C'è una magia sottile che scorre nei giochi della saga Atelier. Non è quella degli incantesimi spettacolari o delle battaglie epiche contro divinità. È una magia più intima, fatta di piccoli gesti, di ingredienti raccolti tra i fiori, di giornate scandite dal sole che tramonta dietro una collina. È la magia dell'alchimia, certo, ma anche quella della crescita, della scoperta e dell'amicizia.
Quando pensiamo ai grandi nomi del JRPG, ci vengono in mente titoli come Final Fantasy, Suikoden, Xenoblade. Eppure, da oltre venticinque anni, Atelier continua a esistere, a evolversi, a raccontare storie che sembrano sussurrate più che gridate. È una saga che non cerca di imporsi, ma di farsi amare. E chi ci entra, spesso non ne esce più.
Questo editoriale è un viaggio. Un viaggio attraverso le epoche di Atelier, dalle sue origini dimenticate ai successi moderni. Ma è anche un invito: a riscoprire, a rivalutare, a lasciarsi incantare. Perché Atelier non è solo una serie di giochi. È un modo di vedere il mondo.
Capitolo I. Prima dell'alchimia: Gust e le radici
[caption id="attachment_1106295" align="aligncenter" width="1177"] Atelier Marie è stato il principio della saga, questa la copertina della versione Plus, versione Plus che ha cominciato a piacere molto a Gust[/caption]
Gust Corporation nasce nel 1993 a Nagano, inizialmente come sviluppatore di software per PC. Il nome "Gust" deriva dal termine inglese per "raffica di vento", a simboleggiare il desiderio di portare una ventata di novità nel mondo videoludico.
Il concept di Atelier nacque da una volontà precisa: creare un RPG che non fosse incentrato sul combattimento, ma sulla vita quotidiana, sull'artigianato, sull'interazione sociale. Un'idea controcorrente, in un'epoca dominata da Final Fantasy e Dragon Quest.
Per capire Atelier, bisogna tornare indietro. Non al 2009, quando Atelier Rorona arrivò su PlayStation 3 e fece conoscere la saga a molti giocatori occidentali. Ma ancora prima. Al 1997, in Giappone, quando Gust Corporation - allora una piccola software house - pubblicò Marie no Atelier: Salburg no Renkinjutsushi per PlayStation.
Marie non era un RPG come gli altri. Non c'erano guerre da combattere, né mondi da salvare. C'era una giovane apprendista alchimista, Marie, che doveva imparare il mestiere, gestire il suo tempo, raccogliere materiali e creare oggetti. Il gioco aveva una struttura a tempo limitato: cinque anni in game per completare il proprio obiettivo. Ma più che una corsa contro il tempo, era un invito a vivere ogni giorno con attenzione.
Il successo fu discreto, ma sufficiente a generare un seguito: Elie no Atelier nel 1998, e poi Lilie no Atelier nel 1999. Questi titoli formarono la cosiddetta "trilogia di Salburg", ambientata nello stesso mondo, con personaggi ricorrenti e una filosofia comune: l'alchimia come mestiere, la protagonista come figura centrale, il tempo come risorsa da gestire.
In quegli anni, Atelier era una saga di nicchia, confinata al Giappone. I giochi non vennero mai localizzati, e solo i fan più accaniti riuscirono a giocarli tramite traduzioni amatoriali. Ma già allora si delineava un'identità precisa: Atelier non voleva essere come gli altri. Voleva essere sé stesso.
La trilogia di Salburg è ancora oggi considerata il fondamento tematico e ludico della saga. Introduce il concetto di laboratorio, di commissioni, di relazioni con gli NPC che influenzano il mondo. E soprattutto, stabilisce il tono: Atelier non è un gioco di potere, ma di crescita. Non si tratta di diventare eroi, ma di diventare sé stessi.
Capitolo II. Gramnad: l'espansione del sogno
[caption id="attachment_1106296" align="aligncenter" width="1920"] La saga di Gramnad, dove Gust ha provato a migliorarsi[/caption]
Dopo Salburg, Gust decise di espandere l'universo narrativo di Atelier con una nuova ambientazione: Gramnad. Questa saga, composta da Judie no Atelier (2002) e Viorate no Atelier (2003) è spesso dimenticata dai fan occidentali, complice la mancata localizzazione. Eppure, rappresenta un'evoluzione importante, sia a livello narrativo che ludico.
