Leone XIV agli eremiti: “Dialogate con tutti i cercatori di senso e di verità”

Ottobre 12, 2025 - 06:30
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Leone XIV agli eremiti: “Dialogate con tutti i cercatori di senso e di verità”

Papa Leone XIV ha incontrato un gruppo di Eremiti, a Roma per il Giubileo della Vita Consacrata, e li incoraggiati a continuare a vivere la loro vocazione per aiutare la Chiesa e tutti i fedeli a riscoprire l’importanza dell’intimità con Dio. “Questo nostro tempo travagliato vi chiede”, afferma “di entrare nel mistero della intercessione di Cristo a favore di tutta l’umanità, accettando di ‘porvi in mezzo’ tra la creatura, fragile e minacciata dal male, e il Padre misericordioso”.

Le parole del Santo Padre

Vorrei partire da una parola, che il Signore disse alla donna samaritana e che leggiamo nel Vangelo di Giovanni: «È giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori» (Gv 4,23). Sì, il Padre cerca e chiama, in ogni tempo, uomini e donne ad adorarlo nella luce del suo Spirito e nella verità rivelata dal suo Figlio unigenito. Chiama donne e uomini a dedicarsi interamente a Lui, a cercarlo e ascoltarlo, a lodarlo e invocarlo, di giorno e di notte, nel segreto del cuore. «Quando tu preghi – dice Gesù – entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà» (Mt 6,6). Per prima cosa, il Signore chiama ad entrare in questo luogo nascosto del cuore, scavandolo pazientemente: invita a compiere un’immersione interiore che richiede un cammino di svuotamento e di spogliazione di sé. Una volta entrati, chiede di chiudere la porta ai cattivi pensieri per custodire un cuore puro, umile e mite, con la vigilanza e il combattimento spirituale. Solo allora ci si può abbandonare con fiducia al dialogo intimo con il Padre, che dimora e vede nel segreto, e nel segreto ci ricolma dei suoi doni.

La vocazione alla preghiera

Questa vocazione all’adorazione e alla preghiera interiore, propria di ogni credente, voi eremiti ed eremite siete chiamati a viverla in modo esemplare, per essere nella Chiesa testimonianza della bellezza della vita contemplativa. Essa non è fuga dal mondo, ma rigenerazione del cuore, perché sia capace di ascolto, sorgente di agire creativo e fecondo della carità che Dio ci ispira. Di questo richiamo all’interiorità e al silenzio, per vivere in contatto con sé stessi, col prossimo, con il creato e con Dio, oggi c’è più che mai bisogno, in un mondo sempre più alienato nell’esteriorità mediatica e tecnologica. Dall’intima amicizia col Signore rinascono, infatti, la gioia di vivere, lo stupore della fede e il gusto della comunione ecclesiale.

Uniti nella solidarietà

La vostra distanza dal mondo non vi separa dagli altri, ma vi unisce in una solidarietà più profonda. Scrive Evagrio Pontico: «Monaco è colui che, separato da tutti, è unito a tutti» (Trattato sulla preghiera, 124), perché la solitudine orante genera la comunione e la compassione per tutto il genere umano e per ogni creatura, sia nella dimensione dello Spirito, sia nel contesto ecclesiale e sociale in cui siete posti come fermento di vita divina. L’eremita diocesano «è una figura in aperta relazione con il corpo ecclesiale e il corpo della storia» [1]. La vostra presenza semplice e la vostra testimonianza orante, attraverso la comunione con il vescovo e la relazione fraterna con i parroci, diventano preziose e feconde, poiché accrescono il “respiro spirituale” della comunità cristiana. Ciò è vero soprattutto nelle aree interne del Paese, contesti rurali in cui presbiteri e religiosi si fanno sempre più rari e le parrocchie si impoveriscono di opportunità. Anche nei contesti urbani, anonimi e complessi, segnati dalla cattiva solitudine, le presenze eremitiche sono oasi di comunione con Dio e con i fratelli. Mentre restate fedeli all’eredità ricevuta dai Padri della Chiesa nel custodire la Parola, attraverso la lectio divina e il servizio della lode e dell’intercessione con la preghiera dei salmi, siete al tempo stesso chiamati a interpretare le nuove sfide spirituali con la creatività dello Spirito Santo. È il Paraclito, infatti, che vi apre al dialogo con tutti i cercatori di senso e di verità, educandovi a condividere e orientare la loro ricerca spirituale, spesso confusa. Tutti potete stimolare il prossimo a rientrare in sé stesso, a ritrovare il baricentro del cuore, come ci ha insegnato Papa Francesco nell’Enciclica Dilexit nos. E lì, nel fondo dell’animo, ciascuno potrà scoprire il fuoco del desiderio di Dio che arde e mai si spegne, come ci insegna Sant’Agostino: «Il tuo desiderio è la tua preghiera; e se è desiderio continuo, è anche preghiera continua» (Epistula 130, 18-20). Di questo desiderio che abita ogni persona, voi siete custodi e testimoni, affinché ciascuno possa scoprirlo e alimentarlo in sé.

Tenere fisso lo sguardo su Gesù

Carissimi, questo nostro tempo travagliato vi chiede, infine, di «entrare nel mistero della intercessione di Cristo a favore di tutta l’umanità, accettando di “porvi in mezzo” tra la creatura, fragile e minacciata dal male, e il Padre misericordioso, fonte di ogni bene» [2]. Chiamati a stare sulla breccia, con le mani alzate e il cuore vigile, camminate sempre alla presenza di Dio, solidali con le prove dell’umanità. Tenendo fisso lo sguardo su Gesù e aprendo le vele del cuore al suo Spirito di vita, navigate con tutta la Chiesa, nostra madre, sul mare tempestoso della storia, verso il Regno di amore e di pace che il Padre prepara per tutti.

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