vinto le elezioni regionali, portando Bucci al posto di Toti. Ergo la vittoria di Salis si è ristretta a Genova e ancora tutto ciò per l’inchiesta della magistratura e le rivelazioni uscite sui giornali.

E se guardiamo i numeri assoluti e non e non le percentuali, parlare di trionfo è un po’ esagerato. La coalizione di Salis ha ottenuto 124.720 preferemaze, quella dello sconfitto Piciocchi 107.091, 17 mila voti di distacco su circa 242 mila voti espressi.

Per la sua festa dei quarant’anni Silvia Salis, in abito lungo blu a mio giudizio un po’ troppo osé e molto poco istituzionale, ha occupato la fu Sala delle Grida del Palazzo della Borsa di Genova: musica dal vivo e taglio della torta a mezzanotte.

Erano 200 gli invitati fra i quali spiccavano Andrea Orlando, l’ex M5S Vincenzo Spadafora, Roberta Pinotti e Raffaella Paita. Completavano il quadro il direttore del Teatro Nazionale Davide Livermore, Claudio Bisio e Paolo Kessisoglu, il presidente di Music for Peace Stefano Rebora, Evelina Christillin, il ct della nazionale turca di calcio Vincenzo Montella, l’ex capo della comunità ebraica di Genova Ariel Dello Strologo e Paolo Damilano.

Non è granché a dire il vero (Christillin a parte) ma, secondo Fabrizio Roncone, del Corriere della Sera, tanto basta perché i neuroni di Giorgia Meloni ed Elly Schlein, per ragioni diverse, siano al lavoro sulla stessa segnalazione di pericolo imminente.

Le tormenta, scrive Roncone, una domanda ad alto potenziale drammaturgico: sul serio la tipa ha già messo nel mirino l’ambita poltrona da premier a Palazzo Chigi?

Le manovre di Renzi e Franceschini

Salis sarebbe stata individuata come ideale federatrice di un nuovo «centro» che guardi a sinistra, riformista, con attenzioni specifiche alle esigenze del mondo cattolico e a quello delle imprese, attento a contrastare certe campagne destrorse del governo e, però, poco incline a seguire alcune sfrenate passioni per i diritti civili. Secondo Roncone, a dirigere i lavori per la costruzione di questo soggetto politico, come si sa, c’è Matteo Renzi.  Che «per la Silvia», letteralmente, stravede. La immagina dentro un percorso identico al suo: da primo cittadino a presidente del Consiglio, bruciando tappe e avversari.

Dario Franceschini, che pure lavora allo stesso progetto nella penombra dell’officina trasformata in ufficio, quartiere Esquilino, Chinatown romana, approva l’identikit della prescelta, ma suggerisce: «Prima, però, facciamole almeno fare per un po’ il sindaco».

Lei, di solito, reagisce così: «Preferisco essere chiamata sindaca. Se comunque sindaco vi piace di più, tranquilli: mi volto lo stesso».

Comprensibili, le preoccupate suggestioni diffuse tra chi siede a Palazzo Chigi (Meloni) e chi lavora per andarci (Schlein): Salis è tosta e ambiziosa, testardamente ambiziosa è fresca, nuova, sicura, brillante, furba, bella, bionda, spregiudicata, spavalda e competitiva (dieci titoli italiani, due Olimpiadi e tre mondiali: lanciava con il martello, sport di una noia mortale, tutta fatica e forza bruta, ma ci sarà un motivo se non ha scelto danza).

In più, aggiunge Fabrizio Roncone, è consapevole d’essere diventata subito personaggio. E di possedere un talento mediatico non comune (francamente notevole davanti alle telecamere: sempre con frasi corte, nette, con concetti tondi, mai un’incertezza, il dono di apparire spontanea).

Al punto di fare il contro canto alla Meloni. Se quest’ultima disse: «Sono donna, sono cristiana, sono madre!», ora la Salis le fa il verso: «Sono madre, sono cattolica, sono moglie!».