In Judie no Atelier, la protagonista Judie viene catapultata 200 anni nel futuro a causa di un esperimento alchemico fallito. Il gioco abbandona la struttura a tempo limitato e introduce un sistema più libero, dove il giocatore può esplorare il mondo senza pressioni temporali. È un cambiamento radicale, che anticipa delle scelte future della saga.
Judie è una figura affascinante: ironica, intelligente, ma anche malinconica. Il suo viaggio non è solo fisico, ma anche emotivo. Deve adattarsi a un mondo che non conosce, ricostruire la sua identità, trovare un nuovo scopo. Il tono del gioco è più maturo, più riflessivo, e la narrazione si fa più ambiziosa.
Viorate no Atelier, invece, torna a una struttura più classica, ma con una protagonista decisamente fuori dagli schemi. Viorate è una ragazza di campagna che sogna di aprire una bottega alchemica nel suo villaggio. Il gioco introduce un sistema di gestione economica, con la possibilità di vendere oggetti, espandere il negozio, attirare clienti. È quasi un gestionale, ma con il cuore di un Atelier.
La saga di Gramnad è importante perché mostra la volontà di Gust di sperimentare. Non si accontenta di replicare il successo di Salburg, ma cerca nuove strade, nuovi temi, nuove meccaniche. E lo fa sempre con delicatezza, con quella magia che rende Atelier unico.
Capitolo III. Atelier Iris e Mana Khemia: l'alchimia incontra l'avventura
[caption id="attachment_1106297" align="aligncenter" width="1200"] Atelier Iris ha cominciato a far conoscere la saga e a migliorarne le meccaniche[/caption]
Prima di Rorona, prima della "rinascita" su PlayStation 3, c'è stato un momento in cui Atelier ha cercato di reinventarsi. Un momento in cui Gust ha deciso di avvicinarsi al pubblico occidentale, proponendo una versione più "classica" del JRPG, senza però rinunciare alla sua identità. Quel momento si chiama Atelier Iris.
Pubblicato tra il 2004 e il 2006 su PlayStation 2, Atelier Iris è una trilogia che rappresenta una svolta: per la prima volta, la saga abbandona la struttura gestionale e si avvicina a un gameplay più narrativo e avventuroso. Il crafting rimane centrale, ma viene integrato in un sistema di combattimento più dinamico, con dungeon, boss e una trama più articolata.
Il primo Atelier Iris: Eternal Mana è ambientato nel mondo di Regallzine e segue le vicende di Klein, un giovane alchimista che viaggia alla ricerca della conoscenza. Il gioco introduce i Mana, spiriti elementali che aiutano nell'alchimia e nel combattimento. È un titolo che mescola esplorazione, azione e sintesi, con una forte componente narrativa.
Il secondo capitolo, Atelier Iris 2: The Azoth of Destiny, è ancora più ambizioso: due protagonisti, Felt e Viese, due mondi paralleli, una storia epica che parla di destino e sacrificio. Il crafting è diviso tra i due personaggi, e il ritmo è più serrato. È forse il più "JRPG" della trilogia, ma mantiene il cuori di un Atelier.
Infine, Atelier Iris 3: Grand Phantasm propone un sistema a missioni, con una protagonista femminile e un mondo frammentato da esplorare. È il più sperimentale dei tre, e segna la fine di un ciclo.
Ma Gust non si ferma. Nel 2007 e 2008 pubblica Mana Khemia e Mana Khemia 2, spin-off spirituali di Atelier Iris, ma con un ritorno alle origini. Ambientati in una scuola di alchimia, questi giochi mescolano "slice of life", combattimenti a turni e crafting profondo. Il sistema scolastico, con lezioni, esami e relazioni tra studenti, anticipa molte delle meccaniche che vedremo in Atelier Sophie e Ryza.
Mana Khemia è amato da chi cerca un equilibrio tra narrazione e gameplay. I personaggi sono memorabili, le musiche evocative, e il tono è ironico ma mai superficiale. È uno spin-off che merita di essere riscoperto, soprattutto da chi ha conosciuto Atelier solo con Ryza o Rorona.
Questi titoli rappresentano il ponte tra le radici giapponesi e l'apertura verso l'Occidente. Sono il laboratorio in cui Gust sperimenta, sbaglia, migliora. E sono fondamentali per capire cosa succederà dopo.
