Shinobi mi ha ingannato: la recensione del gioco che ti prende in giro

La cosa bella è che Shinobi: Art of Vengeance inizia benissimo. Ma davvero bene. Ti prende subito per mano e ti insegna, con chiarezza, come funziona il suo sistema di combattimento. Basta vedere un qualsiasi trailer per capire che il combat system guarda ai grandi stylish action come Devil May Cry o Bayonetta, reinterpretandoli in chiave bidimensionale. È possibile concatenare combo lunghe ed inserire schivate perfette che permettono di riprendere subito l'offensiva, fino a costruire sequenze spettacolari e infinite. È un sistema che dà soddisfazione, che ti spinge a migliorare, a memorizzare pattern e tempistiche.
Qui non siamo davanti a un arcade super veloce e immediato alla Ninja Gaiden Ragebound, no, perché Shinobi ti chiede di imparare, e ti ripaga con un gameplay più ricco. Ci sono le magie, i cosiddetti ninpo, che si possono equipaggiare fino a quattro per volta, ci sono gli amuleti che potenziano le abilità, ci sono le super mosse. Non è un sistema invadente o pesante da gestire, ma ben calibrato, di sicuro abbastanza complesso da invogliarti a sperimentare, senza essere ingombrante.
Una cosa che non convince pienamente riguarda l'esecuzione delle magie nimpo, o meglio, la loro effettiva portata, spesso un po' limita, rigida. Sembra che il tutto sia stato confezionato per non dare troppa potenza in mano al giocatore, ma finisce di dare l'impressione che la meccanica sia legnosa, decisamente meno coesa rispetto agli attacchi con spada.
E poi però c'è lo stile, e su quello c'è poco da rimproverare. Le ambientazioni, disegnate a mano, si muovono con una parallasse intelligente che dà profondità a scenari che sembrano veri e propri dipinti in movimento. È bello, funziona, e sa raccontare molto dell'anima del gioco già nei primi minuti. Certo, non tutto è perfetto: alcune animazioni del protagonista sono lievemente scattose, specialmente nei movimenti più estremi come il salto e la corsa sulle pareti. Forse una scelta stilistica un po' divisiva, anzi lo è di sicuro con ogni probabilità, ma non intacca più di tanto l'impatto complessivo, che rimane accattivante e coerente con l'impronta visiva che Lizardcube ha scelto.
È qui che arriva la delusione: l'estetica inganna. Perché quando ti ritrovi davanti a un combat system così curato nelle animazioni, a scenari che sembrano dipinti e a un'introduzione ritmata e ben congegnata, pensi davvero di avere tra le mani un titolo di grandissimo livello. E nei primi stage, questa impressione ti accompagna costantemente. Poi, però, iniziano ad emergere le crepe.
La struttura del gioco è organizzata in macro-livelli rigiocabili, quasi in stile metroidvania: si avanza, si sbloccano checkpoint, e dal menù ci si può teletrasportare liberamente tra i vari punti raggiunti. Ogni livello vive di luce propria, con un boss di fine stage da affrontare, collezionabili sparsi qua e là, monete da raccogliere per fare acquisti al mercante e persino arene segrete dove mettere alla prova le proprie abilità in cambio di ricompense extra.
Il problema è che, man mano che si va avanti, ci si accorge che non tutto funziona come dovrebbe. Quando si combatte, Shinobi: Art of Vengeance sa davvero brillare, ma appena il gioco chiede di affrontare le sezioni di raccordo, la magia svanisce.
Le fasi platform sono, semplicemente, poco riuscite. Trovi lanciafiamme da schivare, seghe circolari da evitare, percorsi costellati di ostacoli: nulla di nuovo, ma soprattutto nulla di davvero divertente. E la colpa è tanto del level design quanto del sistema di movimento, che pur essendo discreto in combattimento, qui mostra tutti i suoi limiti. Non è super preciso, non è scattante, è un po' impastato, e invece di spingerti ad affrontare queste sezioni con entusiasmo, finisce per rendere l'esperienza tediosa, quasi una forzatura da superare per tornare a fare quello che il gioco sa fare meglio, cioè combattere.
