Bressan: la Chiesa cambia per nutrire la città che cambia

«Il cambiamento d’epoca cambia anche la comunità cristiana e la sua presenza nella storia, perché il territorio non è un fossile, ma un fluido e la vita della gente assomiglia di più a un migrare che a un abitare» (2.4). Le parole del nostro Arcivescovo vogliono accompagnarci nell’aprire gli occhi, per leggere come la Chiesa di Milano – che continua a essere la Chiesa dei Santi Ambrogio e Carlo – è un corpo in evoluzione, che si impasta e nutre il processo evolutivo di Milano, della sua area urbana. Come ci diceva il cardinale Montini, la Chiesa cresce insieme alla città che cresce.
In questa città ci sono popoli e mondi, come quello giovanile, ai quali il reticolo parrocchiale disegnato nel passato va stretto e che rischiano di non potersi incontrare con l’esperienza cristiana. E c’è una sfida che come Chiesa cattolica vogliamo affrontare, assieme alle altre Chiese cristiane e alle altre religioni: aiutare la città a capire che la dimensione religiosa è una ricchezza per tutti; che una città senza chiese né templi, senza dimensione religiosa, è una città più povera, meno pronta e meno capace di far maturare le persone e le realtà sociali.
Siamo dentro un processo in continua evoluzione. Tutti notiamo che diminuiscono preti e fedeli, calano i battezzati, e tutti abbiamo ormai elaborato le ragioni di questi mutamenti. Ma se ci limitiamo a gestire l’esistente, tra vent’anni avremo in città una Chiesa presente a macchia di leopardo, spesso ai margini degli snodi in cui si concentra la vita delle persone, e di conseguenza la loro ricerca di senso, di bene, di felicità, di verità.
Se viviamo ripiegati su noi stessi, nella gestione di quel reticolo capillare di parrocchie che abbiamo ereditato, non soltanto non avremo le forze per sostenerlo; ci troveremo senza strumenti per continuare a essere una presenza capace di nutrire la città che cambia. La logica del quartiere autosufficiente è finita; la città vive una mobilità che porta nello stesso spazio popoli diversi: c’è la città degli studenti e degli universitari, del lavoro, del turismo, del divertimento, della salute, della sanità, dei residenti. È questa Milano che cambia a interpellare la comunità cristiana (sottolineo: comunità cristiana, non soltanto comunità parrocchiale).
Dobbiamo abituarci a capire che una città con un’esperienza così plurale ha bisogno di un cristianesimo plurale, secondo una logica della pluriformità nell’unità che abbiamo imparato dal cardinale Scola. Perciò dobbiamo imparare a riconoscere come dono tutti quei segni che lo Spirito ci sta donando, secondo la logica della Chiesa dalle genti che ci sta insegnando il nostro Arcivescovo: la Chiesa ambrosiana sta imparando a riconoscere in tutto questo processo di incontro e dialogo un chiaro segno dello Spirito Santo, ben esplicitato nella immagine della «Chiesa dalle genti»: Dio si serve di queste migrazioni di popoli, di questa trasformazione del tessuto urbano di gran parte della nostra Lombardia, per rendere ancora più manifesta l’azione del suo Spirito che raduna in una sola grande famiglia gli uomini e le donne, resi Figli nel suo Figlio Gesù Cristo. E ci mostra che sono davvero tanti e più numerosi gli elementi che raccontano un futuro che si va costruendo, rispetto a quelli che segnalano un passato che finisce.
Cambia la città, cambia anche la Chiesa, entrambi corpi vivi in evoluzione. A noi il compito, insieme alle altre Chiese cristiane e alle altre comunità religiose, di rimanere ben radicati dentro questa città, i suoi legami e le sue culture, perché la città possa capire quale ricchezza rappresenta la dimensione religiosa. Ci sono sfide da affrontare insieme, come la pace e la salvaguardia del creato, l’ecologia umana, la cura, la promozione della dimensione mistica. C’è la sfida fondamentale: dire Dio, annunciare il dono che è per ogni persona e per la città, la sua presenza, la sua parola, la sua guida.
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