Capitolo IV. Atelier Rorona: la rinascita occidentale
[caption id="attachment_1106298" align="aligncenter" width="1920"] Le tre ragazze protagoniste di Arland, in una delle scene delle illustrazioni di Rorona DX[/caption]
Nel 2009, Gust pubblica Atelier Rorona: The Alchemist of Arland su PlayStation 3. È il primo titolo della saga principale a essere localizzato in Europa, e per molti - me compreso - è il primo contatto con Atelier. E fu amore a prima vista.
All'inizio rimasi spiazzato: ero abituato a salvare mondi, non a gestire scadenze trimestrali. Eppure, proprio quella routine fatta di incarichi e pozioni da creare mi conquistò. Se oggi penso ad Atelier, la mia mente torna sempre lì: a quelle prime ore passate in laboratorio, a un JRPG che non gridava mai, mi parlava a bassa voce, invitandomi a fermarmi, gestire le scadenze e assaporare ogni momento. Nonostante poi, la gestione delle scadenze, negli anni successivi, con Lightning Return: Final Fantasy XIII mi abbia dato molto fastidio, con Atelier non è stato così.
Rorona segna un ritorno alle origini, ma con una veste moderna. La protagonista, Rorona, è una giovane apprendista che deve salvare il suo laboratorio dall'imminente chiusura. Ogni tre mesi riceve una commissione dal castello, e deve dimostrare di essere utile alla città. Il tempo torna a essere una risorsa da gestire, ma senza la pressione opprimente dei primi titoli.
Il gioco introduce un sistema di crafting profondo e soddisfacente, che diventerà il cuore della saga. Ogni oggetto ha proprietà, qualità, effetti. Combinare gli ingredienti giusti, trovare la formula perfetta, è una sfida creativa. Il combattimento, pur presente, è secondario. Serve più a supportare l'esplorazione che a definire il gameplay. Nonostante la mole enorme di boss segreti e mostri da sconfiggere, una volta presa la mano con il sistema di sintesi del gioco e aver creato i migliori equipaggiamenti e i migliori oggetti consumabili, tutto diventerà sempre più facilitato in base alle nostre abilità nel creare.
Graficamente, Rorona è colorato, quasi fiabesco. I personaggi sono disegnati con uno stile anime dolce e accattivante. La colonna sonora, composta da Akira Tsuchiya e Ken Nakagawa, è un piccolo gioiello: melodie leggere, malinconiche, che accompagnano perfettamente l'atmosfera.
Ma Rorona è anche il primo capitolo della trilogia di Arland, che comprende Totori (2010) e Meruru (2011). Con questi titoli, Gust affina la formula: Totori è una giovane avventuriera che sogna di ritrovare sua madre, Meruru è una principessa che vuole usare l'alchimia per migliorare il suo regno. I temi si fanno più ampi, ma sempre filtrati attraverso la lente dell'intimità.
La trilogia di Arland è un punto di svolta. Non solo per la qualità dei giochi, ma per il modo in cui Atelier riesce finalmente a farsi conoscere e amare anche al di fuori del Giappone. È il momento in cui la saga smette di essere "di nicchia" e diventa "di culto"
E tutto parte da Rorona. Da quella ragazza un po' goffa, con gli abiti da alchimista e il sogno di non deludere chi crede in lei. Un sogno che, in fondo, è anche il nostro.
Capitolo V. Dusk: atonalità e malinconia
[caption id="attachment_1106299" align="aligncenter" width="1200"] I 5 protagonisti della saga Dusk, la saga più malinconica di tutte[/caption]
Se la trilogia di Arland è il cuore colorato e solare di Atelier, la trilogia Dusk è la sua ombra poetica. Composta da Atelier Ayesha: The Alchemist of Dusk (2012), Atelier Escha & Logy: Alchemists of the Dusk Sky (2013) e Atelier Shallie: Alchemists of the Dusk Sea (2014), questa trilogia rappresenta un'altra svolta tematica e stilistica per Gust.
Il mondo di Dusk è in decadenza. Le terre si stanno prosciugando, le risorse scarseggiano, la memoria del passato si dissolve. È un'ambientazione che parla di fine, ma anche di speranza. E le protagonista - o i protagonisti, nel caso di Escha & Logy e di Shallie - sono alchimisti che cercano di comprendere, di preservare, di trasformare.
