Le competenze manageriali per il cloud: dal data thinking alla leadership digitale

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Le competenze manageriali per il cloud: dal data thinking alla leadership digitale
L’espansione del cloud e dei data center richiede nuove competenze manageriali capaci di interpretare dati e guidare la trasformazione…

La rivoluzione cloud non riguarda solo l’evoluzione dell’infrastruttura digitale. Implica una trasformazione più profonda, che tocca la cultura organizzativa, i processi decisionali e le capacità delle persone che li guidano. Le competenze manageriali per il cloud diventano così un asse strategico per interpretare fenomeni complessi e mantenere il controllo sull’innovazione.
L’analisi proposta da Luca Luchesini, Sales Director Saudi Arabia – Network Infrastructure di Nokia, durante il convegno Il Cloud tra AI e sovranità: strategie e politiche industriali per un nuovo ecosistema digitale organizzato dall’Osservatorio Cloud Transformation del Politecnico di Milano, parte dall’Arabia Saudita, dove la digitalizzazione, secondo Luchesini, è già una realtà diffusa e sistemica.
Dal cloud alla trasformazione del management
Luchesini osserva che il vero cambiamento non è soltanto tecnologico. È una questione di governance e cultura manageriale, di come si prendono le decisioni e di come si gestisce la complessità che nasce dall’interconnessione tra infrastrutture, dati e servizi digitali.
Riad, dove Luchesini vive e lavora, è l’emblema di questa trasformazione. «Nel 1920 aveva 20.000 abitanti. Oggi è una città di 8 milioni di persone, metà immigrati, con 5 milioni di veicoli in circolazione», racconta. La crescita urbanistica ed economica ha imposto un ripensamento profondo dei meccanismi di gestione: «Gestire immigrazione, traffico e immobiliare è essenziale. Il governo ha messo in atto un sistema integrato in cui tutto, dai permessi di soggiorno alle assicurazioni sanitarie, funziona in modo automatizzato e tracciabile».
Un modello di digitalizzazione che non si limita alla dimensione pubblica. La collaborazione con il settore privato ha permesso di costruire un ecosistema digitale coordinato, dove la tecnologia diventa infrastruttura di efficienza e non semplice supporto tecnico. Luchesini sottolinea come questo approccio abbia avuto successo anche per la sua natura “ibrida”: «Probabilmente con un approccio anche top-down», spiega, evidenziando la sinergia tra governance centrale e capacità di esecuzione operativa.
Il modello saudita e la cultura dei dati
L’esperienza saudita mostra come la digitalizzazione possa funzionare solo se accompagnata da un pensiero sistemico e da una cultura del dato. In un Paese che guarda contemporaneamente all’Occidente e alla Cina, la trasformazione digitale è diventata strumento di politica industriale e di posizionamento strategico.
Luchesini ne sottolinea l’impatto sul management: «Il tema della digitalizzazione è assolutamente pervasivo». La gestione quotidiana dei processi – dal pagamento delle multe alla rateizzazione dell’affitto – avviene attraverso sistemi integrati che comunicano con le banche e le istituzioni.
Questo livello di efficienza, aggiunge, nasce da una pianificazione che coinvolge l’intera filiera decisionale: pubblica, privata, tecnologica. È un caso che mostra come il cloud e i dati non siano semplicemente risorse tecniche, ma leve di governance che richiedono una nuova forma di intelligenza manageriale.
Soft skill e Data Analytics: la nuova grammatica del management
La trasformazione digitale non chiede solo competenze operative. Serve un cambio di paradigma nel modo di pensare. Luchesini identifica due pilastri fondamentali per il manager contemporaneo: le soft skill, che restano il fondamento delle relazioni e della gestione dei team, e la Data Analytics, intesa come capacità di interpretare quantitativamente i fenomeni.
«Gli studi confermano che noi italiani ci sentiamo preparati sulle competenze trasversali», osserva Luchesini. «Ma siamo più deboli nella parte di Data Analytics».
La debolezza, spiega, non è solo tecnica. È cognitiva. Non si tratta di saper programmare o utilizzare strumenti complessi, ma di allenarsi a ragionare in modo quantitativo, “a stimare” anche ciò che non si conosce. Luchesini richiama l’esempio delle “domande di Fermi”, esercizi che il fisico Enrico Fermi usava per testare la capacità di affrontare problemi complessi con poche informazioni.
«Fermi chiedeva: quanti sono gli accordatori di pianoforte a Milano? Non per sapere il numero esatto, ma per verificare se il candidato sapeva scomporre un fenomeno e stimarne la dimensione».
Secondo Luchesini, questa è una competenza essenziale per i manager del cloud: quantificare, correlare, semplificare. In un contesto dove l’intelligenza artificiale può fornire risposte istantanee, diventa ancora più importante mantenere la capacità di costruire un ragionamento autonomo.
Decisioni autonome nell’era dell’intelligenza artificiale
L’intelligenza artificiale rappresenta un alleato, ma anche una sfida. Luchesini cita un intervento recente del viceministro saudita delle Comunicazioni e dell’Information Technology: «Il nostro compito è addestrare la forza lavoro all’AI, ma senza renderne schiavi».
Una riflessione che tocca il cuore della leadership digitale. Il rischio, spiega Luchesini, è che i manager perdano la capacità di valutare i fenomeni in modo indipendente, delegando alle piattaforme ogni decisione.
Le competenze manageriali per il cloud devono invece evolvere verso una autonomia cognitiva: saper usare l’AI come strumento di supporto, ma anche riuscire a prendere decisioni qualora non fosse disponibile. «Noi dobbiamo usare questi strumenti, ma avere anche la capacità di poter prendere decisioni senza averli a disposizione», sintetizza.
Verso una leadership data-driven e indipendente
Dall’osservazione di Luchesini emerge un punto chiave: la sovranità digitale non si costruisce solo con infrastrutture, ma con persone capaci di comprendere i dati e guidarne l’uso.
Il cloud, con la sua flessibilità e scalabilità, ha aperto un nuovo modo di concepire l’organizzazione. Ma per governarlo serve una leadership in grado di muoversi tra numeri, algoritmi e scenari strategici, senza perdere di vista la dimensione umana.
Le competenze manageriali per il cloud non coincidono con la conoscenza di una tecnologia specifica. Sono la capacità di interpretare la complessità, di tradurre i dati in decisioni operative e di mantenere una visione coerente anche in contesti di rapido cambiamento.Luchesini non propone un modello ideale, ma offre una chiave di lettura concreta: la managerialità come intelligenza applicata ai dati. In un’economia sempre più guidata dall’informazione, la sfida per i dirigenti non è imparare nuovi software, ma sviluppare un metodo di pensiero capace di navigare l’incertezza.
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