Gli acceleratori AI di NVIDIA sono ora vietati in Cina, è ufficiale
Avevamo visto avvisaglie già nelle scorse settimane, ma l’ostilità della Cina nei confronti di NVIDIA ha raggiunto nuovi apici nelle scorse ore: il governo di Xi Jinping ha infatti proibito alle aziende del Paese di comprare le schede grafiche RTX Pro 6000D che la società di Jensen Huang ha realizzato apposta per quel mercato. Lo ha riportato nelle scorse ore il Financial Times, citando fonti governative locali, ma la notizia è stata sostanzialmente confermata da NVIDIA stessa, che in tutto questo è sostanzialmente incolpevole, presa nel “fuoco incrociato” tra i bisticci di due superpotenze come gli USA e la Cina.
Naturalmente il settore di riferimento è quello dell’intelligenza artificiale. NVIDIA è un’azienda americana, anche se Huang, che oltre a dirigere la società l’ha anche fondata circa 32 anni fa, è nato a Taiwan e ha doppia cittadinanza. Gli Stati Uniti hanno proibito alle aziende americane di vendere chip AI troppo potenti alla Cina, perché temono che vengano usati per scopi bellici o cyber-bellici (campagne di disinformazione basate su video deepfake e così via). Il governo ha stabilito dei parametri di potenza, che peraltro sono già stati cambiati diverse volte, e NVIDIA si è limitata a osservare queste regole - non che potesse fare altrimenti, del resto.
Nei mesi scorsi aziende come Alibaba, Tencent, ByteDance e tante altre hanno piazzato ordini per migliaia e migliaia di schede, che sono state presentate a luglio e che ora rimarranno verosimilmente invendute. Jensen Huang, che si trova a Londra per una cena con Trump, ha dichiarato ai giornalisti di essere “deluso” dalla notizia, ed è più che comprensibile - diciamo pure è probabilmente l’eufemismo del decennio: in gioco ci sono probabilmente centinaia di milioni di dollari, se non miliardi, di mancato fatturato, per non parlare dei costi di produzione già sostenuti. Huang aveva anche lavorato molto a livello politico per convincere Trump e la sua amministrazione ad autorizzare le vendite, in cambio di una commissione del 15% sui profitti.
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