Sovrappeso e salute, nuova scoperta scientifica: il paradosso che potrebbe allungare la vita
Il paradosso che potrebbe allungare la vita, il nuovo – incredibile – studio tra sovrappeso e stato di salute: cosa è stato scoperto.
Una recente indagine scientifica danese, presentata durante il congresso dell’Associazione Europea per lo Studio del Diabete (EASD), ha sollevato nuove riflessioni sul rapporto tra sovrappeso e longevità, sfidando la convinzione tradizionale che la magrezza sia sempre sinonimo di salute migliore e vita più lunga.
Lo studio suggerisce infatti che un leggero e moderato eccesso di peso potrebbe essere associato a una riduzione del rischio di mortalità precoce rispetto a condizioni di magrezza o sottopeso.
Nuove evidenze sul peso corporeo e aspettativa di vita
L’indice di massa corporea (BMI), strumento biometrico largamente utilizzato per valutare lo stato ponderale, viene calcolato dividendo il peso corporeo per il quadrato dell’altezza. Storicamente, il BMI compreso tra 18,5 e 25 è considerato normopeso, valori superiori indicano sovrappeso (fino a 30) e obesità oltre questa soglia, con gravità crescente. La diabetologa Sigrid Bjerge Gribsholt, coordinatrice della ricerca e docente all’Università di Aarhus, ha spiegato come le evidenze scientifiche sull’intervallo di BMI associato alla minore mortalità siano state a lungo contrastanti.
«In passato si riteneva che il range ottimale fosse tra 20 e 25, ma oggi, grazie ai progressi della medicina e alle migliori condizioni di salute generali, questo intervallo potrebbe essersi spostato», ha dichiarato. Il team di ricerca ha analizzato dati clinici di oltre 85mila cittadini danesi, esaminando la correlazione tra BMI e mortalità nel corso di un follow-up quinquennale. Ne è emersa una curva di sopravvivenza a forma di U, con mortalità più elevata agli estremi del BMI: persone con grave obesità e individui sottopeso. Lo studio ha evidenziato che chi presenta un BMI inferiore a 18,5, quindi in condizione di sottopeso, ha un rischio di mortalità quasi triplo rispetto a chi si trova nella parte alta della fascia normopeso (BMI tra 22 e 25).
Analogamente, le persone con obesità severa (BMI oltre 40) mostrano un rischio doppio rispetto ai normopeso. Sorprendentemente, all’interno della fascia considerata normopeso, la mortalità è risultata significativamente più alta nelle persone con BMI tra 18,5 e 20 e anche nel range 20-22,5 rispetto a chi ha un BMI più elevato, tra 22,5 e 25. Inoltre, chi si colloca nella categoria sovrappeso o con obesità lieve registra tassi di mortalità simili a quelli dei normopeso più alti. Questi risultati sono stati confermati anche dopo aver corretto i dati per variabili come sesso, stato socioeconomico e presenza di malattie croniche, rafforzando l’ipotesi che un leggero eccesso di peso possa non essere necessariamente dannoso e, in alcuni casi, addirittura protettivo.

Una possibile spiegazione di questo fenomeno riguarda la presenza di individui con sovrappeso metabolico sano, ovvero persone che, pur avendo un BMI elevato, non manifestano problemi metabolici come diabete o ipertensione. Per questi soggetti, un po’ di grasso in più potrebbe rappresentare una riserva utile per affrontare malattie o eventi stressanti, riducendo il rischio di mortalità. Tuttavia, Gribsholt evidenzia anche la possibilità di una causalità inversa: «Alcune persone potrebbero perdere peso a causa di malattie silenti, e in questi casi è la patologia a causare un aumento del rischio di morte, non il peso ridotto in sé».
Inoltre, potrebbero esistere caratteristiche protettive non ancora identificate in chi presenta un BMI più alto e vive più a lungo. Un punto chiave sottolineato dagli autori è la limitata affidabilità del BMI come indicatore unico della salute metabolica e del rischio associato al peso corporeo. Il BMI non distingue tra massa magra e massa grassa né considera la distribuzione del grasso, aspetti cruciali per la valutazione del rischio. Il coautore Jens Meldgaard Bruun ha puntualizzato: «La distribuzione del grasso è fondamentale. Il grasso viscerale, situato in profondità nell’addome e attorno agli organi, è metabolicamente attivo e può generare sostanze dannose per la salute, aumentando il rischio di diabete e ipertensione. Al contrario, il grasso localizzato su fianchi, glutei e cosce ha un impatto minore».
Questa distinzione porta alla necessità di un approccio personalizzato nel trattamento dell’obesità, in cui non sia solo il peso complessivo a determinare gli obiettivi terapeutici, ma anche la qualità e la distribuzione del tessuto adiposo, nonché la presenza di patologie metaboliche associate. L’indagine danese, dunque, invita a una revisione delle categorie tradizionali di peso e salute, sottolineando l’importanza di valutazioni più sofisticate e individualizzate per comprendere appieno il legame tra composizione corporea, malattie metaboliche e aspettativa di vita.
L'articolo Sovrappeso e salute, nuova scoperta scientifica: il paradosso che potrebbe allungare la vita proviene da Blitz quotidiano.
Qual è la tua reazione?
Mi piace
0
Antipatico
0
Lo amo
0
Comico
0
Furioso
0
Triste
0
Wow
0




