Verso la Striscia di Gaza anche se temiamo i raid: lo dobbiamo a chi crede nella pace

Ottobre 1, 2025 - 15:30
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Verso la Striscia di Gaza anche se temiamo i raid: lo dobbiamo a chi crede nella pace

Siamo ormai a meno di 200 miglia dalle acque di Gaza. Sappiamo ormai in maniera abbastanza certa che le autorità israeliane proveranno a fermare la Flotilla questa notte attraverso un’azione di dissuasione se non addirittura un’intercettazione delle barche, compresi gli equipaggi, che verranno prelevati e poi messi agli arresti. È l’ipotesi più probabile quella che durante tutte le conversazioni che stiamo avendo a ogni livello si sta facendo oggettivamente strada.

Sapevamo che questa missione era ad alto rischio e non abbiamo mai nascosto i pericoli di una possibile intercettazione o di un blocco, che sarebbe scattato, nelle nostre previsioni, molto vicino alle acque di Gaza. Non avevamo però immaginato che durante il cammino ci sarebbero stati più e più tentativi di fermare o rallentare questa flotilla. L’episodio dell’attacco dei droni, ormai di cinque sere fa, resta un fatto clamoroso, che resterà negli occhi nostri, ma anche di milioni e milioni di persone, come una delle grandi ferite del diritto internazionale: è stata ferita qualsiasi forma di legalità.

E’ stata costruita un’operazione militare ai danni di decine e decine di volontari inermi, che non hanno fatto altro che portare degli aiuti umanitari. È un fatto senza precedenti. E purtroppo i governi occidentali non gli hanno dato il giusto peso, non ne hanno riconosciuto l’estrema gravità, e si sono limitati soltanto a segnalare il pericolo. Ma il pericolo non è la flotilla: il pericolo è il tradimento del diritto internazionale. Il pericolo viene da chi pensa di fermare nelle acque internazionali, attraverso atti di pirateria fuori da qualsiasi regola, 40 barchette! Sono 40 barchette che non trasportano nient’altro che cibo, acqua e medicinali.

Noi proseguiremo e proveremo ad arrivare a Gaza sapendo che è un’impresa praticamente impossibile, sappiamo che la cosa più probabile è ci bloccheranno. Posso dire di aver sempre immaginato che quella che stiamo seguendo fosse la strada giusta, e di aver risposto innanzitutto alla mia coscienza di cittadino, ma anche di uomo politico, che ha sempre sostenuto la causa della pace, della convivenza tra i popoli e della necessità di rimettere al centro la prospettiva di un popolo, quello palestinese, che è senza patria e senza potere e senza nessun santo in paradiso: senza nessun grande sostegno internazionale, sempre da solo a combattere per il proprio diritto all’autodeterminazione e per il proprio diritto ad avere un posto nel mondo.

Mi hanno colpito molto le parole del presidente Macron all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite quando ha dichiarato che i palestinesi non debbono sentirsi un popolo superfluo: io credo che in queste parole ci sia il nodo di fondo. E che sia questa la ragione che ha spinto questi 500 attivisti a mettersi in mare a loro rischio. Ed è anche la ragione dalla quale è nato un movimento che si è fatto immediatamente movimento generale, e che ha generato tantissime speranze ed emozioni in milioni e milioni di persone e che ha riportato tanti giovani all’impegno. Questo movimento ha mobilitato i governi, anche quando i governi, come quello italiano, hanno utilizzato dei toni sbagliati. Perché è riuscito a diventare immediatamente soggettività politica.

Quello che io auspico è che la flotilla, nelle sue eterogeneità, nella diversità tra le sue varie componenti anche molto distanti dalla mia cultura politica, si renda conto di avere un peso reale e di dover fare i conti con il tema del potere, del rapporto con i governi, del rapporto con chi poi deve prendere le decisioni. E che possa utilizzare questo peso negoziale per cambiare la condizione di un popolo.

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Redazione Eventi e News Redazione Eventi e News in Italia