La Riforma della Giustizia: ecco perché l’attuale Magistratura è una manna del Signore

La Riforma della Giustizia in Italia nel tramonto del diritto internazionale: perché l’attuale Magistratura è una manna del Signore.
L’area di potere della Magistratura deriva dagli artt. 24 e 113 della nostra Costituzione e dall’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, secondo i quali, contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti. Se un vigile commina una multa al cittadino, questo può rivolgersi al magistrato e percorrere tre gradi di giudizio.
Quando il governo decide di espellere dal paese un immigrato, la persona espulsa ha diritto di impugnare il provvedimento davanti all’Autorità giudiziaria. Negli Usa, ai tempi delle grandi emigrazioni, se un funzionario del porto di New York ti respingeva perché non facevi un mestiere “richiesto” dalle aziende americane, potevi solo tornare a casa.
La nostra Costituzione, nel ricordo cogente degli abusi del regime fascista, aveva inteso limitare i poteri governativi attraverso un Organo indipendente di “ultima istanza”, che trova la sua massima espressione nella Corte Costituzionale.
Giustizia, PM e Polizia

La limitazione dei poteri della polizia è peraltro universale. Tutte le Costituzioni, perfino quella Russa, prevedono che un “fermo” deve essere convalidato dal giudice entro le 48 ore. Tuttavia, il passaggio dei poteri dalla polizia al magistrato resta un fatto formale quando è lo stesso magistrato ad usare metodi polizieschi: in tal caso, i Pm. rischiano di essere percepiti come “sbirri” dall’opinione pubblica.
Per non girarci intorno, la facoltà del Pm di effettuare intercettazioni a “strascico”, di avviare cioè un controllo per il reato A e poi utilizzare le stesse intercettazioni per un reato B, non è consentito in altre legislazioni. Questa tecnica di indagine non l’hanno inventata gli inquirenti del nostro secolo, ma risale all’epoca dell’Ovra.
Fatto ancor più grave è che tali tecniche invasive siano state autorizzate dai parlamenti, ma di questo parlerò più avanti.
Possiamo affermare che esiste una “democrazia formale” quando i Giudici hanno il potere di verificare se le norme di legge e gli atti di governo siano conformi al “diritto”. In quelle che noi chiamiamo “autarchie”, la Magistratura ha un ruolo e funzioni circoscritte.
Trump sta cercando di trasformare la democrazia americana in una autarchia, con il pretesto di dover salvare il paese dal declino economico e dal disordine sociale. Il che equivale a dire che le autarchie sono necessarie nei momenti di crisi e quindi non riconoscere la democrazia come valore assoluto. Il principale baluardo della “democrazia formale” nel mondo resta dunque l’Europa.
Il diritto internazionale non c’è più
A questo punto dobbiamo chiederci se un paese possa restare “democratico” quando viene fatto “strame” del diritto internazionale.
Il più elevato fattore morale della civiltà umana, quello che ci da uscire dalle barbarie, è la pace tra le Nazioni. Le piazze europee hanno manifestato per decenni contro il proliferare degli armamenti, mentre esistevano paesi che aprivano fabbriche di carri armati, di missili, di arei da caccia, di atomiche e cosi via.
Il pacifismo europeo ha avuto come conseguenza che la Russia ci considera dei sudditi potenziali, ci attacca per farci capire che costituisce “un problema” e cerca di destabilizzarci con i droni e la cybernetica.
Come ha dichiarato Giorgia Meloni, l’Onu ha fallito nella missione di tutelare la pace e la libertà dei popoli perché non dispone di un esercito ed è condizionata dai paesi che hanno il potere di veto, “ottenuto” grazie alla loro supremazia militare nella seconda guerra mondiale.
Vi darò ora la prova che “il diritto internazionale” è diventato una semplice “opinione”.
Il dibattito sul problema palestinese si è incentrato su due principali mozioni. La prima, secondo cui non bisogna riconoscere la Palestina perché sarebbe come legalizzare Hamas. La seconda, di riconoscere la Palestina come atto formale di “solidarietà” anche se non esiste un territorio e il popolo è in via di estinzione.
A questo punto del dibattito la Meloni ha avuto una pensata: “L’talia è pronta all’immediato riconoscimento della Palestina alla condizione che Hamas restituisca gli ostaggi, venga disarmato e non possa mai partecipare alle elezioni nel futuro stato palestinese”.
Al riguardo, ho intervistato una casalinga, che si è così espressa: “Ma se i terroristi di Hamas fossero stati disposti ad accettare queste condizioni, la guerra sarebbe finita da un pezzo”.
Il fatto sostanziale è che il riconoscimento dello Stato palestinese non interrompe i massacri, perché l’Onu non tutela i paesi membri, chiede solo di pagare una pesante tassa di “iscrizione”.
L’Ucraina fa parte dell’Onu ma la Russia l’ha aggredita. Quasi tutte le nazioni che hanno subitomassacri, sono membri dell’Onu.
Fare entrare la Palestina in questo consesso mondiale, equivale ad iscrivere al Rotary gli ospiti della mensa di San Egidio.
La Meloni cerca di spiazzare la Schlein e la sfida a venire in Parlamento a dissociarsi dalla Sua proposta di “pace”.
A chi serve il riconoscimento della Palestina? Anzitutto ai paesi occidentali per sedare la propria “opinione pubblica” e mettersi a posto con la “coscienza nazionale”. I governi di Spagna, Francia, Italia e Gran Bretagna pensano solo a contenere le “loro” manifestazioni di piazza. E con ragione, a motivo degli atti vandalici costanti: è farisaico prendere le distanze dalle minoranze “infiltrate” quando i delinquenti l’hanno sempre fatta da padroni, dai black block in poi.