Ayesha è forse uno dei capitoli più sottovalutati della saga. La sua protagonista, Ayesha Altugle, è una giovane erborista che cerca di ritrovare la sorella scomparsa. Il gioco è intimo, delicato, ma anche intriso di malinconia. L'alchimia diventa uno strumento per ricostruire il mondo, ma anche per affrontare il dolore. La colonna sonora, eterea e sperimentale, riflette perfettamente il tono del gioco,
Con Escha & Logy, Gust introduce per la seconda e ultima volta un protagonista maschile giocabile nella saga principale(Avverrà ance in Resleriana per la terza volta, in uscita a fine mese). Il sistema di gioco è più strutturato, con missioni governative e una divisione dei ruoli tra i due alchimisti. Il crafting si fa più tecnico, il combattimento più profondo. Ma il cuore rimane: la ricerca di equilibrio in un mondo che si sta spegnendo.
Infinte, Shallie chiude la trilogia con una doppia protagonista: Shallistera e Shallotte. Due ragazze diverse, unite dal desiderio di cambiare il proprio destino. Il sistema a tempo viene abbandonato, e il gioco si concentra sulla narrazione e sull'esplorazione. È il capitolo più accessibile della trilogia, ma anche quello che cerca di tirare le fila di un mondo che ha perso la memoria.
La trilogia Dusk è amata da chi cerca qualcosa di più profondo in Atelier. Non solo crafting e colori pastello, ma anche riflessione, atmosfera, poesia. È una saga che parla di perdita, ma anche di rinascita. E che dimostra quanto Atelier sappia essere versatile, senza mai tradire sé stesso.
Capitolo VI. Mysterious: l'alchimia del mistero
[caption id="attachment_1106305" align="aligncenter" width="1920"] La trilogia Mysterious torna alle origini, ma facilitando il crafting e la gestione del tempo[/caption]
Dopo la malinconia di Dusk, Gust decide di tornare alla leggerezza con la trilogia Mysterious, composta da Atelier Sophie: The Alchemist of the Mysterious Book(2015), Atelier Firis: the Alchemist and the Mysterious Journey (2016) e Atelier Lydie & Suelle: The Alchemists and the Mysterious Paitings (2017).
Sophie è un ritorno alle origini, ma con una protagonista che incarna perfettamente lo spirito della saga. Sophie Neuenmuller è una giovane alchimista che scopre un libro parlante, Plachta, e decide di aiutarla a recuperare la memoria. Il gioco è dolce, rilassante, con un sistema di crafting rinnovato e una narrazione che mescola quotidianità e mistero.
Il sistema a tempo viene di nuovo abbandonato, e sarà una cosa molto tipica da qui all'invenire. Potrai esplorare liberamente, sperimentare, vivere il mondo. È un cambiamento importante, che rende Atelier più accessibile, ma senza perdere troppa profondità.
Firis, invece, è un esperimento ambizioso. La protagonista, Firis Mistlud, vive in una città sotterranea e sogna di esplorare il mondo. Il gioco è open-world, con una struttura più libera e un sistema di licenza alchemica da ottenere. È il capitolo più "avventuroso" della trilogia, ma anche quello che ha diviso i fan: alcuni lo hanno amato per la libertà, altri lo hanno trovato troppo dispersivo.
Infine, Lydie & Suelle chiude la trilogia con la sua struttura classica, ma con un'ambientazione originale: i mondi dipinti. Le due sorelle protagoniste esplorano quadri magici, ognuno con regole e atmosfere diverse. Il tono resta leggero come per il resto della saga, quasi comico stavolta, ma con un sistema di crafting tra i più raffinati della saga.
La trilogia Mysterious è il ponte finale tra passato e futuro. Riprende elementi classici, li rinnova, li sperimenta. E prepara il terreno per quello che sarà il più grande successo commerciale della saga: Ryza. Ma prima di arrivarci, vale la pena soffermarsi su Sophie, Firis, Lydie e Suelle. Perché in loro c'è tutta quella magia di Atelier: la curiosità, la voglia di scoprire, il mistero che si cela dietro ogni formula.
