Rifiuti tessili, due italiani su tre hanno dismesso abiti nell’ultimo anno

Settembre 18, 2025 - 06:30
 0
Rifiuti tessili, due italiani su tre hanno dismesso abiti nell’ultimo anno
https://www.pambianconews.com/wp-content/uploads/2025/09/francesco-ungaro-HquxAbooOA8-unsplash.jpg

In Italia la dismissione di prodotti moda è “diffusa e consistente”: nell’ultimo anno, due persone su tre si sono liberate di vestiti (66%), circa sei su dieci di scarpe (57%) e uno su due di stracci o tessuti danneggiati (51 per cento). A tratteggiare questo scenario è Ipsos, società specializzata in ricerche di mercato, per Erion Textiles, uno dei consorzi che compongono la rete italiana di enti preposti allo smaltimento dei rifiuti tessili in ottica Epr (di ‘responsabilità estesa del produttore’).

Secondo lo studio i vestiti rappresentano, dunque, la categoria maggiormente smaltita: fra coloro che se ne sono disfatti negli ultimi 12 mesi, il 38% ne ha gettati via in media 7,6 capi a persona.

Dal punto di vista territoriale, emergono differenze significative: i cittadini del Nord Italia sono quelli che si liberano di più di vestiti e scarpe rispetto al resto dello stivale (69% e 60% rispettivamente), con una media di 8,4 capi contro i 6,4 del Sud.

La ragione principale per cui ci si disfa dei capi di abbigliamento è, prevedibilmente, l’usura: il 53% dei fruitori si libera dei capi perché consumati o danneggiati. La seconda motivazione più comune è riconducibile al “non li uso più” (39%), che sale al 42% nel Nord Italia, evidenziando un approccio più pragmatico legato al decluttering.

Particolarmente significativa la percentuale dei giovani (18-26 anni) che, per motivazioni legate alle tendenze, dichiara di disfarsi di un capo perché “fuori moda” (10% dei giovani vs 3% media Italia) oppure a causa di un “acquisto online non soddisfacente” (un altro 10% vs 3% media Italia).

Sono i giovani a rappresentare il segmento più contraddittorio: da un lato mostrano una maggiore attenzione alla correttezza del conferimento (le loro percentuali di errore sono quasi sempre inferiori alla media), dall’altro sono più influenzati dalle dinamiche delle tendenze della moda. Sono, paradossalmente, più bravi a gestire il sintomo (il rifiuto) ma maggiormente responsabili della causa (consumo effimero).

Inoltre, il Sud Italia tende a disfarsi di quantità inferiori di articoli e la motivazione è più legata all’usura effettiva del bene (54% butta perché “danneggiato”) piuttosto che al semplice inutilizzo, evidenziando un approccio più tradizionale e meno influenzato dal consumismo.

Un altro dato significativo emerso dall’analisi riguarda anche la gestione di stracci e capi danneggiati: una quota non trascurabile di questi viene ancora gettata nei contenitori per la raccolta indifferenziata.

La causa principale va ricercata nella comunicazione storicamente adottata per la raccolta degli abiti usati, che ha sempre richiesto – talvolta in modo molto esplicito – di conferire solo capi in buone condizioni. Questo approccio era necessario perché, in assenza della Responsabilità Estesa del Produttore (EPR), l’intera filiera di gestione dei rifiuti tessili si è basata prevalentemente sul riutilizzo, sostenendosi grazie alla vendita degli indumenti recuperabili.

Di conseguenza, si è consolidata tra i cittadini la convinzione che solo i capi in buono stato vadano conferiti nei contenitori dedicati, mentre quelli danneggiati o gli stracci debbano essere smaltiti nell’indifferenziata.

Se quindi si escludono gli stracci e i prodotti danneggiati (45%), si riscontrano, a livello nazionale, le seguenti percentuali di conferimento scorretto: scarpe (25%), borse e cinture (23%), tessili per la casa (18%) e vestiti (11%).

In previsione dell’introduzione dell’Epr per il settore tessile (approvato a livello comunitario e in attesa di concretizzazione in Italia), che si occuperà di far crescere le soluzioni per il riciclo dei capi non riutilizzabili, emerge un’ulteriore sfida futura per la comunicazione ai consumatori: modificare le attuali abitudini di conferimento degli oggetti danneggiati. “Il tessile danneggiato – osserva Luca Campadello, strategic development & innovation manager di Erion – viene percepito come rifiuto irrecuperabile invece che come risorsa da riciclare. Con i futuri sviluppi delle tecnologie per il riciclo servirà impostare strategie di comunicazione mirate che possano modificare la consapevolezza dei consumatori e i loro comportamenti”.

E ancora: “La sfida che Erion Textiles ha di fronte si compone di due aspetti fondamentali:Da un lato la ricerca e l’implementazione di soluzioni di riciclo per gli abiti non riutilizzabili. Dall’altro, una comunicazione che parli linguaggi diversi a territori e generazioni differenti, ma con l’obiettivo comune di far comprendere che ogni tessuto, anche quello danneggiato, rappresenta una risorsa per il futuro”.

Qual è la tua reazione?

Mi piace Mi piace 0
Antipatico Antipatico 0
Lo amo Lo amo 0
Comico Comico 0
Furioso Furioso 0
Triste Triste 0
Wow Wow 0
Redazione Redazione Eventi e News