Caritas, i volti ambrosiani della povertà


Un panorama stabile, ma non privo di ombre inedite. Tendenze che si consolidano, con il progressivo ritirarsi dell’“onda anomala” innescata dalla stagione della pandemia e dei lockdown. Ma anche elementi di novità, che rimandano ad aree di disagio e di fragilità emergenti o riemergenti.
È online da oggi, sul sito internet di Caritas Ambrosiana, il rapporto «La povertà nella diocesi ambrosiana – Dati 2024», prodotto dall’Osservatorio diocesano delle povertà e delle risorse. Il documento recepisce numeri e informazioni provenienti da tre servizi diocesani (Sam per le persone senza dimora, Sai per i migranti, Siloe per le famiglie) e da una rete sempre più ampia di Centri d’ascolto territoriali (187, rispetto ai 168 del 2023, sui 407 operanti nella diocesi di Milano), che condividono metodo e strumenti di rilevazione. L’aumento dei centri monitorati determina l’aumento degli utenti incontrati e censiti (18.934 persone, +9,8% rispetto all’anno precedente), nonché l’aumento delle richieste di aiuto ricevute e degli interventi di risposta realizzati (64.431, oltre 5 mila in più rispetto al 2023).
Il Rapporto costituisce dunque una radiografia sempre più rappresentativa (vedi infografiche) dei fenomeni di povertà che corrodono la società milanese e lombarda. E che almeno in parte sfuggono alla statistica ufficiale, o quantomeno alla conoscenza pubblica.
Volti nuovi
Il quadro che ne emerge non attesta – dopo l’impennata di inizio decennio, dovuta alle ripetute crisi planetarie (Covid, guerre, inflazione) – un incremento quantitativo dell’area di povertà. A fronte del ritrarsi di alcune emergenze, si osserva però una duplice tendenza: da un lato, alcune situazioni di bisogno continuano a non trovare risposte adeguate nei territori e con il tempo rischiano di diventare croniche, come dimostra il fatto che due terzi delle persone incontrate siano assistiti che si rivolgono ai Centri e servizi Caritas da anni; d’altro canto, tra le persone ascoltate e aiutate compaiono anche un terzo (percentuale piuttosto significativa) di volti nuovi, soggetti rivoltisi alla Caritas per la prima volta nel 2024, portando con sé anche nuovi bisogni.
Polarizzazione generazionale
Tra coloro che si sono rivolti ai Centri Caritas nel 2024, hanno continuato a prevalere le donne (58,2%), ma la componente maschile è apparsa in leggera crescita (41,8% contro il 40,4% del 2023). Interessanti, e in parte sorprendenti, i dati relativi alle fasce d’età. Gli ultra65enni rivoltisi ai servizi Caritas sono stati il 12,2% del totale, dato quadruplicato negli ultimi 10 anni (erano il 3,7% nel 2015).
La tendenza, affermatasi durante la stagione pandemica, persiste oltre essa ed è confermata anche dalla rete nazionale dei servizi Caritas; diversamente da altri indicatori, negli ultimi quattro anni il dato relativo alla presenza degli anziani si è stabilizzato, ma non è più tornato sui livelli pre-Covid. Nelle statistiche ufficiali, viceversa, gli over 65 risultano meno colpiti dalla povertà: la pandemia non ha fatto altro che esasperare e scoperchiare una condizione di vulnerabilità diffusa, dovuta a solitudine e a debolezza o assenza di reti di sostegno famigliari, amicali e sociali, prima ancora che a indigenza economica e carenze materiali.
Significativa, e ancor più complessa, appare la situazione relativa ai giovani. Gli under 35 rivoltisi ai centri d’ascolto e ai servizi Caritas sono stati oltre il 19%, quasi 1 su 5, del totale dei beneficiari, dato in lento, ma costante aumento negli ultimi anni. E soprattutto ben più alto di quello delle statistiche ufficiali (secondo le quali gli under 35 in situazioni di povertà assoluta sono il 10%). In questo caso, però, torna utile incrociare il dato sull’età con quello sulla cittadinanza: la presenza degli under 35 è poco significativa tra gli italiani e più rilevante tra i cittadini comunitari, tra gli extracomunitari regolari e soprattutto tra gli extracomunitari irregolari.
