L’Italia è fragile: il 94% dei Comuni è a rischio idrogeologico

Ottobre 30, 2025 - 01:30
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L’Italia è fragile: il 94% dei Comuni è a rischio idrogeologico

La piattaforma Irmap – Ischia Reconstruction Monitoring App Platform – rappresenta un esempio concreto di innovazione tecnologica applicata alla gestione del rischio idrogeologico e alla ricostruzione sostenibile. Un modello replicabile per un Paese fragile, dove quasi il 95% dei Comuni è esposto a frane e alluvioni

Il dissesto idrogeologico continua a rappresentare una delle emergenze ambientali più gravi e strutturali dell’Italia contemporanea.

Secondo l’ultimo Rapporto Ispra 2024, il 94,5% dei Comuni italiani presenta aree classificate a rischio idrogeologico e circa un quinto del territorio nazionale (18,4%) risulta a elevata pericolosità.

Oltre 1,3 milioni di persone vivono in zone a rischio frana, 6,8 milioni in aree soggette ad alluvioni e 2,9 milioni sono esposte a inondazioni ricorrenti. Le frane costituiscono la minaccia più diffusa: oltre 636.000 eventi censiti, pari a due terzi del totale europeo, evidenziano la fragilità del territorio e la necessità di strategie di prevenzione efficaci, supportate da sistemi di monitoraggio avanzati e politiche integrate di gestione del suolo.

Un rischio crescente, amplificato dal clima e dal consumo di suolo

Le cause del dissesto sono ben note e da tempo intrecciano fattori naturali e antropici: cementificazione incontrollata, deforestazione, scarsa manutenzione dei corsi d’acqua e occupazione di aree a rischio.

Dal secondo dopoguerra a oggi, la quota di suolo artificiale in Italia è cresciuta dal 2,7% al 7,16% nel 2023, riducendo drasticamente la capacità naturale di drenaggio e di infiltrazione.

Il cambiamento climatico, con l’aumento della frequenza e dell’intensità degli eventi estremi, aggrava ulteriormente la situazione: precipitazioni intense e improvvise trovano territori impermeabilizzati, amplificando frane, smottamenti e alluvioni.

In questo contesto, la valutazione del rischio idrogeologico non è solo un esercizio tecnico, ma un pilastro di sicurezza pubblica. Il rischio (R) è il prodotto di tre variabili fondamentali: pericolosità (P), vulnerabilità (V) ed elementi esposti (E).

La combinazione di questi fattori consente di classificare le aree da rischio moderato (R1) a molto elevato (R4), fornendo le basi per la pianificazione urbanistica e gli interventi di protezione civile.

Lentezza negli interventi, ma la mappatura migliora

Un quadro più operativo emerge dai dati del Repertorio Nazionale degli Interventi per la Difesa del Suolo (ReNDiS), che raccoglie i progetti finanziati dal 1999. A oggi, quasi 26.000 interventi sono censiti, ma solo il 34% risulta concluso, il 12% in fase di esecuzione e circa un terzo ancora da avviare.

Negli ultimi vent’anni sono stati spesi 6,6 miliardi di euro, a fronte di un fabbisogno stimato in oltre 27 miliardi per garantire un livello adeguato di sicurezza, secondo il Consiglio Nazionale degli Ingegneri (Cni).

Il Decreto Ambiente 2024 ha reso più trasparente il monitoraggio, imponendo ai soggetti attuatori l’obbligo di caricamento dei dati sul portale Ispra. Tuttavia, la frammentazione delle competenze e la lentezza procedurale restano tra i principali ostacoli.

Irmap: la digitalizzazione al servizio della ricostruzione e della trasparenza

In questo scenario si inserisce il progetto Irmap – Ischia Reconstruction Monitoring App Platform, una piattaforma digitale per la gestione e il monitoraggio della ricostruzione post-disastro, nata dall’esperienza di Ischia dopo gli eventi sismici del 2017 e le frane del 2022.

Il sistema, basato su tecnologie Gis e strumenti di georeferenziazione avanzata, consente di localizzare fisicamente i cantieri, associare informazioni finanziarie e tecniche e monitorare in tempo reale lo stato di avanzamento dei lavori.

Ogni soggetto attuatore carica direttamente i propri dati tramite app mobile, corredando la documentazione di immagini e materiali multimediali che restituiscono una visione concreta e trasparente degli interventi.

Irmap non è solo un archivio tecnico, ma un modello di governance partecipata. I dati inseriti dai soggetti attuatori diventano requisito per l’accesso ai finanziamenti e sono resi pubblici tramite una dashboard interattiva accessibile a cittadini e stakeholder.

Questa trasparenza, unita alla tracciabilità dei progetti e alla possibilità di correggere in corso d’opera le criticità, rappresenta un elemento di innovazione nella gestione della ricostruzione e nella prevenzione dei ritardi.

La piattaforma si compone di due ambienti integrati:

  • la versione desktop (Experience), che offre una visione d’insieme dei progetti e delle relative scadenze finanziarie
  • la versione mobile (Survey123), dedicata agli operatori sul campo, per l’inserimento in tempo reale dei dati geolocalizzati

Grazie a queste funzionalità, Irmap fornisce una fotografia costantemente aggiornata dei lavori e consente di anticipare criticità nella gestione dei cantieri, migliorando la resilienza amministrativa e operativa.

Tecnologia e prevenzione: un binomio per la sicurezza

L’esperienza di Ischia dimostra come la digitalizzazione possa essere un alleato strategico nella gestione del rischio idrogeologico e nel monitoraggio della ricostruzione.

La capacità di integrare dati geologici, urbanistici e climatici consente di simulare scenari di rischio e di adottare decisioni basate su evidenze oggettive.

Irmap, inoltre, rappresenta una best practice replicabile anche in altri contesti territoriali: dalla gestione post-alluvione alla pianificazione degli interventi di adattamento climatico.

In prospettiva, l’uso di piattaforme integrate e open data come Irmap può favorire la creazione di una rete nazionale per la prevenzione del dissesto, dove trasparenza, partecipazione e innovazione diventano strumenti concreti di sicurezza ambientale.

Crediti immagine: Depositphotos

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