Capitolo VII. I ritorni inattesi: Atelier Lulua e Atelie Sophie 2
[caption id="attachment_1106300" align="aligncenter" width="2000"] La copertina di Atelier Lulua, figlia di una protagonista di Arland[/caption]
Nel mondo di Atelier, le trilogie sono sempre state lineari, quasi rituali. Tre giochi, tre protagoniste(più o meno), un arco narrativo che si chiude. Ma poi è arrivata Atelier Lulua: The Scion of Arland (2019), e con lei la consapevolezza che anche l'alchimia può sorprendere.
Lulua è la figlia di un personaggio molto importante. O meglio, la sua erede spirituale. Il gioco si colloca cronologicamente dopo Meruru, ma non è un semplice sequel: è un omaggio, un ritorno, Lulua è una giovane alchimista piena di entusiasmo, che scopre un misterioso libro che le rivela il futuro. Da lì parte un viaggio che la porterà a riscoprire Arland, i suoi personaggi, le sue storie.
Il gameplay riprende molte delle meccaniche moderne, ma con un occhio nostalgico. Il sistema di sintesi è profondo, il combattimento più fluido, e la narrazione è piena di riferimenti per chi ha amato la trilogia originale. Ma Lulua funziona anche da sola: è un gioco che parla di eredità, di crescita, di come si possa costruire qualcosa di nuovo partendo da ciò che si ama.
Poi, nel 2022, anche Atelier Sophie 2: The Alchemist of the Mysterious Dream, rompe la tradizione. Un prequel-sequel che si inserisce tra Sophie e Firis, ma che vive in una dimensione tutta sua. Sophie si ritrova in un mondo onirico, Erde Wiege, alla ricerca di Plachta. Un gioco che mescola sogno e realtà, con un sistema di combattimento a turni dinamico e l'ennesimo crafting tra i migliori della saga.
Sophie 2 è anche un ritorno alla narrazione più intima e più emotiva. Il legame tra Sophie e Plachta è al centro della storia, e il mondo di gioco - pur fittizio - è ricco di dettagli, di personaggi e di momenti toccanti. È un titolo che dimostra quanto Gust sia maturata come sviluppatore: capace di innovare, ma anche di guardarsi indietro con affetto.
E poi c'è Nelke & the Legendary Alchemists: Atelier of the New World (2019), il più atipico di tutti. Nelke non è un'alchimista, ma una giovane nobile incaricata di fondare e amministrare una città. Il giocatore non passa le giornate a miscelare ingredienti, ma a pianificare edifici, raccogliere tasse, coordinare i cittadini.
È un Atelier gestionale, quasi un city-builder mascherato, e proprio questo ha diviso la fanbase. Alcuni lo hanno amato per la freschezza, altri lo hanno trovato troppo distante dall'anima della serie. Ma Nelke resta un capitolo importante: un omaggio alla saga, con personaggi provenienti da ogni epoca che si incontrano in un grande crossover. Un titolo che dimostra come Atelier sappia sorprendere anche dopo vent'anni, anche se, a mio parere, stavolta in molto peggio.
Questi due giochi, Lulua e Sophie 2(dimentichiamoci di Nelke), sono la prova che Atelier non è una saga chiusa in schemi rigidi. È un universo vivo, che può espandersi, reinventarsi, tornare sui propri passi senza perdere al direzione. E per chi ha seguito la serie fin dall'inizio, sono anche un regale. Un modo per dire: "non abbiamo dimenticato".
Capitolo VIII. Ryza: il fenomeno moderno
[caption id="attachment_1106301" align="aligncenter" width="1200"] Ryza in tutte le sue forme, il suo character design ha aiutato molto con il farsi conoscere in occidente[/caption]
E poi c'è lei, Reisalin Stout, per tutti semplicemente Ryza, Con Atelier Ryza: Ever Darkness & the Secret Hideout (2019), Gust ha fatto qualcosa che nessuno si aspettava: ha trasformato Atelier in un successo globale, complice anche l'acquisizione, di 8 anni prima, nel 2011, da parte di Koei Tecmo.
Ryza è diversa. Non solo per il character design - diventato virale per ovvi motivi - ma per il modo in cui incarna una nuova generazione di protagoniste. È curiosa, impulsiva, piena di energie. Ma soprattutto, è reale. Non ha un grande destino da compiere, né un'eredità da onorare. Vuole solo vivere un'estate indimenticabile con i suoi amici.