I martiri di Gaza sono la prova inconfutabile del completo fallimento dello stato di diritto “internazionale”.
Se incontro qualcuno che pensa al “diritto internazionale” come espressione della “morale” anziché della “forza”, lo sfido a una partita di tennis all’ultimo sangue.
E ora uno sguardo alle ragioni della decadenza delle istituzioni di casa nostra, cominciando da quelle parlamentari.
Per fare il deputato o il senatore, cioè per formare le leggi che il giudice deve fare rispettare, è sufficiente avere frequentato la scuola dell’obbligo.
Al parlamentare non è richiesto di saper scrivere una legge. Se applicassimo il principio della “competenza professionale” i parlamentari italiani delle ultime tre legislature si ridurrebbero drasticamente. Il parlamentare “macchietta” è stato magistralmente rappresentato da Antonio Albanese nel film “Cetto la qualunque” del 2019.
La sudditanza del potere legislativo nei confronti di quello giudiziario, non deriva dalla Costituzione e neppure dalla corrente “integralista” di matrice catto-comunista, ma dipende dalla prassi, continua e mai interrotta, di utilizzare la Magistratura per fini politici.
Ciò è dimostrato dal fatto che i leader della destra, come la Meloni e Umberto Bossi, avevano esaltato l’azione dei magistrati di Mani pulite agitando il vessillo dell’onestà per eliminare la classe-guida della Prima repubblica. Nessuno di questi personaggi o dei loro eredi politici, ha titolo per contestare gli stessi metodi utilizzati ai nostri giorni dal “campo largo”.
La sinistra italiana tornerà al centro della vita politica soltanto se emergerà un “riformatore” capace di prendere le distanze dai gruppi minori dediti al ricatto giudiziario.
Lo scribano che prepara una “trappola giudiziaria” non si assume la responsabilità dei fatti denunciati, si limita ad esporli come “ipotesi” lasciando al Pm il compito di valutarli attraverso l’indagine “dovuta”.
Per questi motivi, l’Italia ha il primato mondiale di processi avviati per fini politici, è l’unico paese che ha subito la rivoluzione delle procure e detiene il record planetario di governi abbattuti per via giudiziaria.
E’ anche il paese che mantiene il primato di sentenze ribaltate nei gradi successivi di giudizio. E’ il paese che ha ricevuto il maggior numero di richiami da parte dell’Europa per i risarcimenti dovuti agli arresti arbitrari.
Un parlamento, un governo, una formazione politica, che non affrontino la crisi endemica della Giustizia, non assolvono alla propria funzione istituzionale.
Il macchinoso “progetto” Nordio, che risponde a queste elementari esigenze di riforma, fa seguito a tre o quattro tentativi precedenti. Le stesse riforme “concordate” con la Magistratura dai governi di ogni colore, da Giuliano Vassalli ad oggi, non sono andate a buon fine o sono state relativizzate.
Un timido passo in avanti sarà fatto con l’eliminazione delle correnti, che si spartiscono i ruoli secondo il “Manuale Palamara”. La carriera dei giudici non sarà più condizionata dal fatto dell“appartenenza” ad un gruppo interno della Magistratura che può imporre una linea di “giurisprudenza” e affidare i ruoli più delicati a giudici di “parte”.
Il “sorteggio” dei posti di rappresentanza nella propria Associazione, certo svilisce questo Corpo Autonomo di cui occorre conservare la dignità, ricordando i tanti Giudici che hanno perso la vita per difendere la democrazia dalle mafie e dai gruppi eversivi, da Coco a Falcone.
L’idea di introdurre norme che stabiliscono una responsabilità economica individuale dei giudici da molti auspicata, dev’essere respinta. Infatti, leggi di questo tipo, previste per i funzionari statali, hanno portato alla paralisi della Pubblca Amministrazione. Neppure mi sento di stigmatizzare i magistrati che contrastano il governo per il centro di accoglienza in Albania, perché esistono leggi di incerta interpretazione che devono valutare gli organi giudiziari sovranazionali. Per la stessa ragione contesto che la sinistra possa fare di questa scelta di governo una bandiera dell’opposizione.
In relazione ai metodi di indagine basati su “teoremi”, qualcosa si sta muovendo nella Magistratura. Per i giudici del Tribunale del Riesame di Milano, l’inchiesta sull’urbanistica cittadina, che aveva portato lo scorso agosto agli arresti di alcuni membri della Commissione Paesaggio del Comune, si fonda su “una svilente semplificazione argomentativa della Procura e del Gip”. La destra non ha applaudito come avrebbe dovuto, perché sperava di delegittimare il sindaco Sala.
Se vogliamo trasformare la UE in Nazione, occorre rivedere le regole che danno luogo a situazioni di vantaggio o di sfavore economico e sociale nei singoli Stati.
Il ruolo di redigere “Codici Unici” spetta all’Europa, le cui norme sono di rango superiore alle stesse leggi costituzionali degli Stati membri.
Invece di indire un referendum divisivo, la Meloni dovrebbe chiedere alla Von Der Leyen di nominare una delegazione di giuristi dei 27 paesi che arrivi ad una normativa uniforme in materia di indagini dei P.M., di responsabilità e indipendenza, di trattamento economico e di carriera dei giudici. Sono certo che i nostri magistrati scoprirebbero che il governo italiano è tra i più democratici in Europa e forse la Meloni capirebbe che l’attuale Magistratura, nella quasi totalità, è una manna del Signore.
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