Migranti, Brunner: “Da lista Paesi terzi sicuri nessuna garanzia assoluta di sicurezza per tutti”

Bruxelles – I Paesi terzi ‘sicuri’ lo sono in linea di principio, ma non sempre in tutto e per tutti. C’è sempre una possibilità che per qualcuno, rientrare nel Paese da cui si è fuoriusciti, possa produrre rischi. Spetta per questo ai governi e alle autorità nazionali che gestiscono le richieste di protezione internazionale fare le verifiche del caso. Il commissario UE per gli Affari interni e la migrazione, Magnus Brunner, prova a fare chiarezza su un tema molto sensibile e già oggetto di richiami da parte della Corte di giustizia dell’UE, che sul tema ha stabilito proprio la responsabilità degli Stati membri nel designare la natura sicura di Stati extra-UE.
“Il fatto che un Paese terzo sia incluso nell’elenco proposto di paesi di origine sicuri non costituisce una garanzia assoluta di sicurezza per tutti i cittadini di quel paese”, sottolinea Brunner, rispondendo a un’interrogazione presentata per chiedere lumi sul perché della Colombia nell’elenco dei Paesi terzi sicuri. Secondo il firmatario dell’interrogazione, Pernando Barrena Arza (laSinistra), non ci sono le condizioni per ritenere come ‘sicuro’ il Paese sudamericano. “In generale la proposta della Commissione include Paesi in cui non vi è alcun rischio di persecuzione o danno grave“, continua il commissario, per poi ammettere che nello specifico, che sì, l’esecutivo comunitario “riconosce nella proposta che alcuni gruppi di persone affrontano sfide specifiche nei paesi terzi interessati”.
Colombia dunque Paese non proprio sicuro per tutti, e al cento per cento. Esiste un qualche rischio di trattamento tale da giustificare il mancato rimpatrio, una valutazione che spetta però agli Stati membri dell’Unione europea. Brunner lo mette nero su bianco quando sottolinea che “la situazione dei difensori dei diritti umani in Colombia è menzionata specificamente” nella relazione di Bruxelles. Per questo motivo “gli Stati membri devono prestare particolare attenzione ai richiedenti che si trovano in una situazione specifica in quei paesi nella valutazione delle loro domande”.
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