Federorafi, export ancora in frenata: -15,2% nei cinque mesi. Preoccupano i dazi Usa

Il comparto orafo-argentiero-gioielliero, dopo aver archiviato un 2024 con un export in crescita consistente (+41,4%), nei primi tre mesi del 2025 ha accusato una controtendenza (-9,1%) rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, registrando un valore di poco superiore a 3,35 miliardi di euro. E questa flessione continua anche nelle previsioni per i primi cinque mesi dell’anno, che mostrano una diminuzione delle esportazioni settoriali del -15,2%, portando il totale a 5,88 miliardi di euro. È quanto emerge dall’area studi Mediobanca affiancato dalle elaborazioni del Centro Studi di Confindustria Federorafi.
Questo declino è principalmente dovuto alla contrazione delle esportazioni verso la Turchia (-42,2%), che, pur restando uno dei principali partner, ha visto una diminuzione a causa delle contromisure governative. Anche i principali mercati tradizionali hanno mostrato segnali di rallentamento, come gli Stati Uniti (-18,9%), la Francia (-20,4%) e l’Irlanda (-26,8%). In controtendenza, tuttavia, sono emerse alcune aree di crescita. Gli Emirati Arabi Uniti (+18,5%) e la Svizzera (+15,3%) hanno contribuito a sostenere l’export, così come i flussi verso il Giappone (+16,4%), la Cina (+20,6%) e il Canada (+71,8%).
Come sottolinea Confindustria Federorafi, un elemento importante da considerare riguarda l’accordo Usa-Ue di luglio 2025, che introduce un dazio del 15% sui prodotti orafi. Questa misura potrebbe impattare negativamente sulle piccole e medie imprese, con perdite significative sui margini, stimando una riduzione fino al 75% del valore aggiunto per il settore unbranded. Per contrastare questo scenario, alcune aziende potrebbero essere costrette a rialzare i prezzi, con un incremento stimato del 20% sui prodotti destinati al mercato americano.
Il comparto, però, ha concluso il 2024 con un fatturato in crescita del 5% e trainato soprattutto dai distretti di Arezzo e Vicenza, che hanno registrato una crescita dell’8 per cento, ma le prospettive per il resto del 2025 appaiono più incerte: il 45% delle imprese si attende un aumento dei ricavi, il 43% prevede una contrazione e il 12% stima stabilità. L’ottimismo prevale ad Arezzo e Valenza, rispettivamente con il 52% e il 50% delle aziende orientate a una crescita, mentre a Vicenza e nelle altre aree si riscontra un sentiment più prudente, con percentuali più elevate di imprese che ipotizzano un calo delle vendite.
Il contesto globale resta il principale fattore di instabilità. Oltre tre quarti delle aziende segnalano preoccupazioni per l’incertezza geopolitica, mentre il 61,9% evidenzia i rischi derivanti da barriere commerciali e politiche protezionistiche. La concorrenza di prezzo, gli alti costi energetici e le difficoltà legate al reperimento di competenze specializzate completano il quadro delle criticità più sentite. Nonostante ciò, le imprese dimostrano una marcata volontà di reazione: il 61,5% intende ampliare la propria presenza su nuovi mercati, il 60% punta su sviluppo di prodotti e servizi innovativi e quasi la metà è orientata a incrementare gli investimenti tecnologici.
In ultima battuta, sul fronte Esg e di transizione sostenibile il comparto ha mostrato segnali di attivazione, ma il livello di coinvolgimento risulta inferiore rispetto ad altri settori: il 61,5% delle imprese dice di avere avviato iniziative di sensibilizzazione, con picchi significativi nel distretto di Valenza (77,8%), mentre Arezzo (60%), Vicenza (59,1%) e le altre aree (57,1%) si collocano al di sotto della media nazionale. L’impegno operativo riguarda prevalentemente la gestione responsabile delle catene di fornitura, la riduzione dell’utilizzo di fonti fossili e il ricorso a energie rinnovabili, insieme a iniziative di riciclo e gestione dei rifiuti. Restano tuttavia criticità evidenti: solo il 18,2% delle imprese utilizza fonti rinnovabili per oltre l’80% del fabbisogno, il 14% autoproduce energia e quasi il 60% non adotta forme strutturate di comunicazione in materia di sostenibilità. Il principale ostacolo segnalato resta la complessità burocratica.
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