Immigrati nel limbo, lavoratori in difficoltà
Gli immigrati rivoltisi ai Centri di Caritas Ambrosiana nel 2024, in effetti, sono stati 12.388, ovvero il 65,5% del totale delle persone aiutate. La loro presenza è aumentata di quasi 5 punti percentuali negli ultimi due anni (erano il 60,9% nel 2022), tendenza dovuta a una molteplicità di fattori, tra cui la perdurante inefficacia del quadro normativo, che spinge o lascia nell’incertezza e nella precarietà esistenziali, oltre che in una condizione di irregolarità amministrativa, molti individui. Per esempio coloro che non possono ottenere asilo, protezione umanitaria e dunque permesso di soggiorno, essendo originari di paesi ritenuti sicuri dalle amministrazioni pubbliche, pur non essendolo nei fatti: è il caso del Perù, da cui proviene ben il 23,1% dei migranti rivoltisi a Caritas nel 2024, dato in vorticosa crescita, come già nel biennio precedente.
Tra le conferme del Rapporto 2024, vi è il fenomeno dei working poor, persone con un lavoro che si rivolgono ai centri Caritas perché in difficoltà economica. La fragilità occupazionale è sempre stata un tratto caratterizzante delle persone che si rivolgono ai centri di ascolto, ma l’andamento degli ultimi anni testimonia la profonda trasformazione del mercato del lavoro, e del fenomeno stesso della povertà, in sintonia con quanto attestato da numerose altre fonti. Se nel 2016 quasi i due terzi del campione Caritas erano rappresentati da persone disoccupate e solo il 14,5% da lavoratori poveri, nel 2024 quasi 1 persona su 4 tra quelle incontrate e ascoltate (24,6%) è in possesso di un’occupazione. Che, nei fatti, non garantisce reddito sufficiente e condizioni di vita dignitose.
Le dichiarazioni dei direttori
«La rete dei servizi, degli operatori e dei volontari Caritas – osserva Erica Tossani, dal 1° settembre co-direttrice dell’organismo pastorale – consolida, insieme alla capacità di risposta, anche la capacità di lettura dei fenomeni. Facciamo contrasto della povertà, in altre parole, non in termini astratti e accademici, ma cercando di essere interpreti a un tempo critici e propositivi di quanto accade nelle comunità in cui operiamo. È un ruolo che ci è connaturale e congeniale, e del quale avvertiamo la responsabilità. Ma è anche un compito che non può esserci delegato in toto: la sensibilità pubblica, l’impegno istituzionale e il dibattito politico sui fenomeni di povertà sembrano calare di intensità, dopo anni di maggiore attenzione. Noi continuiamo e continueremo a sostenere che solo una società giusta e solidale può essere una società sicura e capace di progresso».
«Le povertà a Milano e nella sua diocesi – le fa eco l’altro direttore Caritas, don Paolo Selmi – non sono né un fattore marginale, né un dato immodificabile. Il Rapporto 2024, grazie al lavoro dell’Osservatorio diocesano, dà continuità a un metodo di studio e di rilevazione qualificato e affidabile. Ma non vogliamo accontentarci di battere sentieri sperimentati, vogliamo anzi cimentarci con le questioni più rilevanti dell’attualità. Per questo, insieme a tutte le Caritas diocesane di Lombardia, il 17 ottobre, Giornata mondiale di lotta alla povertà, a Milano presenteremo un’ulteriore ricerca, “Dare casa alla speranza”. È il tentativo di capire più a fondo gli effetti e i guasti sociali che, accanto a innegabili successi, caratterizzano oggi lo sviluppo edilizio e urbanistico dei nostri territori. Il diritto a un abitare dignitoso è diritto fondamentale di ogni uomo e ogni donna. E non c’è lotta alla povertà, che non sia anche lotta per l’affermazione dei diritti essenziali dei fratelli e delle sorelle che incontriamo ogni giorno».
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