A Gaza la tregua è appesa a un filo, Trump “No King” ha altro (Putin?) in testa: un quadro desolante

C’era una volta la tregua: è un’affermazione o un interrogativo? Dopo dieci giorni di tranquillità si riaccende la miccia sulla striscia di Gaza.
Hamas accusa Israele di aver ricominciato a bombardare, Tel Aviv risponde di aver ripreso le ostilità perché sono stati attaccati alcuni militari dell’IDF.
La vera pace (se di pace si poteva parlare) è durata lo spazio di un mattino. Gli aerei sono tornati a volare minacciosi sulla gente che ora ha di nuovo paura e mostra tutto il panico delle bombe che piovono dal cielo. Si fa nuovamente il conto dei morti: sono trentatrè in meno di ventiquattro ore.
C’è il pericolo dell’ennesima fuga in massa verso sud? Le immagini di un fiume di disperati che corre per raggiungere un territorio dove non si mangia e il tetto è una misera tenda dove si dorme in dieci in tre metri quadri?
Purtroppo, la situazione è tornata ad essere pericolosa. Israele ha immediatamente chiuso le porte degli aiuti alimentari. Centinaia di camion sono fermi ai confini, ma non hanno la possibilità di entrare. Questo è l’aspetto più feroce di una guerra che si voleva dimenticare.
Quale sarà il futuro non è facile prevederlo.
I tanti pensieri di Trump

Donald Trump sperava di essere stato l’autore di una “pace storica”, ma oggi si deve rendere conto che se non è tutto come prima poco ci manca.
Inoltre, il presidente ha molte gatte da pelare nella sua terra. Centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza perchè “non vogliono che gli Stati Uniti abbiano un re”. Non si scherza con queste marce e con milioni di cartelli sui quali è scritto “No King”. Se scrivessimo che il tycoon non è preoccupato diremmo una bugia. Ecco perchè di un suo nuovo intervento in Medio Oriente si parla poco, anzi per niente.
Trump riceve alla Casa Bianca Zelensky, ma non è più il presidente che ti stringe la mano e sostiene che tu sia una persona per bene con cui puoi discutere e trattare. No. Donald è tornato quello di una volta quando ricevette alla Casa Bianca il leader ucraino e lo maltrattò fin quasi ad allontanarlo dalla sua dimora.
Stavolta, il presidente ha fatto l’ennesima marcia indietro. Non vuole ripetere la figuraccia del quindici di agosto quando incontrò Putin in Alaska. Ora i due grandi del mondo si rivedranno a breve in quel di Budapest. Trump fa la voce grossa con Zelensky dicendogli che non se non cederà il Donbass alla Russia il capo del Cremlino distruggerà il suo Paese.
Tornato con un pugno di mosche in mano il numero uno ucraino non sa più a che santo votarsi. D’accordo: l’Europa è tutta dalla sua parte, gli aiuti militari non gli mancheranno, ma non saranno sufficienti a evitare la distruzione che ha in animo Putin.
A Gaza torna la paura
Così, tra Gaza e Tel Aviv, si torna ad avere paura ed a tremare dinanzi ad un ritorno della guerra che in Medio Oriente pare riaffacciarsi in modo evidente. Non si può escludere che il buon senso e l’intelligenza di chi è al potere innesti la marcia indietro parlando se non di pace almeno di una tregua che non duri poco più di una settimana. Una buona parte dei commentatori americani non è ottimista a proposito; ritiene che il ritorno ai bombardamenti ed alle incursioni dell’esercito israeliano contro gli attentati degli ultras di Hamas non siano un buon viatico per parlare di tregua.
Allora, gli stessi commentatori vanno alla ricerca di espedienti che facciano tacere le armi. Ce ne sono al momento in grado di riportare tranquillità in quella popolazione stremata dalle bombe, morta di fame e in cerca di un tetto dove poter dormire solo poche ore?
Mentre in Ucraina e in Medio Oriente si torna ad avere paura, nel nostro Paese le divisioni e le polemiche non accennano a diminuire. La sinistra è contro la destra che vuole abbattere la democrazia. Elly Schlein è contro Giorgia Meloni perché il giorno che se ne andrà lascerà un Paese con mille problemi. La maggioranza replica enumerando i progressi e i traguardi raggiunti in tre anni, l’opposizione non vive giorni tranquilli perchè il campo largo voluto a tutti costi dalla Schlein mostra le sue crepe ed ha difficoltà ad andare avanti.
Giuseppe Conte (che sogna di essere lui il leader della sinistra) deve vedersela adesso con quella minoranza (per ora) che non vuole continuare ad essere un cespuglio del Pd. Creerà una nuova corrente la dimissionaria Chiara Appendino, numero due del Movimento?
Nemmeno il vile attentato a Sigfrido Ranucci mette d’accordo le nostre forze politiche che si combattono senza esclusione di colpi. Il giornalista è vittima di chi, da intransigente, pensa sia un complotto di destra a volerlo far fuori.
Lui è di avviso diverso, non crede ai mandanti politici e spera che i responsabili vengano acciuffati presto. Quando si finirà di prendersi a botte e di pensare solo al progresso del Paese, qualunque sia il colore politico che lo guiderà? Possibile sia soltanto una speranza?
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