Dalla trasformazione Cloud alla AI governance: ecco le competenze che guidano il cambiamento

Ottobre 17, 2025 - 16:30
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Dalla trasformazione Cloud alla AI governance: ecco le competenze che guidano il cambiamento

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Dalla trasformazione Cloud alla AI governance: ecco le competenze che guidano il cambiamento



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Nell’era in cui il Cloud incontra l’Intelligenza Artificiale, la sfida per le imprese non è solo tecnologica ma culturale. Prometeia invita a ripensare le competenze manageriali e organizzative alla base della trasformazione digitale, sottolineando l’importanza della AI governance come strumento per rendere l’IT una leva di business consapevole e flessibile

Pubblicato il 16 ott 2025



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Negli ultimi anni, il Cloud si è imposto come l’infrastruttura portante dell’innovazione digitale, ma l’accelerazione dell’Intelligenza Artificiale sta modificando radicalmente il modo in cui le aziende devono gestire tecnologia, persone e decisioni. La convergenza tra queste due forze, Cloud e AI, apre una nuova stagione della AI governance, in cui rapidità, flessibilità e consapevolezza diventano competenze centrali.

Come ha osservato Alessio Panni, Partner e Head of Cloud & Platforms di Prometeia al Convegno annuale dell’Osservatorio Cloud Transformation presso il Politecnico di Milano, «l’IT è passato da semplice esecutore di processi di business a vero e proprio abilitatore, e oggi si sta trasformando nel business stesso». Questa transizione impone un cambio di paradigma: non bastano più competenze tecniche aggiornate, ma serve una visione capace di integrare strategia, compliance, e capacità di governo del rischio in un ecosistema tecnologico complesso e in costante evoluzione.

Dall’IT operativo alla strategia di business

Per Panni, la metamorfosi del ruolo dell’Information Technology è il punto di partenza per comprendere le nuove sfide della AI governance. Le organizzazioni devono riconoscere che la tecnologia non è più un supporto operativo, ma un’estensione del modello di business. La digitalizzazione spinta dal Cloud e dall’AI porta l’IT a essere parte integrante dei processi decisionali, e quindi soggetto alle stesse logiche di responsabilità, velocità e allineamento strategico.

La parola chiave è rapidità, ma non intesa come rincorsa frenetica alle innovazioni. «Essere rapidi significa saper governare la flessibilità», spiega Panni, sottolineando che l’obiettivo non è reagire, ma gestire il cambiamento in modo coerente con la rotta aziendale. In questo senso, l’AI non è solo un motore di efficienza, ma anche un elemento che impone nuove regole di coordinamento tra funzioni, ruoli e competenze.

Rapidità, flessibilità e consapevolezza: la nuova triade digitale

L’evoluzione dell’IT verso una governance basata sull’AI richiede una trasformazione delle strutture organizzative. Le imprese devono saper coniugare rapidità decisionale e consapevolezza dei rischi, ridefinendo il modo in cui vengono prese le decisioni e distribuita la responsabilità.

Secondo Panni, «le organizzazioni verticali, estremamente rigide, con cui per competenza abbiamo diviso il modo di lavorare, oggi stringono». La spinta alla flessibilità si traduce nella necessità di delega e autonomia, due principi fondamentali per rendere efficace l’adozione dell’AI e del Cloud. L’innovazione, per essere sostenibile, deve nascere da una rete di decisioni distribuite, in cui il dato diventa la base per agire in modo rapido, ma con consapevolezza.

In questo equilibrio risiede il cuore della AI governance: un modello che non si limita a regolare l’uso dell’Intelligenza Artificiale, ma che costruisce fiducia all’interno delle organizzazioni. La rapidità senza consapevolezza rischia di generare errori, ma la consapevolezza senza flessibilità blocca l’innovazione. La sfida è trovare un punto di equilibrio tra controllo e adattabilità.

L’integrazione delle competenze come leva di governance

Uno degli aspetti centrali dell’intervento di Panni riguarda la capacità di integrare saperi diversi. La AI governance non può essere gestita solo dai team tecnologici: deve coinvolgere la compliance, il diritto, la sicurezza e la regolamentazione.

«Non posso essere un esperto legale o di super compliance», afferma Panni, «ma devo avere la capacità di interpretare il significato di questi ambiti per ciò che devo fare». Questo richiede figure professionali ibride, in grado di collegare le scelte tecnologiche con le implicazioni normative e di mercato.

La governance efficace dell’AI e del Cloud si gioca quindi sulla capacità di costruire un linguaggio comune tra competenze tecniche e manageriali. È una trasformazione che va oltre l’adozione di nuove piattaforme: riguarda la cultura del lavoro e la gestione della conoscenza.

Decisioni data-driven e responsabilità distribuita

Un altro punto sottolineato da Panni riguarda il modo in cui le decisioni vengono prese e propagate all’interno delle organizzazioni. La disponibilità di dati e strumenti intelligenti permette di accelerare i processi decisionali, ma solo se le persone sono messe nelle condizioni di comprenderli e interpretarli.

«Le decisioni vanno derogate oggi», spiega Panni, ribadendo che il controllo centralizzato rallenta l’azione e limita la capacità di apprendimento. In una logica di AI governance, l’obiettivo non è automatizzare la scelta, ma rendere le persone consapevoli delle implicazioni che ogni decisione basata sui dati comporta.

L’AI diventa così un alleato nella costruzione di una nuova cultura della responsabilità, in cui la rapidità non è un fine ma una conseguenza naturale di un sistema ben governato.

Formazione e cultura: il capitale umano della AI governance

L’ultima riflessione di Panni riguarda il tema della formazione. La velocità con cui le tecnologie evolvono rende impossibile inseguire ogni novità tecnica. La vera competenza distintiva, sostiene, è la consapevolezza di quali skill AI sviluppare e come adattarle al contesto aziendale.

L’apprendimento continuo non riguarda più solo le hard skill, ma anche le competenze manageriali, la capacità di lettura dei dati, l’attenzione ai vincoli normativi e alla sostenibilità delle scelte. È un modello formativo che riconosce la centralità del capitale umano nella costruzione di una governance efficace.

In questo scenario, la AI governance non è solo una questione di algoritmi o policy, ma di ecosistemi di competenze. Ogni impresa è chiamata a definire il proprio equilibrio tra automazione e discernimento umano, tra innovazione e controllo, tra velocità e responsabilità.

L’AI come motore di consapevolezza organizzativa

La riflessione di Alessio Panni riassume bene il nodo cruciale della trasformazione digitale: l’AI può accelerare i processi, ma deve essere governata con consapevolezza. «Le decisioni rapide devono essere anche decisioni consapevoli», afferma. Questo è il cuore della AI governance: un approccio che non sostituisce il giudizio umano, ma lo potenzia, permettendo alle organizzazioni di navigare in un ambiente dove la velocità tecnologica non è più un rischio, ma una risorsa.

L'articolo Dalla trasformazione Cloud alla AI governance: ecco le competenze che guidano il cambiamento proviene da Innovation Post.

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