L’Fmi sollecita l’Ue a creare un debito comune per finanziare energia, difesa, ricerca e sviluppo

«L’Europa si trova ad un bivio cruciale. La crescita è troppo bassa e non mancano le sfide che potrebbero peggiorare ulteriormente la situazione. Ma l’Europa ha una scelta. La nostra analisi dimostra che riforme coraggiose e globali possono eliminare molti degli ostacoli che frenano l’economia. I responsabili politici sanno cosa c’è da fare: è ora di agire». A pronunciare queste parole è Alfred Kammer, capo del Dipartimento europeo del Fondo monetario internazionale (Fmi), che in occasione del meeting annuale ha presentato un’approfondita analisi su quel che dovrebbe fare il nostro continente per fronteggiare le sfide economiche e commerciali che arrivano tanto dagli Stati Uniti quanto dalla Cina. «A sei mesi dalla nostra precedente relazione, l’Europa continua ad affrontare un contesto macroeconomico difficile: le tensioni commerciali e l'incertezza frenano gli investimenti e la crescita a breve termine, mentre le prospettive a medio termine del continente rimangono modeste. Sebbene l’Europa abbia saputo gestire con competenza shock significativi, il loro impatto persistente sta iniziando a pesare sulle prospettive economiche e fiscali. Il vivace dibattito in Europa su come aumentare la produttività e la crescita sottolinea una comprensione condivisa della necessità di riforme; tuttavia, non sono ancora state intraprese azioni decisive. Ritardare o abbreviare le riforme potrebbe comportare costi economici e sociali sostanziali».
Secondo il capo del Dipartimento europeo Fmi ci sono una serie di riforme che «stimolino la crescita» da attuare e di politiche economiche che l’Ue dovrebbe mettere sul tavolo, perché «gli attuali piani sono insufficienti per gestire le enormi pressioni fiscali che gravano sull’Europa». Ma c’è soprattutto una decisione troppo a lungo rimandata e che invece è urgente assumere ora, spiega tra l’altro all’agenzia Reuters Alfred Kammer: l’Unione europea dovrebbe ricorrere a prestiti congiunti per finanziare beni pubblici europei come la difesa, la ricerca e lo sviluppo e l’energia. Il problema è che il prestito congiunto da parte dei paesi dell’Ue è sempre stato e continua a essere un argomento molto controverso tra gli Stati comunitari. La Germania, che è la più grande economia del blocco, ha tradizionalmente assunto posizioni di freno, ma anche diversi altri paesi dell’Europa settentrionale sono fortemente contrari. L’Ue ha infranto il tabù nel 2020 quando ha contratto un prestito congiunto di 800 miliardi di euro per rilanciare l’economia europea dopo la pandemia di Covid-19, e da allora l’opzione di ulteriori prestiti congiunti, sebbene ancora molto difficile, è stata oggetto di dibattito pubblico. Ora, con la minaccia dell’aggressione russa in Europa e la conseguente necessità di aumentare le spese per la difesa, unita alla concorrenza commerciale da parte della Cina e all’offensiva sui dazi lanciata dagli Stati Uniti, l’argomento va ripreso.
«Stiamo suggerendo concretamente di più che raddoppiare la spesa dell'Unione europea per questi beni pubblici, passando dallo 0,4% del Rnl (reddito nazionale lordo) allo 0,9% del Rnl», ha detto Kammer in un'intervista. Tale aumento sarebbe pari a circa 100 miliardi di euro (117 miliardi di dollari). «Abbiamo un altro consiglio, ovvero finanziare questo aumento del bilancio dell'Ue con un debito comune per pagare questi beni europei, perché sono indispensabili, devono essere realizzati, i benefici vanno a tutti e bisogna assicurarsi che inizino ad accumularsi subito», ha affermato il membro del Fondo monetario internazionale. «E con questo, ovviamente, si dovrà ripagare il debito nel tempo. Per farlo, è necessario aumentare le risorse proprie (entrate del bilancio dell'Ue). Quindi non esitate a pensare a un debito comune per interessi comuni», ha concluso rivolgendosi ai Paesi europei.
Il finanziamento congiunto per creare un mercato europeo dell’energia sarebbe una novità: l’Ue non solo deve passare dall’uso di combustibili fossili a fonti energetiche a emissioni zero, ma anche costruire reti transfrontaliere per trasportare l’elettricità in tutto il blocco. Investire nella ricerca, nello sviluppo e nell'innovazione andrebbe anche a vantaggio di tutti i 27 paesi dell'Ue e dei 450 milioni di cittadini dell'Unione. «Questi beni pubblici sosterranno molti altri sforzi di riforma, quindi sono fondamentali per andare avanti», ha spiegato Kammer, aggiungendo che è necessario un meccanismo di coordinamento a livello Ue e che ciò consentirebbe di risparmiare denaro. «Un maggiore coordinamento a livello europeo sul mercato dell’energia elettrica consente di risparmiare il 7% dei costi della transizione verso l’energia pulita», ha sottolineato Kammer. «Altri studi hanno dimostrato che, per quanto riguarda la spesa per la difesa, passando ad appalti comuni e ad uno sforzo più coordinato, si otterrebbe un risparmio del 30% rispetto agli sforzi a livello nazionale. È più economico farlo a livello europeo».
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