Il Cremlino: l’estate, il Gargano e l’analogico che diventa musica | Indie Talks

Di Mariangela Pia Caputo
L’estate che arriva e ti travolge è il loop che meritiamo di vivere per tutte le vite che avremo a disposizione.
Nella bella stagione, si sa, l’essere creativi incontra la voglia di mischiarsi all’odore dei luoghi del cuore. È un eterno frame di cose già viste ma assaporate sempre in maniera diversa; ed è questa la percezione che si ha ascoltando il progetto solista di Fabio D’Errico, in arte Il Cremlino (voci, synth, chitarra), magari su una spiaggia del Gargano o sotto un albero di eucalipto.
L’idea trovò la luce nel 2018 e da quel momento esatto tutto cambiò. Di giorno, tecnico costruttore di amplificatori per chitarre; di notte, frequentatore di camere oscure dove l’odore dei rullini fotografici rende la sua musica ancor più analogica.
Reduce da X-Factor 2023, Fabio in questi due anni ha fatto cose, ha visto gente. Prima Waikiki (2022), poi Pop (2024), Brigante se more – storico pezzo dei Musicanova, rivisitato in chiave folktronica grazie ai Cantori di Carpino e ai Tarant Folk – fino ad arrivare al suo ultimo singolo Mare Mare (2025), uscito il 24 luglio scorso.
Il Gargano fa da sfondo alla sua musica: una musica che crea, impasta, dipinge con i colori che la sua stessa terra gli suggerisce e che emergono totalmente nella copertina del suo ultimo brano.
Il giallo paglierino della sabbia si abbina perfettamente al colore acceso della custodia Kodak posta sotto l’ombrellone, oggetto che rimanda agli anni Ottanta e che sembra regalarci rimpianti mai vissuti; esattamente come la sua musica: un mix di dance anni Novanta, come recita il ritornello della sua Waikiki, compresso nei suoni elettronici e nella malinconia indie-pop.
Figlio dell’Italia anni Novanta, Fabio è un artista a 360 gradi; da sempre autocostruttore di strumenti: le valvole e i transistor sono il suo credo, il suo pane quotidiano. L’essere artigiano gli permette di entrare in contatto diretto con i luoghi e con la gente che li abita; la famosa provincia che trasuda verità e che nei suoi diversi pezzi si presenta senza trucco né inganno.
Il titolo del singolo è indubbiamente un pezzo che abbraccia tutti; diventa visione collettiva di scene di vita quotidiana: dal bambino che rincorre il pallone sulla spiaggia, alla madre che intima al figlio di uscire dall’acqua; alla coppia di fidanzati che ballano come se il mondo intorno non li osservasse, al suono di:
«Ritmo danzante che solletica la mente, che ti prende come un fiume in piena, che ti muove fino alla sera».
Mare Mare non è solo un inno all’estate, all’acqua salata, al sole che tarda a tramontare; è la consapevolezza di qualcosa che ti porti dietro e che ti garantisce sempre una maniera meno acre per cominciare ad amare anche l’inverno.
Settembre: un nuovo capitolo
L’estate però sembra non arrestarsi nella mente dell’artista, tanto che il mese di settembre non terminerà prima di aver conosciuto il suo ultimo singolo, disponibile su tutte le piattaforme digitali dal 26 settembre.
Il singolo è un omaggio alla stagione della Vergine, intitolato Settembre. Le vibes incontrate sono di natura cantautorale con rimandi al genere del synth-pop, perfette per quella bella nostalgia “generosamente commisurata in ritmo danzabile sintetico”.
Il Cremlino X Indie Talks
1) Che rapporto hai con la tua terra natìa?
Fortissimo. Mi sento profondamente garganico ma viaggiare per me è fondamentale: amo farlo. Amo Capojale e Peschici, due luoghi ai quali sono particolarmente legato.
Mi piace fondere tutte le nuove culture, gusti e profumi incontrati in ogni viaggio fatto, con la mia terra natìa.
2) Dove solitamente cerchi l’ispirazione? Conservi posti del cuore?
Nella Domenica, nell’odore degli eucalipti di Capojale, più vicino possibile al mare.
Ci sono estremamente legato quasi in maniera “sanguigna” a tutto questo e mi piace fonderlo con culture completamente diverse.
3) In che modo la cultura elettronica ha influenzato il tuo modo di produrre musica in un mondo dominato sempre più dalla pop wave?
Nasco come chitarrista e cantante, ma non amo le barriere strumentali né tantomeno quelle umane. Anni fa ascoltai quasi casualmente un brano di Ben Böhmer: da quel momento tutto è cambiato, sono rimasto folgorato.
Con l’elettronica ho trovato la mia pace sperimentale, anche perché costruisco circuiti praticamente da bambino: è una passione innata. Ho iniziato a costruirmi la prima radio a otto anni con un Kit Clementoni, poi da adolescente tutta la strumentazione necessaria sia per necessità che per personalizzazione: partendo dall’effettistica per chitarra, poi agli amplificatori, all’attrezzatura da studio ed ultimamente sto iniziando anche a costruirmi synth.
È dunque diventato a tutti gli effetti il mio lavoro.
4) La tua personalissima espressione «Siate analogici», che spesso reciti anche nei tuoi live, da dove nasce? Cosa c’è di spirituale in questo tuo modus vivendi?
Il mio «Siate analogici» è riferito al contatto umano, non al feticismo delle macchine.
Sono per l’analogia umana, contatto vero. Sempre.
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