La sua storia ha Inizio con la mamma Tamara, impiegata comunale, e il padre Eugenio, storico militante comunista e custode dell’impianto d’atletica Villa Gentile, nel quartiere genovese di Sturla («Una sera, da neopatentata, rimasi senza benzina.

Lui arrivò in soccorso con una tanica e mi disse: «Ricordati che sei figlia di un operaio, nella vita non puoi permetterti di essere imbecille»).

Quando lascia l’attività agonistica, prosegue il racconto di Roncone, Silvia diventa vicepresidente vicario del Coni. Un’intuizione di Giovanni Malagò. Che però resta abbastanza sorpreso il giorno in cui fra i nomi dei suoi possibili successori comparve il nome di Silvia e lei invece di dire no, beh, scusate, c’è Giovanni, non scherziamo, lascio che il nome girasse

Il suo attivismo impressiona. A Genova, il 30 agosto, partecipa al corteo a sostegno delle prime quattro imbarcazioni della flotta italiana della Global Sumud Flotilla, diretta verso Gaza.

A Sant’Anna di Stazzema («Il fascismo è un mutaforma»). Nelle Marche da Matteo Ricci («I moderati devono consolidare il loro campo»). Poi accoglie Roberto Saviano al teatro Politeama. Sfila al Gay pride. Allestisce una giunta rosa: 7 donne su 12. La sua amministrazione registra 11 figli da coppie di donne. Quindi va alla Festa dell’Unità di Reggio Emilia e parla di «sicurezza» (argomento caro a Matteo Salvini) e urla che bisogna «vincere!»(verbo dal rimbombo fascista che, a sinistra, è impronunciabile). Sarà presente alla prossima Leopolda renziana.

Non è un underdog. E l’abbiamo vista arrivare, conclude Fabrizio Roncone.

Silvia Salis premier? chiede Carmelo Caruso sul Foglio, spalmando sale sulla ferita. Ci stanno lavorando tutti è la risposta. Anche l’ex ministro del M5s, Vincenzo Spadafora, l’ostetrico dei governi Conte I e II. Non confondetela. È l’altra. Super Salis, mamma

Salis, la sindaca di Genova. Ascoltate Giovanni Toti: “È sveglia, tenace, ambiziosa”.

Lavorano alla sua possibile scalata, prosegue Caruso, Dario Franceschini e Matteo Renzi, ma ci lavorano anche gli amici del marito regista, cinematografari romani, editorialisti di Repubblica. Non dispiace s Mediaset, incuriosisce gli amici di Sergio Mattarella. Epoi c’è sempre Giovanni Malagò”.

Gira il coltello nella piaga Daniela Ranieri sul Fatto,  la quale a riprova che Salis forse non è una semplice Boschi, ma una potenziale Renzi, elenca “qualche circostanza”:

1) dice il Foglio che adesso “la segue Marco Agnoletti”, già portavoce:di Matteo, quindi si fa sul serio;

2) ha festeggiato i 40 anni con un mega-compleanno kitschissimo a Palazzo della Borsa con 200 ospiti tra vip e membri di pregiati cda;

3) ha assicurato di “volersi occupare di Genova” che suona un po’ come l’#enrico stai sereno al pesto.

A destra regna una certa indifferenza. Quasi ci si abbandona al pettegolezzo.

Sul Secolo d’Italia Annamaria Gravino racconta “la reazione di fuoco di Schlein per Silvia Salis su Vanity Fair”.

«Ieri la segretaria del Pd – scrive sul Giornale Augusto Minzolini – ha fatto sapere alla sindaca di Genova di non aver gradito per nulla (in privato ha usato un linguaggio colorito) la ripubblicazione con grande foto sul sito di “Vanity fair” di un’intervista della Salis del numero di agosto in cui capeggia la frase (di Salis): “La sinistra deve identificare una persona che può vincere, e riconoscerla come leader”». L’occhiello prosegue avvertendo che «se non sapete chi sia Silvia Salis, leggete che cosa ci racconta e poi chiedetevi: ma non potrebbe essere lei?».

