Il legame avvelenato tra una madre e sua figlia, sul palcoscenico di McDonagh

C’è un filo sottile che lega una madre a sua figlia. Un filo che talvolta può trasformarsi in un nodo scorsoio, stretto tra rancori mai affrontati e incomprensioni. Su questa tensione si muove lo spettacolo diretto da Raphael Tobia Vogel e interpretato da Ambra Angiolini e Ivana Monti, tratto da un testo del commediografo, regista e produttore cinematografico britannico Martin McDonagh.
McDonagh ha costruito negli anni una cifra stilistica caratterizzata da un realismo tagliente, un’ironia corrosiva e un umorismo nero capace di smascherare ipocrisie sociali e fragilità individuali. A teatro lo si ricorda per la Trilogia di Leenane, che ha consacrato la sua fama, mentre al cinema ha firmato opere come Tre manifesti a Ebbing, Missouri (vincitore di due Oscar), Gli spiriti dell’isola e In Bruges.
Lo spettacolo – diretto con la regia del drammaturgo Raphael Tobia Vogel – è un thriller psicologico che scava nel cuore di una famiglia, che non è più un nido, ma si trasforma in un campo di battaglia. Un luogo che per definizione dovrebbe essere un rifugio, e un luogo sicuro diventa così teatro di un legame avvelenato. Al centro, due donne. Una madre, Mag ,(interpretata dall’attrice Ivana Monti), abile manipolatrice, capace di minare con piccoli e continui gesti la serenità della figlia. Una figlia, Maureen, (interpretata dall’attrice, conduttrice televisiva e cantante Ambra Angiolini), intrappolata in una dipendenza affettiva, schiacciata tra il desiderio di libertà e la paura di restare sola.
Nel testo di McDonagh la madre non viene descritta come un mostro, e la figlia non come un’innocente. Sono due personalità deformate dal peso di un legame che diventa una prigione. Nella relazione tra le due, i ruoli di vittima e carnefice si scambiano continuamente, lasciando spettatrici e spettatori nell’incertezza. Chi sta davvero vincendo questa guerra? Nessuna delle due, entrambe, inghiottite da un destino che le vuole incatenate l’una all’altra.
Angiolini restituisce la fragilità di una figlia divisa tra il bisogno d’amore e la rabbia verso una madre soffocante. Monti interpreta invece un personaggio ambiguo, capace di suscitare allo stesso tempo repulsione e compassione. Insieme, costruiscono un duetto fatto di silenzi carichi di tensione, dialoghi taglienti e improvvise esplosioni emotive.
La regia di Raphael Tobia Vogel sostiene e amplifica questa tensione. Dopo i successi di Costellazioni e Scene da un matrimonio, il giovane regista e videomaker lavora sul tema dell’intimità dei rapporti umani, sul dettaglio psicologico, sull’uso dello spazio come luogo mentale. L’allestimento è essenziale, quasi claustrofobico: tutto converge sull’incontro-scontro tra le due protagoniste, sulle parole che diventano armi e sulle pause che svelano abissi interiori. Dietro la vicenda personale, spettatrici e spettatori intravedono il riflesso di una condizione universale: quella solitudine che spesso si cela dietro i rapporti familiari, la paura di restare senza l’altro, anche quando l’altro ci ferisce.
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