Le sezioni platform non solo sono poco divertenti, ma anche piuttosto punitive, soprattutto se non siete grandi appassionati del genere. Ci sono intere fasi in cui lo scenario è pieno di spine e trappole, organizzate a scaglioni: prima un percorso che ti "insegna" la meccanica, poi lo stesso concetto viene ripetuto due o tre volte, con varianti sempre più ostiche. Peccato che, se al terzo segmento sbagli, il gioco ti costringa a ricominciare dal primo, con checkpoint piazzati in maniera davvero poco generosa.
A peggiorare la situazione ci sono i danni ambientali, che alla difficoltà consigliata dal gioco (la cosiddetta modalità Shinobi, cioè quella "normale") sono incredibilmente punitivi. Basta toccare una sega circolare o cadere sulle spine per perdere una quantità spropositata di vita e tornare al punto di partenza della sezione, spezzando del tutto il ritmo dell'azione. E il problema non è solo la difficoltà: anche riducendo i danni dalle opzioni, o personalizzando l'esperienza con i vari modificatori, resta la sensazione che queste sezioni non siano davvero ben costruite, e che alcune collisioni con le trappole siano state calcolate male. Sono ridondanti, ripetitive, e soprattutto poco stimolanti.
Mi sono accorto più volte, mentre ci giocavo, che non vedevo l'ora di finirle per tornare a combattere. È vero, qualche eccezione c'è: ad esempio quando si ottiene il rampino, il level design sembra respirare, offrendo un assaggio di varietà più riuscita. Ma anche lì, invece di sfruttare l'idea in maniera ricorrente per farti sentire in crescita, il gioco la introduce, la usa poche volte e la archivia, passando subito ad altri ostacoli. Come se lo scopo non fosse mai quello di farti padroneggiare un'abilità e sentirti migliorato, ma solo di metterti davanti a un nuovo distrattore, un nuovo dispetto da togliere di mezzo per dare più corpo al tutto e allungare il brodo.
È un peccato, perché Shinobi: Art of Vengeance mostra spesso sprazzi di grandezza. La varietà dei nemici è notevole: ci sono tipologie diverse, ognuna con pattern specifici che richiedono strategie differenti. Anche i livelli sono molto differenti tra loro: uno spettacolo di lanterne, una città Neo City tutta brandizzata SEGA, un mercato del pesce, insomma, la varietà estetica e di design c'è tutta, ma manca quella scintilla di genialità che rende ogni livello unico nel suo genere, che ricordi con piacere.
Per fare un paragone, in titoli recenti come The Rogue Prince of Persia, il sistema di movimento rende il platforming davvero divertente e creativo. Qui invece, il platforming resta scolastico e, per le punizioni frequenti e la struttura basica del design, anche piuttosto tedioso.
Il cuore del gioco, come ripetuto più volte, rimane comunque nei combattimenti: guarda caso i boss sono ben progettati, con schemi comportamentali inizialmente criptici, ma divertenti da affrontare una volta compresi. Purtroppo, man mano che si avanza, il sistema di combattimento perde un po' di brillantezza: troppi nemici, troppa vita, combattimenti che diventano confusi e meno gratificanti. È chiaro che gli sviluppatori avevano gli strumenti per creare qualcosa di davvero speciale, ma alcune scelte di design ne hanno ridotto l'efficacia.
Nonostante tutto, il gioco offre otto/dieci di ore di contenuto, con stage bonus, segreti e collezionabili che spingono a esplorare i livelli più di una volta, fornendo comunque un'esperienza abbastanza consistente per gli amanti del genere.
Shinobi: Art of Vengeance è disponibile nel formato digitale su PS5, Nintendo Switch, Xbox Series X|S e PC al prezzo di 29,99€, mentre in edizione fisica ha un costo di 40,99€.
Il codice digitale per questa recensione è stato fornito da SEGA, che non ha avuto un'anteprima di questo contenuto e non ha fornito alcun tipo di compenso monetario. Potete leggere maggiori informazioni su come testiamo e recensiamo dispositivi su SmartWorld a questo link.
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