Clima: come guerre e riarmo allontanano il mondo dagli obiettivi di Parigi

Settembre 16, 2025 - 05:30
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Clima: come guerre e riarmo allontanano il mondo dagli obiettivi di Parigi

Bruxelles – L’aumento fino al 3,5 per cento del PIL della spesa militare da parte dei Paesi della Nato rischia di generare 1.320 milioni di tonnellate di anidride carbonica nel prossimo decennio. Pari alle emissioni annuali di gas serra generate dal Brasile, il quinto maggior produttore di emissioni al mondo. Secondo una ricerca condotta da Scientists for Global Responsibility, la corsa al riarmo giocherà un ruolo significativo nel mancato raggiungimento dell’obiettivo climatico fissato a Parigi dieci anni fa, limitare il riscaldamento globale a 1,5 °C rispetto ai livelli preindustriali.

Il rapporto prende le mosse dalla revisione di 11 recenti studi accademici e da una stima sorprendente, calcolata nonostante i dati ufficiali dei Paesi sulle emissioni militari siano frammentari o inesistenti: ogni 100 miliardi di dollari in più di spesa militare comportano il rilascio nell’atmosfera di circa 32 milioni di tonnellate di anidride carbonica equivalente. Le emissioni provengono da fonti dirette – come aerei da combattimento, navi da guerra e veicoli blindati – e indirette, che includono il trasporto di materiali e attrezzature, le catene di approvvigionamento globali e gli effetti stessi dei conflitti in atto.

Inevitabilmente, l’obiettivo fissato dall’Alleanza atlantica di portare la spesa militare dei suoi 32 Paesi membri al 3,5 per cento del PIL nazionale avrà un effetto drammatico sulla produzione di emissioni: secondo lo studio, aggiungerà 132 milioni di tCO2 nell’atmosfera, circa “la stessa quantità di inquinamento da carbonio generata ogni anno da 345 centrali elettriche a gas”. O – suggerisce ancora il rapporto – dall’Oman, Paese che produce circa un milione di barili di petrolio al giorno. Già negli ultimi cinque anni, tra il 2019 e il 2024, l’impronta di carbonio militare della Nato sarebbe aumentata di 64 milioni di tonnellate di CO2.

In sintesi, è evidente che riarmo e guerre cozzano con l’azione per il clima. Un allarme già lanciato a maggio dal Conflict and environment observatory (Ceobs), secondo cui la crescita degli investimenti nel settore della difesa si sta traducendo in un aumento delle emissioni di gas serra, in una sottrazione di risorse pubbliche alle politiche ambientali e in un ostacolo alla cooperazione internazionale sul clima.

“È estremamente difficile capire come gli attuali e previsti aumenti della spesa militare possano essere conciliati con le azioni necessarie per prevenire pericolosi cambiamenti climatici”, conferma l’organizzazione per la scienza responsabile con sede nel Regno Unito. Già nel 2019, l’impronta del settore militare era a circa il 5,5 per cento delle emissioni globali, a cui andrebbero aggiunti i gas serra derivanti dai conflitti e dalle ricostruzioni post-belliche. Un’impronta superiore a quelle dell’aviazione civile (2 per cento) e del trasporto marittimo (3 per cento).

Ed era il 2019. Il conflitto in Ucraina e il riacutizzarsi delle tensioni geopolitiche hanno fatto schizzare la spesa militare globale, che ha raggiunto nel 2024 il livello più alto dalla fine della guerra fredda, oltre 2.700 milioni di dollari. Secondo i dati dello Stockholm International Peace Research Institute, è Israele il Paese che nel 2024 ha aumentato maggiormente il bilancio militare, fino a 46,5 miliardi di dollari.

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Redazione Eventi e News Redazione Eventi e News in Italia