Urbanistica a Milano, il Riesame affonda l’indagine della Procura: “Catella? Nessuna prova di un patto corruttivo”

L’inchiesta sull’Urbanistica di Milano, l’indagine condotta dalla Procura sulle nuove costruzioni che hanno segnato la sviluppo immobiliare del capoluogo lombardo, continua a ricevere colpi durissimi.
L’ultimo arriva dalla motivazioni del Tribunale del Riesame in merito alla revoca della misura degli arresti domiciliari disposta dal gip Mattia Fiorentini nei confronti di Manfredi Catella, il Ceo di Coima, la società principale responsabile delle modifiche allo skyline di Milano con i suoi progetti immobiliari.
Secondo il collegio del Riesame, che lo scorso 23 agosto ha rimesso in libertà Catella, accusato di corruzione per il caso del cosiddetto ‘Pirellino’, gli atti dell’indagine della Procura sull’urbanistica “non hanno dimostrato” la sussistenza di un accordo corruttivo tra Catella e l’architetto Alessandro Scandurra, componente della Commissione paesaggio.
In particolare i magistrati, come riferisce l’Ansa pubblicando stralci delle motivazioni, scrivono che “nel caso di specie le risultanze in atti non hanno dimostrato che tra Scandurra e Catella si sia formato e fosse operativo” nel corso dei due mandati in cui l’architetto è stato componente della Commissione, dal 2019-2021 e dal 2021-2014, “un accordo i cui termini (…) implicavano un pregiudizievole esercizio in favore del privato Catella dei poteri attribuiti al pubblico ufficiale beneficiato tramite incarichi di progettazione”.
Per quegli incarichi, aggiungono i magistrati col collegio, Scandurra ha ricevuto compensi leciti anche perché “non vi è traccia di sovrafatturazioni o di fatture false”.
Per il Tribunale le remunerazioni da parte di Coima a Scandurra non sono indebite. “Non sussistono concrete e pregnanti evidenze – prosegue l’atto depositato questa mattina – sulla base delle quali ritenere che gli incarichi di progettazione siano stati affidati a Scandurra in ragione della sua funzione pubblica e non dell’attività di libero professionista”. Inoltre, sottolinea ancora il collegio, “in nessuno dei messaggi rinvenuti e trascritti scambiati tra i soggetti coinvolti nella vicenda in esame, ivi compreso Catella, si coglie alcun riferimento all’esistenza di un patto corruttivo, né si palesa alcuna sollecitazione da parte dei privati affinché Scandurra si adoperasse positivamente coltivando adeguatamente il loro interesse”.
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