Manovra: il governo vara il Dpfp, scettica anche Confindustria. La vera novità? 20 miliardi in più per le armi

Ottobre 3, 2025 - 23:00
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Manovra: il governo vara il Dpfp, scettica anche Confindustria. La vera novità? 20 miliardi in più per le armi

Il Consiglio dei ministri ha dato via libera al Documento programmatico di finanza pubblica (Dpfp). Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti parla di «linea di ferma e prudente responsabilità che tiene conto della necessità della tenuta della finanza pubblica nel rispetto delle nuove regole europee ma nel quadro delle misure imprescindibili a favore della crescita economica e sociale dei lavoratori, delle famiglie e delle imprese». Ma la sostanza è un’altra. E cioè: primo, finita la stagione del Pnrr, l’Italia dovrà fare i conti con una situazione di stagnazione; secondo, la vera novità contenuta in questo Dpfp è che nei prossimi tre anni il nostro Paese spenderà 20 miliardi in armamenti.

Il Mef sottolinea che il tasso di crescita del valore del Pil programmatico si attesta per il 2026 allo 0,7%; nel 2027 allo 0,8%; nel 2028 allo 0,9%. «Tali dati si basano su stime assai prudenziali che allo stato risentono anche del contesto geopolitico internazionale». Ma questa sottolineatura sul carattere «prudenziale» non serve a rassicurare chi teme che finiti gli incentivi europei, l’Italia debba fare i conti con una situazione economica di crescita zero. Lo dicono senza tanti giri di parole anche gli industriali, la stessa Confindustria, che finora è sempre stata attenta a non calcare la mano nei confronti del governo riguardo le criticità che il nostro Paese sta attraversando sul fronte economico. Il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, lo sottolinea presentando il rapporto di autunno degli economisti di via dell'Astronomia che certifica una «crescita anemica» e sollecita «una manovra di bilancio che sapientemente prosegua sulla strada dello stimolo agli investimenti produttivi, investimenti necessari per rilanciare la crescita del Paese». Il Centro Studi di Confindustria sottolinea che la crescita in Italia in assenza del Pnrr sarebbe di -0,3% nel 2025 e di +0,1% nel 2026, -0,2% nel biennio: non ci sarebbe crescita, ma una stagnazione.  «Nel momento in cui il Pnrr finirà, e non manca molto - avverte il direttore del centro studi, Alessandro Fontana - bisognerà programmare delle politiche espansive, mantenere qualcosa di espansivo anche per i prossimi anni. Come sta facendo la Germania che ha messo in campo 650 miliardi, e come sta facendo anche la Francia: sarà importante mantenere un supporto all'economia italiana».

Ancora più dirette, e drastiche, le parole di un esponente dell’opposizione parlamentare come Antonio Misiani, responsabile Economia e finanze del Pd. Il Documento programmatico di finanza pubblica presentato da Giorgetti, sottolinea, «delinea una manovra grigia, di puro galleggiamento, lontanissima dalla narrazione trionfale della propaganda governativa. L'Italia descritta nel Dpfp è un Paese rassegnato alla stagnazione, che senza il Pnrr sarebbe già in recessione, e privo di una qualsiasi idea su come invertire la tendenza al declino». Tra l’altro, aggiunge il parlamentare, è vero che il governo ha annunciato una serie di misure su fisco, welfare e investimenti, ma sono rimaste sul livello del generico e «si prospettano di scarsissimo impatto, con molte incognite sulle coperture». L'unica vera novità, sottolinea appunto Misiani, è l'aumento enorme e senza precedenti delle spese militari: «Oltre 20 miliardi in più nel triennio, primo effetto concreto dell'accordo sul riarmo avallato dal governo Meloni in sede Nato, in ossequio ai desiderata del presidente Trump. Spese che, pur escluse dai parametri del Patto di stabilità, peseranno comunque su deficit e debito pubblico». Come anche hanno sottolineato i confindustriali, il problema sarà fare i conti con l’assenza di un piano di rilancio per lo sviluppo economico del paese una volta che saranno chiusi i rubinetti dei fondi europei. «Nel 2026 il Pnrr finirà e da questo governo non emerge alcuna idea su come finanziare gli investimenti pubblici o stimolare quelli privati. Nessuna risposta sui costi dell'energia, che stanno mettendo in ginocchio l'industria. L'Italia della destra sopravvive soltanto grazie ai fondi europei, ma non costruisce nulla di proprio: nessuna politica industriale, nessuna strategia per rilanciare la crescita e ridurre le disuguaglianze, nessun investimento serio sulla qualità del lavoro e sull'innovazione». Anche sull'emergenza demografica, sottolinea l’esponente Pd, i nodi da sciogliere sono molteplici ma il governo «si ostina a ripetere ricette fallite»: «Il crollo delle nascite negli ultimi tre anni dovrebbe spingere l'esecutivo a riconoscere l'insuccesso e a cambiare radicalmente approccio». La conclusione, scontata: «Senza politiche economiche e sociali coraggiose, l'Italia rischia di scivolare in un declino irreversibile».

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Redazione Eventi e News Redazione Eventi e News in Italia