La genetica della dislessia
Il più ampio studio finora sulla genetica della dislessia ha svelato nuovi dettagli sui meccanismi biologici alla base di questa condizione. La ricerca dell'Università di Edimburgo (Scozia) e del Max Planck Institute for Psycholinguistics (Paesi Bassi), di recente pubblicata sulla rivista scientifica Translational Psychiatry, rafforza l'idea che la dislessia, più che una condizione medica a sé stante, rappresenti la coda inferiore di un intero spettro delle abilità nella lettura, che variano naturalmente nella popolazione.. Dislessia: che cos'è. La dislessia fa parte dei disturbi specifici dell'apprendimento (DSA), una famiglia di diversa modalità di funzionamento del cervello innate e non transitorie, che accompagnano per tutta la vita. Si manifesta con una difficoltà nella lettura fluente e accurata di un testo, che spesso si riflette in una difficoltà della sua comprensione, e diventa più evidente con l'inizio del percorso scolastico.
La dislessia ha una forte componente genetica, e il nuovo studio ha cercato di comprendere meglio quali varianti genetiche siano collegate alla sua presenza, quanto siano effettivamente predittive della manifestazione del disturbo e se siano in qualche modo state selezionate dall'evoluzione.. Regioni inedite. Gli scienziati hanno condotto quello che in termini tecnici si definisce uno studio di associazione genome-wide (genome-wide association study, o GWAS), un'indagine di tutti, o quasi tutti, i geni di diversi individui per capire quali siano associati a una determinata condizione. Hanno preso in considerazione i dati di due database - il GenLang Consortium's study on reading skill e il 23andMe study on dyslexia - fino ad arrivare a considerare 1,2 milioni di persone: il campione più ampio mai considerato, che è servito a puntare una "lente di ingrandimento" sulle basi genetiche della dislessia.. È stato così possibile individuare 80 regioni di DNA legate alla dislessia, di cui 36 di nuova rilevanza e 13 completamente sconosciute alla scienza, senza cioè precedenti associazioni con la dislessia. All'interno di queste nuove regioni sono presenti molti geni implicati nella fase iniziale dello sviluppo neurale nel periodo embrionale.
Alcune varianti significative per la dislessia lo sono anche per l'ADHD, condizione che spesso si accompagna alla dislessia. Sono state inoltre trovate correlazioni tra la dislessia e il dolore cronico (cioè un dolore che persiste oltre i normali tempi di guarigione), la cui prevalenza è più alta in chi soffre di disturbi del neurosviluppo, benché le ragioni non siano ancora chiare.. Nessun apparente vantaggio evolutivo. Dall'analisi non risulta che i fattori genetici che influenzano la dislessia siano stati soggetti a recenti pressioni evolutive - non sembrerebbero, cioè, essere stati favoriti dall'evoluzione della recente storia umana (per esempio nel passaggio dalle società di cacciatori-raccoglitori alle prime società agricole europee).. La genetica non è tutto. Gli autori hanno infine cercato di capire se gli effetti combinati delle diverse varianti genetiche implicate potessero, insieme, prevedere le difficoltà nella lettura in gruppi di individui. Questi effetti, radunati in un unico indice, sono stati in grado di predire soltanto tra il 2,3% e il 4,7% della varianza nelle capacità di lettura: significa che oltre ai fattori individuati, potrebbero esserci altre basi genetiche ancora da trovare che influenzano le difficoltà nel leggere, ma anche che istruzione, ambiente e sistemi di supporto possono fare molto..
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