Ci sono due Flotilla, una nel mare verso Gaza, una (virtuale) nel Tevere verso Schlein e il Pd

“Via col vento” si augurano oggi i sostenitori della Flotilla: per dire che la navigazione è ripresa nonostante l’appello di Sergio Mattarella.
La flotta, con il suo carico, ha lasciato Creta dirigendosi verso Gaza. Perché, se gli aiuti umanitari sarebbero potuti arrivare comunque a destinazione con l’aiuto della Chiesa?
Per quale ragione si vuole mettere a repentaglio un “equipaggio” che, una volta giunto nelle acque territoriali di Israele, rischierà molto?
Per quale motivo si va alla ricerca di eroi che magari non hanno nessuna voglia di esserlo?
“Flotilla non nasce solo per portare aiuti”

Eccola la verità che finalmente esce dalla bocca di alcuni esponenti di spicco che sono a bordo di quelle vele: “La nostra missione non nasce solo per portare aiuti”. Questa è la realtà che si voleva nascondere. La solidarietà (ben venga sempre) è forse solo un pretesto.
La missione è soprattutto politica, sostenuta da un mondo che vuole rivoluzionare gli assetti sociali che mostrano il predominio della destra non solo in Italia.
Si va alla ricerca disperata di una pubblicità che molti non avrebbero mai avuto, specialmente i parlamentari che la grande opinione pubblica ignora e non ne conosce nemmeno l’identità.
Fanno ogni giorno il loro show in tv, si dicono preoccupati (come non esserlo), ma quando torneranno alla base si potranno presentare come i protagonisti di una grande missione di pace.
Non sanno però (o forse si) che è nata una nuova Fortilla in Italia, naviga a Roma nel biondo Tevere e aspetta che le elezioni nelle Marche diano una spallata non al governo, ma a quella parte della sinistra che non vuol sentir parlare i riformisti.
Il ritorno dei democristiani
“Sono una minoranza, gente del passato” affermano convinti. “Con Elly Schlein si vuol fondare un nuovo partito capace di mandare all’aria il progetto di Giorgia Meloni. Una sinistra vera, non quella titubante di oggi”.
Quella, insomma, che invocava anni fa il regista Nanni Moretti che la rivoluzione l’aveva già portata nei film di cui era l’autore e lo sceneggiatore.
L’intrigo è sotterraneo in via del Nazareno, sede del Pd. Non se ne parla nemmeno, ma anche gli ultras dei dem sanno che queste elezioni regionali potrebbero scatenare i nostalgici di una volta, i vecchi democristiani per intenderci, i quali sono sì progressisti, ma fino ad certo punto.
Anche volendolo ad ogni costo, non si saprebbe mai il nome o i nomi che potrebbero essere i successori del vertice attuale. Inutile quindi addentrarci in un terreno che non presenta previsioni, ma solo dialoghi nascosti.
Mentre i malcapitati navigano verso Gaza (il termine è di Stefano Folli) nel mondo la pace è un optional. Donald Trump prepara una tregua, anzi uno stop delle armi, che mette in mostra ventuno punti, il primo dei quali è la liberazione di tutti gli ostaggi in cambio di un numeroso gruppo di prigionieri chiusi nelle celle di Tel Aviv e dintorni.
È una speranza che tutti sognano, ma non era la stessa sostenuta dalla nostra premier che indicava due punti essenziali: la liberazione degli ostaggi appunto e l’esclusione di Hamas da qualsiasi forma del futuro governo?
Lasciamo da parte le polemiche e guardiamo in faccia una realtà brutale che fa del terrorismo e della violenza la sua fede. Solo ieri sono morti 82 palestinesi, i droni continuano a volare sulle nostre teste e Zelensky fa una previsione raccapricciante: “I prossimi potranno avere come bersaglio l’Italia!”.
Si parla ancora dei bambini e di una cifra allucinante: 82 mila sono rimasti senza genitori e potrebbero diventare preda dei terroristi. Dio ce ne scampi da una simile previsione e subentri anche nelle coscienze di chi continua da noi a mettere a ferro e fuoco molte città, l’ultima delle quali è stata Torino.
Smettiamola dunque di litigare e di divideici. Ci sono tanti problemi che il nostro Paese deve risolvere e non ha quindi bisogno di “guerre politiche”. Ma soltanto del buon senso che dovrebbe tornare ad essere il protagonista qualunque sia l’esito delle elezioni regionali.
Tra il Nord e il Sud esiste ancora un dannoso gap che impedisce il vero progresso che tutti si augurano. I parlamentari che ci rappresentano pensino a questo, non a spingere l’ideologia oltre ogni confine.
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