Più o meno nelle stesse ore, prosegue Annamaria Gravino, ci sono stati gli endorsement da Dario Franceschini a Matteo Renzi. Franceschini, l’altro ieri in un’intervista a Repubblica, ha parlato di Silvia Salis come papabile per mettere in piedi una lista centrista, Matteo Renzi ha detto che, al fianco di Pd, M5S e Avs, «io sto cercando, possibilmente con Silvia Salis, Gaetano Manfredi, Alessandro Onorato, con tanti sindaci che vorranno starci, di costruire una quarta gamba che è la casa dei riformisti».

Però, rivela Wanda Marra sul Fatto, c’è qualcosa che stona. L’attenzione è già troppa, le azioni arrivate rapidamente alle stelle rischiano di scendere altrettanto precipitosamente, Genova non può apparire come un taxi e soprattutto il fu Rottamatore – presentato come Pigmalione – rischia di essere un boomerang senza ritorno. Salis lo ha capito e ci ha tenuto a precisare: “Parteciperò ma non aprirò la Leopolda, vado a Firenze come sono andata in tutte le feste dell’Unità del Pd, i civici è giusto facciano così”.

L’esigenza è quella di prendere le distanze da Renzi, di chiarire che non è una sua creatura. Cosa, peraltro, che chiunque la conosca bene è pronto a giurare: lei è una che gioca per sé, una macchina programmata per vincere e scalarele vette del potere. E così le voci si sprecano: Brizzi sarebbe in prima linea per affinare la strategia, per chiedere a Renzi di fare “un passo di lato” nel sostegno sfegatato alla sindaca.“

La politica la lascio fare a mia moglie, non interferisco mai” , tiene a dire lui al Fa t t o , che pure

Renzi l’ha incontrato anche di recente, il 5 luglio all’incontro di Italia Viva a Genova. Peraltro, i due sono in contatto da più di un decennio (Brizzi era il regista delle prime Leopolde, il proprietario di un loft in cui il Renzi dei tempi d’oro teneva le riunioni con i suoi). E di certo, lo stesso ex premier ha chiaro che il suo può essere l’a b b ra c c i o della morte.

In questo quadro suona sinistra, come una speci di excusatio non petita,  la frase: “Non ho mire nazionali, lavorerò per Genova”, riportata da Cesare Zapperi il 27 maggio 2025 sul Corriere. 

Intanto, sospetta Marra, Silvia Salis ha l’ambizione di diventare leader del partito dei sindaci e per questoha convocato a Genova una assise di sindaci.

I suoi colleghi dell’Anci riferiscono: “Ci ha convocato a Genova per questo fine settimana e si è inventata la formula ‘C21’.

Fa prove da G20”. Sapete come è andta? chiede il Foglio. La riunione dei sindaci doveva convocarla Matteo Lepore, a Bologna, schleiniano, ma Salis gli ha risposto: “è il momento di Genova”. Ha vinto Genova.

L’esito è stato poi osannato in un post su Instagram. Con quello che un vecchio genovese considero un grave errore, quando Salis conclude il suo lungo post con questa pellegrina affermazione: di avere scoperto uno dei palazzi più affascinanti della nostra città.

Ma se sei di Genova, non puoi non avere mai visto una volta nella tua vita il getto che hai compiuto quarant’anni palazzo ducale una volta sede del Ducato, prigione, dove è stato detenuto Marco Polo e poi sede del palazzo di giustizia e della procura della Repubblica e poi sede di tante feste e di tante occasioni di Gioia per i genovesi che. Che genovese sei se non lo conosci?

L'articolo Salis sul pesto della politica, indigesto a Schlein: ma come si fa a non conoscere Palazzo Ducale proviene da Blitz quotidiano.

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