Il primo Ryza è un gioco di formazione. Parla di crescita, di amicizia, e di scoperta. Il sistema di crafting è stato completamente rinnovato, con una sintesi a nodi più intuitiva. Il combattimento è diventato ibrido e più dinamico. E la grafica, grazie al passaggio a un motore più moderno, ha fatto un enorme salto di qualità.
Il successo è stato immediato. Ryza ha venduto più di ogni altro Atelier prima di lei. Ha attirato nuovi giocatori, ha fatto parlare di sé anche fuori dai circuiti tradizionali. E Gust ha capito di avere tra le mani qualcosa di speciale.
Così sono arrivati Atelier Ryza 2: Lost Legends & the Secret Fairy (2020) e Atelier Ryza 3: Alchemist of the End & the Secret Key (2023). Una trilogia completa, con una protagonista che cresce, cambia, affronta nuove sfide. Ryza diventa una vera alchimista, ma non perde mai la sua umanità. E il mondo intorno a lei si espande, si approfondisce, si fa più ambizioso.
La trilogia di Ryza è, a tutti gli effetti, un nuovo punto di partenza per la saga. Ha ridefinito il pubblico, ha aggiornatole meccaniche, ha portato Atelier nel mainstream. Ma ha fatto tutto questo senza tradire l'anima della serie. Perché in fondo, Ryza è ancora una ragazza che raccoglie erbe, che sperimenta nel suo laboratorio e che sogna.
E forse è proprio questo il segreto del suo successo: ci ricorda che anche nel mondo moderno, tra social e hype, c'è ancora spazio per una storia semplice, sincera, luminosa. Una storia di alchimia. Una storia di Atelier.
Capitolo IX. Atelier Marie Remake e Resleriana: l'alchimia delle origini
[caption id="attachment_1106302" align="aligncenter" width="1920"] Illustrazione di Atelier Marie Remake che dimostra il cambio grafico del Remake[/caption]
Nel 2023, Gust ha deciso di tornare alle origini. Non con un semplice porting, ma con un remake completo di Atelier Marie, il primo capitolo della saga, uscito originariamente nel 1997. Atelier Marie Remake: The Alchemist of Salburg è più di un tributo: è un amore verso ciò che ha iniziato il tutto.
Il remake mantiene la struttura originale: cinque anni di tempo per aiutare Marie a diventare una versa alchimista. Ma lo fa con una grafica rinnovata, uno stile chibi adorabile, una colonna sonora riarrangiata e una serie di "quality of life" che rendono il gioco accessibile anche ai nuovi giocatori. È un titolo che riesce a essere nostalgico e moderno allo stesso tempo.
Per chi ha seguito la saga fin dall'inizio, è un ritorno emozionante. Per chi ha conosciuto Atelier con Ryza, è un'occasione per scoprire da dove tutto è partito. E Gust, con questo remake, dimostra ancora una volta di saper rispettare la propria storia, senza smettere di guardare avanti.
E proprio guardando avanti, nel 2023 arriva anche Atelier Resleriana: Forgotten Alchemy and the Liberator of Polar Night, il primo titolo della saga pensato per il mercato mobile e in formato gacha. Un passo rischioso, ma inevitabile, considerando l'evoluzione del mercato giapponese.
Resleriana è ambientato in un mondo nuovo, con una protagonista inedita e un sistema di gioco pensato per sessioni brevi. Il crafting è semplificato, ma presente. Il combattimento strategico, e la struttura a missioni permette di esplorare la storia in modo episodico.
Il gioco ha ricevuto una buona accoglienza, soprattutto per la qualità artistica. Ma ha anche diviso la fanbase: alcuni lo vedono come una deviazione dalla filosofia originale, altri come un'opportunità per espandere l'universo di Atelier.
In ogni caso, Resleriana rappresenta un esperimento. Un tentativo di portare l'alchimia su nuovi dispositivi, a nuovo pubblico. E come ogni esperimento alchemico, il risultato non è andato a buon fine poiché i server sono stati chiusi in breve tempo.
Capitolo X. Il 2025 e il futuro: Yumia e il nuovo Resleriana
[caption id="attachment_1106306" align="aligncenter" width="1920"] Atelier Yumia, il gioco più atipico della saga, comincia a vedersi un tentativo di rendere la saga più action, per raggiungere più pubblico possibile[/caption]
Siamo nel 2025. E Atelier è ancora vivo. Anzi, è più vivo che mai.
Quest'anno Gust ha presentato Atelier Yumia: The Alchemist of Memories & the Envisioned Land, e a settembre arriverà Atelier Resleriana: The Red Alchemist & the White Guardian, un nuovo capitolo console che promette di riparare all'errore del gacha.
Yumia Liessfeldt è una protagonista diversa. Vive in un mondo dove l'alchimia è vietata, considerata responsabile della rovina dell'impero di Aladiss. Ma Yumia, spinta dalla perdita della madre e dal desiderio di verità, si unisce a un gruppo di ricerca per esplorare le rovine dell'antico impero e scoprire cosa si cela dietro al tabù.
Il gioco è un open world con combattimenti in tempo reale, crafting profondo e una narrazione più oscura rispetto ai capitoli precedenti. Il sistema di Resonance Syntesis permette di creare oggetti potenti combinando ingredienti che "risuonano" tra loro, mentre la costruzione della base personalizzata aggiunge un elemento gestionale che ricorda i primi Atelier.
Yumia è già considerata una delle protagoniste più complesse della saga. Il suo viaggio non è solo alchemico, ma anche etico e filosofico. E il successo commerciale del gioco - il più venduto della serie al lancio - dimostra che Atelier può ancora reinventarsi senza perdere la propria anima.
E qui arriviamo alla fine, o quasi, il 26 settembre uscirà Atelier Resleriana: The Red Alchemist & the White Guardian, un titolo console ambientato nello stesso universo del gioco mobile, ma con la sua struttura classica. Niente gacha, niente connessione obbligatoria: solo esplorazione, crafting, combattimenti a turni e una storia.
I protagonisti saranno Rias Eidreise e Slade Clauslyter, due giovani che cercano di riportare in vita la città di Hallfein, devastata da un misterioso incidente. Il gioco introduce i Dimensional Paths, dungeon multi livello con mappe e nemici variabili, e un sistema di Gift Color Syntesis che riprende le meccaniche storiche della saga. Anche se parte di questi concept appartenevano al gioco gacha.
Il tono è quello di Sophie 2, con una narrazione accogliente, personaggi familiari, come i protagonisti dei vecchi titoli della saga (d'altronde riprende molto il gioco gacha uscito 2 anni fa), e una forte componente gestionale: i giocatori potranno vendere oggetti, sviluppare la città e sbloccare nuove ricette.
Con Resleriana, Gust sembra voler dire che hanno sperimentato con il gacha ma che sanno chi sono.
Conclusione - L'alchimia continua
[caption id="attachment_1106303" align="aligncenter" width="1920"] Illustrazione di Atelier Resleriana, prodotto in uscita a fine mese[/caption]
C'è qualcosa di profondamente umano nella saga di Atelier. Non è solo il gesto di mescolare ingredienti, di creare oggetti, di esplorare mondi. È il desiderio di trasformare. Di prendere qualcosa che abbiamo - anche se è poco e fragile, e trasformarlo in qualcosa di bello e utile.
In oltre venticinque anni, Atelier ha cambiato volto molte volte. Ha attraversato epoche, console e generazioni. Ha sperimentato, ha sbagliato e poi ha brillato. Ma non ha mai smesso di essere fedele a sé stesso. Anche quando si è fatto gacha, anche quando ha abbracciato l'open world, anche quando ha cercato il successo globale con Ryza, ha sempre conservato quel nucleo che lo rende unico.
Ogni protagonista - da Marie a Yumia - è una variazione sul tema della crescita. Ogni laboratorio è un luogo di scoperta. Ogni formula è una metafora. E ogni giocatore, nel suo piccolo, diventa alchimista: non per salvare il mondo, ma per comprenderlo.
Nel 2025, Atelier è più vivo che mai. E non perché vende di più, o perché è più visibile. Ma perché continua a parlare a chi ha voglia di ascoltare. A chi cerca storie gentili e mondi accoglienti. A chi crede che anche nei videogiochi ci sia spazio per la poesia.
E allora, che tu sia arrivato qui da Ryza, da Sophie, da Mana Khemia o da Marie, sappi che Atelier ha ancora molto da raccontare. Perché l'alchimia non è solo una meccanica. È un modo di vivere, il coraggio di trasformare, e il sogno di creare.
E quel sogno, oggi come ieri, continua.
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